Roberto Goldoni. Zahir e la rosa
Dal 05 Febbraio 2015 al 04 Aprile 2015
Milano
Luogo: 3001LAB
Indirizzo: via Sacchini 18
Orari: da martedì a giovedì 17.30-19.30; da venerdì a lunedì su appuntamento
Telefono per informazioni: +39 02 29527453
Sito ufficiale: http://www.rossosegnale.it
“Bête comme un peintre”, stupido come un pittore. Perché questo titolo per la mostra?
“E’ una celebre frase di Duchamp. E’ una critica al luogo comune del pittore visto come colui che realizza un quadro solo materialmente, senza l’utilizzo dell’intelletto”.
Perché non è così?
“Dal mio punto di vista, l’opera nasce nella mente del pittore. Viene meditata, sviluppata e in seguito realizzata. E’ per questo motivo che la mostra di Castelsangiovanni nasce da anni di lavoro e studio, legati alla percezione delle immagini”.
Quali sono stati i suoi riferimenti più importanti?
“Sicuramente Wilhelm Sasnal, Gerard Richter e Luc Tuymans”.
Un percorso che parte da lontano, dai suoi studi all’Accademia di Brera, conclusa con una tesi su Burri, uno dei padri dell’arte informale.
“Sì, ho compiuto degli studi molto approfonditi su Burri, che si sono conclusi con la conoscenza del maestro. Purtroppo erano gli ultimi anni della sua vita, era già ammalato di un enfisema polmonare. Considero questo incontro uno dei più importanti della mia vita, dal punto di vista umano e dal punto di vista professionale. Da lui ho imparato a non avere paura e sperimentare nuove strade pur rimanendo sempre dentro i confini della pittura”.
Nel testo del catalogo della mostra Libé sostiene che in questi ultimi anni lei ha affrontato un notevole cambiamento. Ci si ritrova?
“Sì, da un’indagine pur analitica degli oggetti del mondo della moda come le scarpe o gli occhiali sono giunto a una ricerca diversa”.
Quale?
“L’acqua dei fiumi, dei ruscelli, dei laghi, non in senso ecologista, ma come presenza costante nella vita della terra. L’acqua come forza germinale. Dentro l’acqua troviamo sedimenti, vita, tutto ciò che l’occhio non può osservare ma che la mente conosce”.
Oltre a dipingere lei è anche insegnante. Come riesce a conciliare le due attività?
“Insegnare oggi vuol dire lavorare in prima linea, conoscere la vita in tutti gli aspetti della sua contemporaneità. Tutto ciò mi è di grande stimolo per la mia attività pittorica. Cerco sempre di trasmettere ai miei allievi la forza positiva della creazione artistica. Il linguaggio universale dell’arte, credo possa avvicinare ragazzi con culture diverse, con disagio, o con disturbi d’apprendimento”.
Tra tanto lavoro ha un po’ di tempo libero?
Leggendo un libro di Jorge Luis Borges intitolato ' L'Aleph ', sono rimasto colpito da un racconto che ruotava intorno all'ossessione per un motivo talmente forte da condizionare l'intera esistenza del protagonista.
Tale motivo era costituito da una semplice moneta chiamataZahir, da cui il titolo del racconto, capace di portare tanto alla pazzia quanto alla santità.
Sempre nel racconto si dice " (...) chi ha visto lo Zahir presto vedrà la rosa (...), lo Zahir è l'ombra della Rosa e lo squarcio del Velo".
La personale di Roberto Goldoni (1971) prende il titolo da un racconto di Borges contenuto nell’Aleph. La riflessione sul potere di un pensiero che diventa ossessione. “Secondo la dottrina idealista, i verbi ‘vivere’ e ‘sognare’ sono rigorosamente sinonimi; se di migliaia di apparenze, ne rimarrà una, da un sogno molto complesso, si arriverà a uno molto semplice…..Quando tutti gli uomini della terra penseranno, giorno e notte, allo Zahir, quale sarà il sogno e quale la realtà, la terra o lo Zahir?”
Le opere di Goldoni sembrano accumulare in piani differenti, sovrapposti, affiancati, gli esiti della nostra percezione di ciò che ci circonda (a maggior ragione nei casi in cui Goldoni dipinge dal vero, con un gesto classico, in cui riflessi, situazioni contingenti della luce, delle ombre, delle forme vanno ad aggiungersi all’opera in costruzione). La sovrapposizione di percezioni, diventa concreta, trasformata direttamente in colore, in righe, in forme … in realtà?
Quando abbiamo osservato per la prima volta l’opera "24 Righe Rosso" (2014) abbiamo avuto la sensazione di osservare un paesaggio quotidiano, ma con qualcosa di non immediatamente definibile, come fosse imperfetto. La sensazione di un luogo ove si è certi di esser stati, ma senza ricordare se in realtà o in sogno. Una realtà che contiene una imperfezione, tale da farci dubitare sulla sua “effettiva” esistenza: è lo spaesamento, in termini cinematografici, dei luoghi fisicamente impossibili (ad oggi) ma forse possibili, del Nolan di Inception e Interstellar o dei piani e stratificazioni di Memento. Il suggerimento è allargare le palpebre, farsi accecare, con un unico sguardo, dall’opera di Goldoni, ingoiarne l’immagine tutta insieme e scendere, tra le vertigini, attratti da una dimensione differente: "...chi ha visto lo Zahir presto vedrà la rosa (...), lo Zahir è l'ombra della rosa."
Roberto Goldoni è nato a Mantova nel 1971.
Ha frequentato il Liceo Scientifico “A. Volta” di Castel San Giovanni (PC).
Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano concludendo gli studi nel 1995 con una tesi su Alberto Burri con relatori Giacomo Agosti e Piero Quaglino.
Ha lavorato dal 1999 al 2002 con la Galleria Ferrari arte moderna e contemporanea di Rivergaro (PC).
Vive e lavora a Castel san Giovanni (PC).
“E’ una celebre frase di Duchamp. E’ una critica al luogo comune del pittore visto come colui che realizza un quadro solo materialmente, senza l’utilizzo dell’intelletto”.
Perché non è così?
“Dal mio punto di vista, l’opera nasce nella mente del pittore. Viene meditata, sviluppata e in seguito realizzata. E’ per questo motivo che la mostra di Castelsangiovanni nasce da anni di lavoro e studio, legati alla percezione delle immagini”.
Quali sono stati i suoi riferimenti più importanti?
“Sicuramente Wilhelm Sasnal, Gerard Richter e Luc Tuymans”.
Un percorso che parte da lontano, dai suoi studi all’Accademia di Brera, conclusa con una tesi su Burri, uno dei padri dell’arte informale.
“Sì, ho compiuto degli studi molto approfonditi su Burri, che si sono conclusi con la conoscenza del maestro. Purtroppo erano gli ultimi anni della sua vita, era già ammalato di un enfisema polmonare. Considero questo incontro uno dei più importanti della mia vita, dal punto di vista umano e dal punto di vista professionale. Da lui ho imparato a non avere paura e sperimentare nuove strade pur rimanendo sempre dentro i confini della pittura”.
Nel testo del catalogo della mostra Libé sostiene che in questi ultimi anni lei ha affrontato un notevole cambiamento. Ci si ritrova?
“Sì, da un’indagine pur analitica degli oggetti del mondo della moda come le scarpe o gli occhiali sono giunto a una ricerca diversa”.
Quale?
“L’acqua dei fiumi, dei ruscelli, dei laghi, non in senso ecologista, ma come presenza costante nella vita della terra. L’acqua come forza germinale. Dentro l’acqua troviamo sedimenti, vita, tutto ciò che l’occhio non può osservare ma che la mente conosce”.
Oltre a dipingere lei è anche insegnante. Come riesce a conciliare le due attività?
“Insegnare oggi vuol dire lavorare in prima linea, conoscere la vita in tutti gli aspetti della sua contemporaneità. Tutto ciò mi è di grande stimolo per la mia attività pittorica. Cerco sempre di trasmettere ai miei allievi la forza positiva della creazione artistica. Il linguaggio universale dell’arte, credo possa avvicinare ragazzi con culture diverse, con disagio, o con disturbi d’apprendimento”.
Tra tanto lavoro ha un po’ di tempo libero?
Leggendo un libro di Jorge Luis Borges intitolato ' L'Aleph ', sono rimasto colpito da un racconto che ruotava intorno all'ossessione per un motivo talmente forte da condizionare l'intera esistenza del protagonista.
Tale motivo era costituito da una semplice moneta chiamataZahir, da cui il titolo del racconto, capace di portare tanto alla pazzia quanto alla santità.
Sempre nel racconto si dice " (...) chi ha visto lo Zahir presto vedrà la rosa (...), lo Zahir è l'ombra della Rosa e lo squarcio del Velo".
La personale di Roberto Goldoni (1971) prende il titolo da un racconto di Borges contenuto nell’Aleph. La riflessione sul potere di un pensiero che diventa ossessione. “Secondo la dottrina idealista, i verbi ‘vivere’ e ‘sognare’ sono rigorosamente sinonimi; se di migliaia di apparenze, ne rimarrà una, da un sogno molto complesso, si arriverà a uno molto semplice…..Quando tutti gli uomini della terra penseranno, giorno e notte, allo Zahir, quale sarà il sogno e quale la realtà, la terra o lo Zahir?”
Le opere di Goldoni sembrano accumulare in piani differenti, sovrapposti, affiancati, gli esiti della nostra percezione di ciò che ci circonda (a maggior ragione nei casi in cui Goldoni dipinge dal vero, con un gesto classico, in cui riflessi, situazioni contingenti della luce, delle ombre, delle forme vanno ad aggiungersi all’opera in costruzione). La sovrapposizione di percezioni, diventa concreta, trasformata direttamente in colore, in righe, in forme … in realtà?
Quando abbiamo osservato per la prima volta l’opera "24 Righe Rosso" (2014) abbiamo avuto la sensazione di osservare un paesaggio quotidiano, ma con qualcosa di non immediatamente definibile, come fosse imperfetto. La sensazione di un luogo ove si è certi di esser stati, ma senza ricordare se in realtà o in sogno. Una realtà che contiene una imperfezione, tale da farci dubitare sulla sua “effettiva” esistenza: è lo spaesamento, in termini cinematografici, dei luoghi fisicamente impossibili (ad oggi) ma forse possibili, del Nolan di Inception e Interstellar o dei piani e stratificazioni di Memento. Il suggerimento è allargare le palpebre, farsi accecare, con un unico sguardo, dall’opera di Goldoni, ingoiarne l’immagine tutta insieme e scendere, tra le vertigini, attratti da una dimensione differente: "...chi ha visto lo Zahir presto vedrà la rosa (...), lo Zahir è l'ombra della rosa."
Roberto Goldoni è nato a Mantova nel 1971.
Ha frequentato il Liceo Scientifico “A. Volta” di Castel San Giovanni (PC).
Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano concludendo gli studi nel 1995 con una tesi su Alberto Burri con relatori Giacomo Agosti e Piero Quaglino.
Ha lavorato dal 1999 al 2002 con la Galleria Ferrari arte moderna e contemporanea di Rivergaro (PC).
Vive e lavora a Castel san Giovanni (PC).
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