A Salerno riapre il museo archeologico e riaffiora le memoria della pesca miracolosa

Musei in Campania |
testa in bronzo del dio Apollo, Pasiteles (?), I sec. a.C., Museo Archeologico Provinciale di Salerno
12/02/2013
Salerno - Il Museo Archeologico Provinciale di Salerno ha quasi novant'anni: fu aperto al pubblico nel 1927 e a partire dal 1964 è ospitato nell'antico complesso monastico di San Benedetto. Al suo interno raccoglie reperti e opere d'arte che vanno dalla protostoria ai primi secoli del Cristianesimo e che documentano l’evoluzione storica e le trasformazioni culturali di una città e di un territorio antichissimi, dal momento che il primo insediamento certo in questa zona risale al VI secolo a.C., mentre la fondazione della colonia romana di Salernum risale al 197 a.C.
Il prossimo lunedì 18 febbraio il museo, rimasto chiuso a causa di problemi strutturali per ben tre anni, riapre dopo un complesso intervento di consolidamento infrastrutturale e con un rinnovato allestimento. Tra le novità, l’utilizzo delle nuove tecnologie, come le proiezioni in 3D, e l'espozione di materiali finora custoditi nei depositi.
La riorganizzazione degli spazi ha previsto anche la ricollocazione in una luce più appropriata dei reperti più importanti, come il pezzo forte e simbolo del museo: una testa in bronzo del dio Apollo alta circa mezzo metro, prezioso originale tardo-ellenistico, risalente alla prima metà del I secolo a. C. La scultura fu rinvenuta in mare per pura fatalità nel 1930, pochi anni dopo la fondazione del museo, perché andò ad impigliarsi nelle reti di un pescatore. L'archeologo napoletano Domenico Mustilli ne attribuì la realizzazione all'artista magnogreco Pasiteles, definito in antichi scritti "summus e artifex diligentissimus". Giuseppe Ungaretti, in un testo nato dai suoi appunti di viaggio nel Cilento, "La pesca miracolosa", datato 5 maggio 1932, racconta del ritrovamento di quest'opera, avvenuto solo due anni prima, e della sua visita al museo in cui era custodita.
Nicoletta Speltra
Il prossimo lunedì 18 febbraio il museo, rimasto chiuso a causa di problemi strutturali per ben tre anni, riapre dopo un complesso intervento di consolidamento infrastrutturale e con un rinnovato allestimento. Tra le novità, l’utilizzo delle nuove tecnologie, come le proiezioni in 3D, e l'espozione di materiali finora custoditi nei depositi.
La riorganizzazione degli spazi ha previsto anche la ricollocazione in una luce più appropriata dei reperti più importanti, come il pezzo forte e simbolo del museo: una testa in bronzo del dio Apollo alta circa mezzo metro, prezioso originale tardo-ellenistico, risalente alla prima metà del I secolo a. C. La scultura fu rinvenuta in mare per pura fatalità nel 1930, pochi anni dopo la fondazione del museo, perché andò ad impigliarsi nelle reti di un pescatore. L'archeologo napoletano Domenico Mustilli ne attribuì la realizzazione all'artista magnogreco Pasiteles, definito in antichi scritti "summus e artifex diligentissimus". Giuseppe Ungaretti, in un testo nato dai suoi appunti di viaggio nel Cilento, "La pesca miracolosa", datato 5 maggio 1932, racconta del ritrovamento di quest'opera, avvenuto solo due anni prima, e della sua visita al museo in cui era custodita.
Nicoletta Speltra
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