Le fotografie di Henri Cartier-Bresson in mostra dal 16 giugno al 15 ottobre
A San Gimignano gli scatti di Henri Cartier-Bresson
Henri Cartier-Bresson, Prostitute. Calle Cuauhtemoctzin, Città del Messico, Messico 1934 © Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
Samantha De Martin
14/06/2017
Siena - “Fotagrafare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge. In quell'istante, la cattura dell'immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale”.
Era così che Henri Cartier-Bresson descriveva la sua arte. Quell'arte che mirava a cogliere la contemporaneità delle cose e della vita, i volti, le situazioni, mettendo sulla stessa linea di mira “la mente, lo sguardo, il cuore”.
Dal 16 giugno al 15 ottobre 140 scatti di questo pioniere del foto-giornalismo, uno dei più grandi maestri della fotografia, saranno al centro di una mostra alla Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele De Grada” di San Gimignano. L'artista francese, che non a caso si è meritato l'appellativo di “occhio del secolo”, aveva appena 24 anni e aveva da poco comprato la sua prima Leica, quando scattò l'immagine che i curatori della mostra allestita a San Gimignano hanno scelto per “guidare” la rassegna monografica.
“Sono un tipo nervoso, e amo la pittura. Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” diceva Cartier-Bresson. E questo solo perché non sviluppava personalmente i propri scatti, lasciando questo compito agli specialisti, non apportando alcun miglioramento al negativo, non rivedendo le inquadrature, perché “lo scatto deve essere giudicato secondo quanto fatto nell'hic et nunc”.
Diceva di usare la macchina fotografica come un block notes, Cartier-Bresson, come uno “strumento a supporto dell'intuito e della spontaneità". E infatti la composizione dell'artista di Chanteloup-en-Brie - tra i fondatori, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert della famosa agenzia Magnum Photos - deriva da una percezione subitanea e colta al volo, priva di qualsiasi analisi.
La mostra allestita a San Gimignano è una selezione curata in origine dall’amico ed editore Robert Delpire, realizzata in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson, creata nel 2003 assieme alla moglie e alla figlia Mélanie.
Una rassegna che, come sottolineato dagli organizzatori, mira a svelare il modus operandi di Henri Cartier-Bresson, la sua ricerca del contatto con gli altri, nei luoghi e nelle situazioni più diverse, portando lo spettatore tra le prostitute di Città del Messico, tra le donne di Alicante, a Salerno, a Marsiglia.
«Per parlare di Henri Cartier-Bresson - afferma Denis Curti, curatore per San Gimignano - è bene tenere presente la sua biografia. La sua esperienza in campo fotografico si fonde totalmente con la vita privata. Due episodi la dicono lunga sul personaggio». Uno di questi, il più curioso, risale al 1946, quando il fotografo venne a sapere che il MOMA di New York, credendolo morto in guerra - era entrato infatti nella resistenza francese - avrebbe voluto dedicargli una mostra "postuma". E così aveva contattato i curatori, iniziando a preparare l'esposizione che vide la luce dopo un anno, nel 1947.
Leggi anche:
• Henri Cartier Bresson a Roma
• 70 anni di Magnum. Tutte le mostre
Era così che Henri Cartier-Bresson descriveva la sua arte. Quell'arte che mirava a cogliere la contemporaneità delle cose e della vita, i volti, le situazioni, mettendo sulla stessa linea di mira “la mente, lo sguardo, il cuore”.
Dal 16 giugno al 15 ottobre 140 scatti di questo pioniere del foto-giornalismo, uno dei più grandi maestri della fotografia, saranno al centro di una mostra alla Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele De Grada” di San Gimignano. L'artista francese, che non a caso si è meritato l'appellativo di “occhio del secolo”, aveva appena 24 anni e aveva da poco comprato la sua prima Leica, quando scattò l'immagine che i curatori della mostra allestita a San Gimignano hanno scelto per “guidare” la rassegna monografica.
“Sono un tipo nervoso, e amo la pittura. Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” diceva Cartier-Bresson. E questo solo perché non sviluppava personalmente i propri scatti, lasciando questo compito agli specialisti, non apportando alcun miglioramento al negativo, non rivedendo le inquadrature, perché “lo scatto deve essere giudicato secondo quanto fatto nell'hic et nunc”.
Diceva di usare la macchina fotografica come un block notes, Cartier-Bresson, come uno “strumento a supporto dell'intuito e della spontaneità". E infatti la composizione dell'artista di Chanteloup-en-Brie - tra i fondatori, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert della famosa agenzia Magnum Photos - deriva da una percezione subitanea e colta al volo, priva di qualsiasi analisi.
La mostra allestita a San Gimignano è una selezione curata in origine dall’amico ed editore Robert Delpire, realizzata in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson, creata nel 2003 assieme alla moglie e alla figlia Mélanie.
Una rassegna che, come sottolineato dagli organizzatori, mira a svelare il modus operandi di Henri Cartier-Bresson, la sua ricerca del contatto con gli altri, nei luoghi e nelle situazioni più diverse, portando lo spettatore tra le prostitute di Città del Messico, tra le donne di Alicante, a Salerno, a Marsiglia.
«Per parlare di Henri Cartier-Bresson - afferma Denis Curti, curatore per San Gimignano - è bene tenere presente la sua biografia. La sua esperienza in campo fotografico si fonde totalmente con la vita privata. Due episodi la dicono lunga sul personaggio». Uno di questi, il più curioso, risale al 1946, quando il fotografo venne a sapere che il MOMA di New York, credendolo morto in guerra - era entrato infatti nella resistenza francese - avrebbe voluto dedicargli una mostra "postuma". E così aveva contattato i curatori, iniziando a preparare l'esposizione che vide la luce dopo un anno, nel 1947.
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