Al Museo Guggenheim fino a febbraio 2022
La linea dell'ingegno: l'arte più inventiva degli ultimi 50 anni si svela a Bilbao
Georg Baselitz, La signora Lenin e l'usignolo (Serie di quattro opere), Lucian e Frank all'aria aperta, 2008. Ólio su tela, 300 x 250 cm. Guggenheim Bilbao Museoa © Georg Baselitz, Bilbao, 2021
Francesca Grego
18/06/2021
Mondo - Come gli sarà venuto in mente? È la prima domanda che ci poniamo davanti a un’opera particolarmente originale, interrogandoci su quale percorso abbia portato l’artista a immaginarla proprio così. Già, perché all’arte chiediamo di donarci bellezza ed emozioni, ma anche uno sguardo nuovo e inaspettato, invenzioni ardite, idee che ribaltino e rimescolino il nostro modo di pensare la realtà.
A quest’arte audace e sperimentale è dedicata The Line of Witt - La linea dell’ingegno, appena inaugurata e visitabile fino al 6 febbraio 2022 presso il Museo Guggenheim di Bilbao. Tecniche insolite, materiali usati in modo eterodosso, creazioni giocose e dissacranti, giustapposizioni imprevedibili, sfide ai luoghi comuni dell’arte e della fruizione museale attendono al varco i visitatori della mostra. Da Georg Baselitz a Jean-Michel Basquiat, da Yoko Ono a Julian Schnabel o Jenny Holzer, il contemporaneo si offre agli sensi e alla mente come un vasto repertorio di sorprese, spaziando tra linguaggi diversi e più generazioni di artisti. Le opere esposte provengono tutte dalle immense collezioni Guggenheim, confermandone ricchezza e versatilità sotto la guida della nuova curatrice Lekha Hileman Waitoller, approdata a Bilbao alla fine del 2019 dall’Art Institute of Chicago.
Alyson Shotz, Object for Reflection, 2017. Guggenheim Bilbao Museoa I © Alyson Shotz, Guggenheim Bilbao Museoa, Bilbao, 2021
Tre sezioni scandiscono il viaggio nei territori multiformi dell’invenzione. Si comincia con una Sfida alla tradizione, tra opere nate fuori dalle pareti dello studio e processi inconsueti che hanno cambiato il modo di fare arte. C’è il dipinto Hichiko Happo di Yoko Ono, creato nel 2014 durante un’emozionante performance al museo di Bilbao mettendo insieme le pratiche dell’action painting e la calligrafia tradizionale giapponese. E c’è l’Oggetto di riflessione di Alyson Shotz (2017), composto da innumerevoli lastre di alluminio: acquista tridimensionalità solo sospeso al soffitto, quando la tensione e la forza di gravità trasformano il metallo in scultura. La fluttuante Camera di alabastro di Cristina Iglesias (1993) ingloba nello spazio dell’opera un’angolo della galleria e ne altera la luce, mentre il film sperimentale Il corso delle cose di Peter Fischli e David Weiss (1987) gioca con l’idea del caos e del movimento in una sequenza di cadute, versamenti e piccole esplosioni che trasportano gli oggetti più comuni nel regno dell’assurdo.
Georg Baselitz, Alleggerimento come un filo bianco, il sogno di Praga di Kiki (Hellung als weißer Faden, Kikis Traum von Prag), 2008. Olio su tela, 300 x 250 cm. Guggenheim Bilbao Museoa I © Georg Baselitz, Bilbao, 2021
Il secondo capitolo è un’indagine sul tema della rappresentazione e della figura umana lungo circa cinquant’anni, alla scoperta degli esperimenti più arditi e ingegnosi condotti intorno a un topos dell’arte di sempre. Le interpretazioni sono incredibilmente varie: si muovono tra il piano concettuale e quello della forma, senza dimenticare le numerose domande sulla percezione umana alle quali gli artisti hanno cercato di trovare risposta. Emblematici a questo proposito sono i Sorrisi di Alex Katz (1994), undici ritratti su tela pensati per focalizzare l’attenzione dello spettatore sul rapporto tra figura e sfondo. Ma la regina di questa sezione è certamente la serie La signora Lenin e l’usignolo di Georg Baselitz (2008) con i suoi celebri “dipinti capovolti”: un originale espediente per generare distanziamento nell’osservatore, che in questo modo è spinto a guardare più attentamente il contenuto dell’opera. In equilibrio tra figura e astrazione, qui il maestro tedesco si cimenta con colori vivaci e scale di grigio dando vita a scene potenti ed espressive.
Erlea Maneros Zabala, Grafía Vasca; tipografía y ornamentación 1961–1967, 2013. Guggenheim Bilbao Museoa I © Erlea Maneros Zabala, Guggenheim Bilbao Museoa, Bilbao, 2021
L’ultima sala riunisce opere astratte che spiccano per l’inventività nel metodo utilizzato e nell’impiego dei materiali. Che si tratti di vernici commerciali, di ceramiche o di gesso e lavagna, ogni mezzo è condotto oltre i suoi limiti consueti. Scopriamo così i dipinti di piatti rotti di Julian Schnabel, ispirati ai mosaici di Gaudì, le grafie basche di Erlea Maneros Zabala, che reinterpreta i processi seriali della stampa in una critica alle narrative dei media, e la pittura materica ed esuberante di Prudencio Irazabal, pronta a traboccare dai confini del quadro.
Julian Schnabel, Spagna (Spain), 1986. Guggenheim Bilbao Museoa I © Julian Schnabel, Guggenheim Bilbao Museoa, Bilbao, 2021
Leggi anche:
• Le follie degli anni Venti in mostra al Guggenheim di Bilbao
• Bilbao e la pittura
A quest’arte audace e sperimentale è dedicata The Line of Witt - La linea dell’ingegno, appena inaugurata e visitabile fino al 6 febbraio 2022 presso il Museo Guggenheim di Bilbao. Tecniche insolite, materiali usati in modo eterodosso, creazioni giocose e dissacranti, giustapposizioni imprevedibili, sfide ai luoghi comuni dell’arte e della fruizione museale attendono al varco i visitatori della mostra. Da Georg Baselitz a Jean-Michel Basquiat, da Yoko Ono a Julian Schnabel o Jenny Holzer, il contemporaneo si offre agli sensi e alla mente come un vasto repertorio di sorprese, spaziando tra linguaggi diversi e più generazioni di artisti. Le opere esposte provengono tutte dalle immense collezioni Guggenheim, confermandone ricchezza e versatilità sotto la guida della nuova curatrice Lekha Hileman Waitoller, approdata a Bilbao alla fine del 2019 dall’Art Institute of Chicago.
Alyson Shotz, Object for Reflection, 2017. Guggenheim Bilbao Museoa I © Alyson Shotz, Guggenheim Bilbao Museoa, Bilbao, 2021
Tre sezioni scandiscono il viaggio nei territori multiformi dell’invenzione. Si comincia con una Sfida alla tradizione, tra opere nate fuori dalle pareti dello studio e processi inconsueti che hanno cambiato il modo di fare arte. C’è il dipinto Hichiko Happo di Yoko Ono, creato nel 2014 durante un’emozionante performance al museo di Bilbao mettendo insieme le pratiche dell’action painting e la calligrafia tradizionale giapponese. E c’è l’Oggetto di riflessione di Alyson Shotz (2017), composto da innumerevoli lastre di alluminio: acquista tridimensionalità solo sospeso al soffitto, quando la tensione e la forza di gravità trasformano il metallo in scultura. La fluttuante Camera di alabastro di Cristina Iglesias (1993) ingloba nello spazio dell’opera un’angolo della galleria e ne altera la luce, mentre il film sperimentale Il corso delle cose di Peter Fischli e David Weiss (1987) gioca con l’idea del caos e del movimento in una sequenza di cadute, versamenti e piccole esplosioni che trasportano gli oggetti più comuni nel regno dell’assurdo.
Georg Baselitz, Alleggerimento come un filo bianco, il sogno di Praga di Kiki (Hellung als weißer Faden, Kikis Traum von Prag), 2008. Olio su tela, 300 x 250 cm. Guggenheim Bilbao Museoa I © Georg Baselitz, Bilbao, 2021
Il secondo capitolo è un’indagine sul tema della rappresentazione e della figura umana lungo circa cinquant’anni, alla scoperta degli esperimenti più arditi e ingegnosi condotti intorno a un topos dell’arte di sempre. Le interpretazioni sono incredibilmente varie: si muovono tra il piano concettuale e quello della forma, senza dimenticare le numerose domande sulla percezione umana alle quali gli artisti hanno cercato di trovare risposta. Emblematici a questo proposito sono i Sorrisi di Alex Katz (1994), undici ritratti su tela pensati per focalizzare l’attenzione dello spettatore sul rapporto tra figura e sfondo. Ma la regina di questa sezione è certamente la serie La signora Lenin e l’usignolo di Georg Baselitz (2008) con i suoi celebri “dipinti capovolti”: un originale espediente per generare distanziamento nell’osservatore, che in questo modo è spinto a guardare più attentamente il contenuto dell’opera. In equilibrio tra figura e astrazione, qui il maestro tedesco si cimenta con colori vivaci e scale di grigio dando vita a scene potenti ed espressive.
Erlea Maneros Zabala, Grafía Vasca; tipografía y ornamentación 1961–1967, 2013. Guggenheim Bilbao Museoa I © Erlea Maneros Zabala, Guggenheim Bilbao Museoa, Bilbao, 2021
L’ultima sala riunisce opere astratte che spiccano per l’inventività nel metodo utilizzato e nell’impiego dei materiali. Che si tratti di vernici commerciali, di ceramiche o di gesso e lavagna, ogni mezzo è condotto oltre i suoi limiti consueti. Scopriamo così i dipinti di piatti rotti di Julian Schnabel, ispirati ai mosaici di Gaudì, le grafie basche di Erlea Maneros Zabala, che reinterpreta i processi seriali della stampa in una critica alle narrative dei media, e la pittura materica ed esuberante di Prudencio Irazabal, pronta a traboccare dai confini del quadro.
Julian Schnabel, Spagna (Spain), 1986. Guggenheim Bilbao Museoa I © Julian Schnabel, Guggenheim Bilbao Museoa, Bilbao, 2021
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