Fino al 28 gennaio a Palazzo Pitti
A Firenze Leopoldo, Principe dei Collezionisti
Courtesy Gallerie degli Uffizi. Benešov (Boemia centrale), Castello di Konopiště |
Giusto Suttermans (Anversa 1597 – Firenze 1681) Leopoldo de’ Medici bambino a cavallo 1624-1625 circa
Francesca Grego
08/11/2017
Firenze - A 400 anni dalla nascita di Leopoldo de’ Medici, gli Uffizi ne riscoprono la straordinaria figura con una mostra dedicata.
Cardinale ed erudito dai molteplici interessi, il Granduca ebbe un ruolo speciale nell’allargamento delle collezioni del casato e dunque nei destini del futuro museo.
Grazie alla sua ampia prospettiva culturale e alla scelta di consiglieri d’eccezione – da Ottavio Falconeri, a Pietro da Cortona e Gian Lorenzo Bernini - le già ricche raccolte dei Medici arrivarono a comprendere un corpus in grado di destare la meraviglia di qualunque collezionista europeo contemporaneo.
Come ha scritto il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, il Granduca fu “uno dei più voraci collezionisti non solo della storia di Firenze e dei Medici, ma d’Europa. Il Cardinale era dominato da una passione totale per l'arte. Lo guidava negli acquisti la sua genialità visionaria, che lo portò ad esplorare - e ad accaparrarsi - interi nuovi continenti nella materia collezionistica, e a disporne con finissimo intuito museologico. Si deve a lui, ad esempio, il primo nucleo della raccolta degli autoritratti, ancor oggi unica al mondo per genere e ampiezza”.
L’allestimento di Leopoldo de’ Medici Principe dei Collezionisti, presso del Tesoro dei Granduchi di Palazzo Pitti fino al prossimo 28 gennaio, si propone di evocare lo sfarzo degli appartamenti del Cardinale, sulle cui pareti rivestite di taffetà rosso trovavano posto i quadri di Tiziano, Botticelli, Parmigianino, Veronese, Correggio, incastonate in cornici intagliate che erano esse stesse dei capolavori.
A dimostrare la vastità degli interessi del Cardinale, sculture che vanno dall’Egitto tolemaico a Bernini, cammei, monete antiche, pregiati avori lavorati giunti dal Nord Europa, esemplari di oreficeria, incisioni, libri d’epoca e strumenti scientifici, fino alle meraviglie di rarità naturali e oggetti preziosi provenienti dall’Oriente e dalle Americhe, che un tempo traboccavano dagli armadi d’ebano delle sue stanze.
Tra le intuizioni più lungimiranti del collezionista, la creazione del primo nucleo del Gabinetto delle Stampe e dei Disegni degli Uffizi, con un’imponente raccolta di opere grafiche messa insieme con l’aiuto dell’esperto Filippo Baldinucci, mentre la collezione delle miniature e dei cosiddetti “ritrattini” diede il via a una moda destinata ad avere fortuna nella Firenze seicentesca.
Uno dei campi d’azione privilegiati di Leopoldo fu l’archeologia, che trovò stimoli sensazionali negli scavi promossi nella Roma del Seicento dai ricchi proprietari delle ville suburbane.
Nel percorso della mostra, splendidi esemplari di sculture antiche, come il bronzo raffigurante Giove in maestà e il ritratto marmoreo di Antinoo. Ma anche un simbolo di pagana fertilità come il Fallo con zampe leonine del I secolo, testimonianza di una libertà di pensiero che trova riscontro nell’atteggiamento sperimentalista con cui il Cardinale a fondò l’Accademia del Cimento e collezionò gli strumenti appartenuti a Galileo, subito dopo la morte dello scienziato.
E per immergersi nei fasti pittorici di Leopoldo de’ Medici, ecco i dipinti di Agnolo Bronzino, Paolo Veronese, Pontormo, Annibale Carracci, Andrea del Verrocchio, Lorenzo Lotto, fino alle effigi del padrone di casa e all’Autoritratto in studio di Michelangelo Cerquozzi, acquisito in settembre dagli Uffizi proprio in omaggio al Granduca, che ai suoi tempi non riuscì a portare a termine la trattativa per l’acquisto.
Un’opera “dall’iconografia rivoluzionaria”, ha commentato Schmidt, che anticipa di secoli le forme dell’autoritratto otto-novecentesco.
“Si tratta di una pittura che apre un grande spazio sulla visione del quotidiano – ha spiegato la curatrice della Pittura del Seicento agli Uffizi Maria Matilde Simari – estremamente innovativa per la modalità di autorappresentazione dell’artista. Il pittore si raffigura nel suo ambiente di lavoro, tra i suoi modelli, tra le opere realizzate e da realizzare. Una sintesi della nuova visione seicentesca del mondo per cui la rappresentazione artistica fu – come scrisse Filippo Baldinucci – una finestra aperta sulla realtà”.
Leggi anche:
• Il Cinquecento di Firenze in mostra a Palazzo Strozzi
• Bernini, regista e genio ‘a tutto tondo’ alla Galleria Borghese
• A Bergamo l’intenso tramonto di Lorenzo Lotto
Cardinale ed erudito dai molteplici interessi, il Granduca ebbe un ruolo speciale nell’allargamento delle collezioni del casato e dunque nei destini del futuro museo.
Grazie alla sua ampia prospettiva culturale e alla scelta di consiglieri d’eccezione – da Ottavio Falconeri, a Pietro da Cortona e Gian Lorenzo Bernini - le già ricche raccolte dei Medici arrivarono a comprendere un corpus in grado di destare la meraviglia di qualunque collezionista europeo contemporaneo.
Come ha scritto il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, il Granduca fu “uno dei più voraci collezionisti non solo della storia di Firenze e dei Medici, ma d’Europa. Il Cardinale era dominato da una passione totale per l'arte. Lo guidava negli acquisti la sua genialità visionaria, che lo portò ad esplorare - e ad accaparrarsi - interi nuovi continenti nella materia collezionistica, e a disporne con finissimo intuito museologico. Si deve a lui, ad esempio, il primo nucleo della raccolta degli autoritratti, ancor oggi unica al mondo per genere e ampiezza”.
L’allestimento di Leopoldo de’ Medici Principe dei Collezionisti, presso del Tesoro dei Granduchi di Palazzo Pitti fino al prossimo 28 gennaio, si propone di evocare lo sfarzo degli appartamenti del Cardinale, sulle cui pareti rivestite di taffetà rosso trovavano posto i quadri di Tiziano, Botticelli, Parmigianino, Veronese, Correggio, incastonate in cornici intagliate che erano esse stesse dei capolavori.
A dimostrare la vastità degli interessi del Cardinale, sculture che vanno dall’Egitto tolemaico a Bernini, cammei, monete antiche, pregiati avori lavorati giunti dal Nord Europa, esemplari di oreficeria, incisioni, libri d’epoca e strumenti scientifici, fino alle meraviglie di rarità naturali e oggetti preziosi provenienti dall’Oriente e dalle Americhe, che un tempo traboccavano dagli armadi d’ebano delle sue stanze.
Tra le intuizioni più lungimiranti del collezionista, la creazione del primo nucleo del Gabinetto delle Stampe e dei Disegni degli Uffizi, con un’imponente raccolta di opere grafiche messa insieme con l’aiuto dell’esperto Filippo Baldinucci, mentre la collezione delle miniature e dei cosiddetti “ritrattini” diede il via a una moda destinata ad avere fortuna nella Firenze seicentesca.
Uno dei campi d’azione privilegiati di Leopoldo fu l’archeologia, che trovò stimoli sensazionali negli scavi promossi nella Roma del Seicento dai ricchi proprietari delle ville suburbane.
Nel percorso della mostra, splendidi esemplari di sculture antiche, come il bronzo raffigurante Giove in maestà e il ritratto marmoreo di Antinoo. Ma anche un simbolo di pagana fertilità come il Fallo con zampe leonine del I secolo, testimonianza di una libertà di pensiero che trova riscontro nell’atteggiamento sperimentalista con cui il Cardinale a fondò l’Accademia del Cimento e collezionò gli strumenti appartenuti a Galileo, subito dopo la morte dello scienziato.
E per immergersi nei fasti pittorici di Leopoldo de’ Medici, ecco i dipinti di Agnolo Bronzino, Paolo Veronese, Pontormo, Annibale Carracci, Andrea del Verrocchio, Lorenzo Lotto, fino alle effigi del padrone di casa e all’Autoritratto in studio di Michelangelo Cerquozzi, acquisito in settembre dagli Uffizi proprio in omaggio al Granduca, che ai suoi tempi non riuscì a portare a termine la trattativa per l’acquisto.
Un’opera “dall’iconografia rivoluzionaria”, ha commentato Schmidt, che anticipa di secoli le forme dell’autoritratto otto-novecentesco.
“Si tratta di una pittura che apre un grande spazio sulla visione del quotidiano – ha spiegato la curatrice della Pittura del Seicento agli Uffizi Maria Matilde Simari – estremamente innovativa per la modalità di autorappresentazione dell’artista. Il pittore si raffigura nel suo ambiente di lavoro, tra i suoi modelli, tra le opere realizzate e da realizzare. Una sintesi della nuova visione seicentesca del mondo per cui la rappresentazione artistica fu – come scrisse Filippo Baldinucci – una finestra aperta sulla realtà”.
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