Una mostra itinerante con gran finale al MANN di Napoli
Nuraghi e Giganti: la Sardegna va in scena all'Ermitage
Sardegna Isola Megalitica: Nuraghe Arrubiu – Orroli (SU)
Francesca Grego
27/10/2021
Mondo - “Il sito di Stonehenge famoso in tutto il mondo è un neonato rispetto alle cose che vediamo oggi, che rappresentano il paradigma delle civiltà antiche”. Stiamo parlando dei tesori archeologici della Sardegna e il commento è di Michail Piotrovsky, direttore dell’Ermitage di San Pietroburgo, che ha appena inaugurato una grande mostra dedicata ai misteriosi e spettacolari reperti dell’isola. Dopo il successo registrato a Berlino, dove in barba al lockdown ha catalizzato l’attenzione di 96 mila visitatori, il progetto Sardegna Isola Megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo è approdato in Russia con 200 reperti provenienti dai musei di Cagliari, Nuoro e Sassari. Ci resterà fino al 16 gennaio 2022, prima di fare tappa a Salonicco, in Grecia, per un omaggio incrociato tra illustri culture del mondo antico, e svelarsi finalmente al pubblico italiano dal 10 giugno, nella cornice del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Sardegna Isola Megalitica, allestimento al Museo Statale dell'Ermitage di San Pietroburgo I © foto Aleksey Bronnikov
“Nei materiali che raccontano questa mostra sono scritte parole magiche come nuraghi, betili, domus de janas, tombe dei giganti: vocaboli che sembrano usciti da una favola”, continua Piotrovsky. E c’è “il dialogo tra la pietra e il bronzo, tra gigantesche sculture litiche e piccoli bronzetti, un dialogo che sarà ripreso dalle civiltà successive, compresa quella greca e greco-romana”.
Enigmatici e radicalmente diversi dall’archeologia che siamo abituati a vedere, i reperti sardi sono antichissimi: alcuni di essi risalgono addirittura al Neolitico, eppure ci parlano di arte e di architettura, aprendo uno spiraglio su aspetti ancora oscuri delle prime fasi della storia dell’uomo. Favorita dalla sua posizione geografica, la Sardegna era già allora un formidabile hub di civiltà, un crocevia tra le popolazioni del Mediterraneo, dell’Oriente e dell’Occidente, del Centro e del Nord Europa. Difficile decodificare le testimonianze di un mondo senza stato né scrittura. Così, fin dal Medioevo, miti e leggende si sono sostituiti alla storia nell’interpretazione dei segni del passato: le sepolture preistoriche sono diventate “case delle fate” (domus de janas) e immense necropoli hanno assunto il nome di “tombe dei giganti”. Ma il mistero che fa più sensazione è quello degli enormi Guerrieri di Mont’e Prama, autorappresentazioni di un passato mitico risalente all’apogeo della civiltà nuragica, ma realizzate molto più tardi, in piena Età del Ferro. Il Pugilatore del Museo Archeologico di Cagliari è una di queste affascinanti sculture: mai concesso in prestito fino ad ora, ha raggiunto San Pietroburgo ed è ospite d’onore dell’Ermitage.
Testina di dea madre neolitica, marna, Meana Sardo, Neolitico Medio Cagliari, Museo Archeologico Nazionale | Foto: © Luigi Corda
Insieme a lei, nella mostra che ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, troveremo dee madri scolpite nella pietra ed eccezionali statuette di bronzo raffiguranti donne, uomini, guerrieri e animali, ma anche spade, gioielli, oggetti votivi e di uso quotidiano, modellini di edifici e di navi.
Filo rosso del percorso è il megalitismo, ovvero l’attitudine delle antiche popolazioni della Sardegna a realizzare edifici monumentali a partire da pietre di grandi dimensioni, che tuttora segnano il paesaggio. E’ il caso dei nuraghi, che sull’isola sono circa 7 mila. Costruiti con blocchi di basalto e granito presentano differenti caratteristiche e funzioni, ma sono accomunati tutti dalle caratteristiche torri a tholos e ancora oggetto di dibattiti e interpretazioni. Oppure delle domus de janas scavate nella roccia e poi arricchite da facciate, dei dolmen, della muraglia monumentale del Monte Baranta o dell’incredibile santuario di Monte d’Accoddi, simile alle ziqqurat del Vicino Oriente, o ancora dei templi a pozzo e a megaron, costruiti a partire dalla tarda Età del Bronzo.
Sardegna Isola Megalitica: Menhir di Biru ‘e Concas–Sorgono (NU)
I visitatori dell’Ermitage - e la prossima estate quelli del MANN di Napoli - li scopriranno in un percorso che li inquadra all’interno della storia dell’isola e ne segue l’evoluzione nel tempo, interrogandosi sulla vita degli uomini che li costruirono e li abitarono, dalla religione al culto dei morti, dall’alimentazione all’organizzazione sociale. Alcune delle loro storie sono davvero sorprendenti. Come mai per esempio, quando l’età nuragica era già ampiamente terminata, gli abitanti degli stessi luoghi eseguivano miniature di nuraghi nei materiali più vari? Simboli potenti nell’immaginario collettivo, questi oggetti sono stati ritrovati al centro delle “capanne delle riunioni”: erano usati probabilmente altari rituali, perché espressioni di un passato mitico in cui tutte le popolazioni dell’isola potevano ancora riconoscersi.
Per l’Ermitage Sardegna Isola Megalitica si inserisce “in un progetto ampio e articolato chiamato L’Europa senza confini che parla delle antiche civiltà e che raccorda la storia dell’Europa antica all’Europa che oggi conosciamo”, spiega ancora il direttore. “Anche in Russia, nel Caucaso e sul Mar Nero, esistono vestigia di civiltà analoghe – resti di torri, betili, fortezze - che raccontano della stessa cultura che ci accomuna alla tradizione europea”.
Sardegna Isola Megalitica: Navicella, Età del Bronzo. Museo Archeologico Nazionale di Cagliari
Sardegna Isola Megalitica, allestimento al Museo Statale dell'Ermitage di San Pietroburgo I © foto Aleksey Bronnikov
“Nei materiali che raccontano questa mostra sono scritte parole magiche come nuraghi, betili, domus de janas, tombe dei giganti: vocaboli che sembrano usciti da una favola”, continua Piotrovsky. E c’è “il dialogo tra la pietra e il bronzo, tra gigantesche sculture litiche e piccoli bronzetti, un dialogo che sarà ripreso dalle civiltà successive, compresa quella greca e greco-romana”.
Enigmatici e radicalmente diversi dall’archeologia che siamo abituati a vedere, i reperti sardi sono antichissimi: alcuni di essi risalgono addirittura al Neolitico, eppure ci parlano di arte e di architettura, aprendo uno spiraglio su aspetti ancora oscuri delle prime fasi della storia dell’uomo. Favorita dalla sua posizione geografica, la Sardegna era già allora un formidabile hub di civiltà, un crocevia tra le popolazioni del Mediterraneo, dell’Oriente e dell’Occidente, del Centro e del Nord Europa. Difficile decodificare le testimonianze di un mondo senza stato né scrittura. Così, fin dal Medioevo, miti e leggende si sono sostituiti alla storia nell’interpretazione dei segni del passato: le sepolture preistoriche sono diventate “case delle fate” (domus de janas) e immense necropoli hanno assunto il nome di “tombe dei giganti”. Ma il mistero che fa più sensazione è quello degli enormi Guerrieri di Mont’e Prama, autorappresentazioni di un passato mitico risalente all’apogeo della civiltà nuragica, ma realizzate molto più tardi, in piena Età del Ferro. Il Pugilatore del Museo Archeologico di Cagliari è una di queste affascinanti sculture: mai concesso in prestito fino ad ora, ha raggiunto San Pietroburgo ed è ospite d’onore dell’Ermitage.
Testina di dea madre neolitica, marna, Meana Sardo, Neolitico Medio Cagliari, Museo Archeologico Nazionale | Foto: © Luigi Corda
Insieme a lei, nella mostra che ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, troveremo dee madri scolpite nella pietra ed eccezionali statuette di bronzo raffiguranti donne, uomini, guerrieri e animali, ma anche spade, gioielli, oggetti votivi e di uso quotidiano, modellini di edifici e di navi.
Filo rosso del percorso è il megalitismo, ovvero l’attitudine delle antiche popolazioni della Sardegna a realizzare edifici monumentali a partire da pietre di grandi dimensioni, che tuttora segnano il paesaggio. E’ il caso dei nuraghi, che sull’isola sono circa 7 mila. Costruiti con blocchi di basalto e granito presentano differenti caratteristiche e funzioni, ma sono accomunati tutti dalle caratteristiche torri a tholos e ancora oggetto di dibattiti e interpretazioni. Oppure delle domus de janas scavate nella roccia e poi arricchite da facciate, dei dolmen, della muraglia monumentale del Monte Baranta o dell’incredibile santuario di Monte d’Accoddi, simile alle ziqqurat del Vicino Oriente, o ancora dei templi a pozzo e a megaron, costruiti a partire dalla tarda Età del Bronzo.
Sardegna Isola Megalitica: Menhir di Biru ‘e Concas–Sorgono (NU)
I visitatori dell’Ermitage - e la prossima estate quelli del MANN di Napoli - li scopriranno in un percorso che li inquadra all’interno della storia dell’isola e ne segue l’evoluzione nel tempo, interrogandosi sulla vita degli uomini che li costruirono e li abitarono, dalla religione al culto dei morti, dall’alimentazione all’organizzazione sociale. Alcune delle loro storie sono davvero sorprendenti. Come mai per esempio, quando l’età nuragica era già ampiamente terminata, gli abitanti degli stessi luoghi eseguivano miniature di nuraghi nei materiali più vari? Simboli potenti nell’immaginario collettivo, questi oggetti sono stati ritrovati al centro delle “capanne delle riunioni”: erano usati probabilmente altari rituali, perché espressioni di un passato mitico in cui tutte le popolazioni dell’isola potevano ancora riconoscersi.
Per l’Ermitage Sardegna Isola Megalitica si inserisce “in un progetto ampio e articolato chiamato L’Europa senza confini che parla delle antiche civiltà e che raccorda la storia dell’Europa antica all’Europa che oggi conosciamo”, spiega ancora il direttore. “Anche in Russia, nel Caucaso e sul Mar Nero, esistono vestigia di civiltà analoghe – resti di torri, betili, fortezze - che raccontano della stessa cultura che ci accomuna alla tradizione europea”.
Sardegna Isola Megalitica: Navicella, Età del Bronzo. Museo Archeologico Nazionale di Cagliari
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