Dal 19 aprile al 19 luglio nella Capitale Europea della Cultura
Rinascimento visto da Sud: a Matera una grande mostra per rileggere la storia
Francesco Pagano (Attr.), Tavola Strozzi (Veduta della città di Napoli con il ritorno della flotta aragnese dopo la Battaglia di Ischia, Tempera su tavola, 245 x 82 cm, Napoli, Museo di San Martino
Francesca Grego
20/04/2019
Matera - Da oggi a Matera il Rinascimento ha un’altra storia: ricca, composita e originale, ma soprattutto vista da Sud.
A narrarla è una delle quattro mostre cardine dell’anno nella Capitale Europea della Cultura, in un percorso che si snoda tra 215 opere nella cornice seicentesca di Palazzo Lanfranchi: noti capolavori e pezzi mai esposti prima, giunti da grandi musei italiani – le Gallerie degli Uffizi e il Museo del Bargello, il MANN e il Museo di Capodimonte, i Musei Vaticani, la Galleria Borghese, la Galleria Sabauda – ed europei, come il Musée Jacquemart-André di Parigi, il Thyssen-Bornemisza di Madrid, il Museu Nacional de Arte Antigua di Lisbona, ma anche da luoghi di culto, palazzi e perfino conventi di clausura sparsi in tutto il Meridione e nelle Isole, accostati per la prima volta e pronti a rivelare relazioni inattese.
“Una mostra densissima e meravigliosa”, nelle parole della direttrice del Polo Museale di Basilicata Marta Ragozzino, “che rovescia i paradigmi con cui il Rinascimento è stato raccontato e analizzato finora”. Le grandi esperienze di Firenze, Roma e delle signorie del Nord restano infatti all’orizzonte come termini di un dialogo unico e peculiare, per portare sulla scena la parte meridionale della penisola, protesa verso quel grande laboratorio culturale che fu il Mediterraneo nel secolo in cui il mondo si “allargò” all’improvviso. Napoli, le Fiandre, la Spagna e Venezia sono gli snodi di un viaggio fatto di scambi e contaminazioni, da gustare tra dipinti, sculture, codici miniati, mappe e strumenti per la navigazione, gioielli, abiti e oggetti quotidiani.
Il progetto
Se Antonello da Messina, Andrea Mantegna, Donatello e Raffaello sono i nomi più prestigiosi, il fascino dell’esposizione sta soprattutto nel progetto di ricerca che ha alle spalle: un esperimento audace e imponente che, oltre ad avventurarsi in territori mai esplorati in un'esposizione, ha visto il restauro di oltre 30 opere e la collaborazione di un gran numero di istituzioni e personalità, dallo storico dell’arte Ferdinando Bologna, scomparso lo scorso 3 aprile, a cui è dedicato il catalogo edito da Artem, allo studioso britannico David Abulafia, fino al direttore del Museo di Capodimonte Sylvain Bellenger, tutti inclusi nel comitato scientifico.
Rinascimento visto da Sud. Matera, l’Italia meridionale e il Mediterraneo tra ‘400 e ‘500 “è la mostra che sognavamo da tanto, ma che non era mai stato possibile realizzare” ha detto Pierluigi Leone de Castris, curatore insieme a Dora Catalano, Matteo Ceriana e Marta Ragozzino: “Nuova dal punto di vista metodologico, nutrita da prestiti eccezionali - comprese grandi sculture e polittici difficili da trasportare – è una ghiotta occasione di conoscenza per studiosi e cultori dell’arte, ma anche un evento appassionante per il pubblico: perché parla attraverso un racconto, coinvolgendo capolavori e umili oggetti quotidiani. Mette in scena una storia di viaggi e di commerci, di memorie e di leggende, di uomini e di dinastie che arrivano dal mare. La nostra storia”.
Dal 1438 al 1535, l’arte dell’Italia meridionale è analizzata in tutte le sue dimensioni: in relazione agli sviluppi della storia, alle esperienze artistiche in atto nel contesto italiano ed europeo, ma anche seguendo il filo di una dialettica interna ai confini del Regno, che vede interagire centri e periferie, luoghi avvantaggiati dalla geografia e aree interne, defilate, tra le quali c’è anche Matera con la sua insolita parabola, da “vergogna nazionale” a Capitale della Cultura.
“Del tutto inedito è il confronto tra il versante tirrenico e quello adriatico della penisola: tra l’influenza aragonese e quella di Venezia, che per tutto il Quattrocento si contendono il dominio dei nostri mari”, spiega Matteo Ceriana, già direttore delle Gallerie dell’Accademia, che all’arte della città lagunare ha dedicato anni di studi: “È attraverso l’Adriatico che Antonello da Messina raggiunge Venezia e torna in Sicilia, mentre tra Venezia e la Puglia si instaura un lungo rapporto di scambio, che vedrà artisti e opere spostarsi dal Nord al Sud, in direzione contraria rispetto al sale, al grano e all’olio che arrivano nella Serenissima. L’incrocio di traiettorie tra il Tirreno e l’Adriatico ci ha rivelato interessanti novità”.
L’itinerario espositivo
Il percorso della mostra si apre proprio nel segno del viaggio: contro pareti blu come il mare si staglia un prezioso repertorio di mappe, atlanti variopinti, portolani e antichi astrolabi, specchio di nuove conoscenze tecniche e geografiche che saranno preludio alle grandi scoperte di fine secolo. “Un invito a viaggiare nel tempo”, ha sottolineato la curatrice Dora Catalano, “all’interno di quello che fu uno spazio fortemente conteso, ma anche il luogo di un incontro – quello tra Oriente e Occidente - che non smette di esercitare il suo fascino sul pubblico contemporaneo”.
Avanti dunque i protagonisti dell’avventura mediterranea, come gli Aragonesi, in lotta con gli Angioini per il dominio del Ponente: la loro ascesa è raccontata da raffinate medaglie realizzate da Pisanello per re Alfonso e dall’imponente gruppo scultoreo dell’Incoronazione di Ferrante I proveniente dal Museo del Bargello, ma anche dalle tegole decorate del salernitano Palazzo Capasso.
La rivalità tra dinastie si riflette nell’arte: se i francesi fanno del gotico internazionale la propria bandiera, gli spagnoli guardano alle novità delle Fiandre. E così alla raffinata Madonna di Ladislao da Durazzo e al bellissimo Polittico in alabastro di Venafro fa da contraltare la pittura di Colantonio, che mescola tempera e olio ispirandosi a Van Eyck. E poi quella del suo allievo più illustre, Antonello da Messina, presente nel percorso con la tavola di Abramo e gli Angeli e con l’Annunciata del Museo Civico di Como.
È sempre Alfonso d’Aragona, grande collezionista di dipinti fiamminghi, a introdurre al Sud l’umanesimo e il confronto con gli antichi mediato dal Rinascimento fiorentino: a rappresentare in mostra questa tendenza è la monumentale Testa di Cavallo di Donatello, dalla storia intricata e misteriosa, che Lorenzo il Magnifico inviò a Napoli in dono all’amico Diomede I Carafa.
Proseguendo lungo le otto esposizioni espositive, ci spostiamo sul versante adriatico per scoprire l’eredità dei maestri veneti: Mantegna, Giovanni Bellini, Pordenone, Cima da Conegliano, Lorenzo Lotto, autori di opere per le chiese di Puglia e Basilicata.
Mentre la nuova ondata bizantineggiante in arrivo da Oriente in seguito alla caduta di Costantinopoli si contamina con le influenze occidentali, da Ponente le opere di Antoniazzo Romano, Perugino, Pinturicchio diffondono tra gli artisti meridionali le novità del Rinascimento. E se finora sono stati i pittori spagnoli a ricevere le commissioni del Regno di Napoli, presto la tendenza si inverte: nel 1472 artisti del Nord e del Sud Italia si ritrovano a decorare insieme la cattedrale di Valencia su chiamata del cardinale Rodrigo Borgia.
Abiti e mattonelle decorate ci parlano delle manifatture locali e dei fasti delle corti, per poi lasciare spazio alla grande lezione di Raffaello: dell’Urbinate ammiriamo il disegno preparatorio per la Madonna del pesce, realizzata per la chiesa napoletana di San Domenico Maggiore e inizio di un trend inedito per il territorio. Intorno, le creazioni di una nuova generazione di artisti: dai dipinti di Andrea Sabatini (noto come “il Raffaello del Sud”) a quelli di Polidoro da Caravaggio, senza contare una galleria di grandi sculture in costosissimo marmo di Carrara. La “Maniera moderna” è ufficialmente arrivata anche al Sud.
Oltre la mostra: itinerari a Matera e dintorni
Affacciata su due mari, la Basilicata è stata nei secoli terra di passaggio e di accoglienza, via di transito di popoli e culture in viaggio attraverso quel Mediterraneo che ieri univa e che oggi sembra separare. Rinascimento visto da Sud esplora le tracce che questo movimento ha lasciato sul territorio in una sezione dedicata, tra le testimonianze di Andrea Mantegna o Giovanni Bellini e la koinè di influssi caratteristica della produzione locale.
Ma ci sono tesori molto difficili da trasportare. La mostra diventa così il punto di partenza per itinerari speciali intorno a Matera, da prolungare verso l’interno della regione o la vicina Puglia.
Chi visita la città dei Sassi potrà scoprire così gli affreschi del Convicinio di Sant’Antonio e della chiesa rupestre di Santa Barbara, o spostarsi nelle vicine Miglionico e Montescaglioso per ammirare le pitture murali della Trinità, il Polittico di Cima da Conegliano e l’abbazia benedettina di San Michele Arcangelo.
O ancora percorrere le strade lucane tra colline, boschi e calanchi, sulle tracce di Simone da Firenze, il prolifico pittore emigrante attivo anche nei centri più interni della regione, e dei Persio, che fusero la riscoperta del classico con le suggestioni della cultura popolare in sculture lapidee rese ancor più interessanti dalla policromia.
Il viaggio continua in Puglia, con gli affreschi della chiesa di Santa Caterina a Galatina e di Santo Stefano a Soleto.
In programma dal 19 aprile al 19 luglio al Museo di Arte Medievale e Moderna della Basilicata, Palazzo Lanfranchi, Rinascimento visto da Sud è coprodotta dal Polo Museale della Basilicata e Fondazione Matera 2019, in collaborazione con l’Università degli Studi della Basilicata e l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
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“Una mostra densissima e meravigliosa”, nelle parole della direttrice del Polo Museale di Basilicata Marta Ragozzino, “che rovescia i paradigmi con cui il Rinascimento è stato raccontato e analizzato finora”. Le grandi esperienze di Firenze, Roma e delle signorie del Nord restano infatti all’orizzonte come termini di un dialogo unico e peculiare, per portare sulla scena la parte meridionale della penisola, protesa verso quel grande laboratorio culturale che fu il Mediterraneo nel secolo in cui il mondo si “allargò” all’improvviso. Napoli, le Fiandre, la Spagna e Venezia sono gli snodi di un viaggio fatto di scambi e contaminazioni, da gustare tra dipinti, sculture, codici miniati, mappe e strumenti per la navigazione, gioielli, abiti e oggetti quotidiani.
Il progetto
Se Antonello da Messina, Andrea Mantegna, Donatello e Raffaello sono i nomi più prestigiosi, il fascino dell’esposizione sta soprattutto nel progetto di ricerca che ha alle spalle: un esperimento audace e imponente che, oltre ad avventurarsi in territori mai esplorati in un'esposizione, ha visto il restauro di oltre 30 opere e la collaborazione di un gran numero di istituzioni e personalità, dallo storico dell’arte Ferdinando Bologna, scomparso lo scorso 3 aprile, a cui è dedicato il catalogo edito da Artem, allo studioso britannico David Abulafia, fino al direttore del Museo di Capodimonte Sylvain Bellenger, tutti inclusi nel comitato scientifico.
Rinascimento visto da Sud. Matera, l’Italia meridionale e il Mediterraneo tra ‘400 e ‘500 “è la mostra che sognavamo da tanto, ma che non era mai stato possibile realizzare” ha detto Pierluigi Leone de Castris, curatore insieme a Dora Catalano, Matteo Ceriana e Marta Ragozzino: “Nuova dal punto di vista metodologico, nutrita da prestiti eccezionali - comprese grandi sculture e polittici difficili da trasportare – è una ghiotta occasione di conoscenza per studiosi e cultori dell’arte, ma anche un evento appassionante per il pubblico: perché parla attraverso un racconto, coinvolgendo capolavori e umili oggetti quotidiani. Mette in scena una storia di viaggi e di commerci, di memorie e di leggende, di uomini e di dinastie che arrivano dal mare. La nostra storia”.
Dal 1438 al 1535, l’arte dell’Italia meridionale è analizzata in tutte le sue dimensioni: in relazione agli sviluppi della storia, alle esperienze artistiche in atto nel contesto italiano ed europeo, ma anche seguendo il filo di una dialettica interna ai confini del Regno, che vede interagire centri e periferie, luoghi avvantaggiati dalla geografia e aree interne, defilate, tra le quali c’è anche Matera con la sua insolita parabola, da “vergogna nazionale” a Capitale della Cultura.
“Del tutto inedito è il confronto tra il versante tirrenico e quello adriatico della penisola: tra l’influenza aragonese e quella di Venezia, che per tutto il Quattrocento si contendono il dominio dei nostri mari”, spiega Matteo Ceriana, già direttore delle Gallerie dell’Accademia, che all’arte della città lagunare ha dedicato anni di studi: “È attraverso l’Adriatico che Antonello da Messina raggiunge Venezia e torna in Sicilia, mentre tra Venezia e la Puglia si instaura un lungo rapporto di scambio, che vedrà artisti e opere spostarsi dal Nord al Sud, in direzione contraria rispetto al sale, al grano e all’olio che arrivano nella Serenissima. L’incrocio di traiettorie tra il Tirreno e l’Adriatico ci ha rivelato interessanti novità”.
L’itinerario espositivo
Il percorso della mostra si apre proprio nel segno del viaggio: contro pareti blu come il mare si staglia un prezioso repertorio di mappe, atlanti variopinti, portolani e antichi astrolabi, specchio di nuove conoscenze tecniche e geografiche che saranno preludio alle grandi scoperte di fine secolo. “Un invito a viaggiare nel tempo”, ha sottolineato la curatrice Dora Catalano, “all’interno di quello che fu uno spazio fortemente conteso, ma anche il luogo di un incontro – quello tra Oriente e Occidente - che non smette di esercitare il suo fascino sul pubblico contemporaneo”.
Avanti dunque i protagonisti dell’avventura mediterranea, come gli Aragonesi, in lotta con gli Angioini per il dominio del Ponente: la loro ascesa è raccontata da raffinate medaglie realizzate da Pisanello per re Alfonso e dall’imponente gruppo scultoreo dell’Incoronazione di Ferrante I proveniente dal Museo del Bargello, ma anche dalle tegole decorate del salernitano Palazzo Capasso.
La rivalità tra dinastie si riflette nell’arte: se i francesi fanno del gotico internazionale la propria bandiera, gli spagnoli guardano alle novità delle Fiandre. E così alla raffinata Madonna di Ladislao da Durazzo e al bellissimo Polittico in alabastro di Venafro fa da contraltare la pittura di Colantonio, che mescola tempera e olio ispirandosi a Van Eyck. E poi quella del suo allievo più illustre, Antonello da Messina, presente nel percorso con la tavola di Abramo e gli Angeli e con l’Annunciata del Museo Civico di Como.
È sempre Alfonso d’Aragona, grande collezionista di dipinti fiamminghi, a introdurre al Sud l’umanesimo e il confronto con gli antichi mediato dal Rinascimento fiorentino: a rappresentare in mostra questa tendenza è la monumentale Testa di Cavallo di Donatello, dalla storia intricata e misteriosa, che Lorenzo il Magnifico inviò a Napoli in dono all’amico Diomede I Carafa.
Proseguendo lungo le otto esposizioni espositive, ci spostiamo sul versante adriatico per scoprire l’eredità dei maestri veneti: Mantegna, Giovanni Bellini, Pordenone, Cima da Conegliano, Lorenzo Lotto, autori di opere per le chiese di Puglia e Basilicata.
Mentre la nuova ondata bizantineggiante in arrivo da Oriente in seguito alla caduta di Costantinopoli si contamina con le influenze occidentali, da Ponente le opere di Antoniazzo Romano, Perugino, Pinturicchio diffondono tra gli artisti meridionali le novità del Rinascimento. E se finora sono stati i pittori spagnoli a ricevere le commissioni del Regno di Napoli, presto la tendenza si inverte: nel 1472 artisti del Nord e del Sud Italia si ritrovano a decorare insieme la cattedrale di Valencia su chiamata del cardinale Rodrigo Borgia.
Abiti e mattonelle decorate ci parlano delle manifatture locali e dei fasti delle corti, per poi lasciare spazio alla grande lezione di Raffaello: dell’Urbinate ammiriamo il disegno preparatorio per la Madonna del pesce, realizzata per la chiesa napoletana di San Domenico Maggiore e inizio di un trend inedito per il territorio. Intorno, le creazioni di una nuova generazione di artisti: dai dipinti di Andrea Sabatini (noto come “il Raffaello del Sud”) a quelli di Polidoro da Caravaggio, senza contare una galleria di grandi sculture in costosissimo marmo di Carrara. La “Maniera moderna” è ufficialmente arrivata anche al Sud.
Oltre la mostra: itinerari a Matera e dintorni
Affacciata su due mari, la Basilicata è stata nei secoli terra di passaggio e di accoglienza, via di transito di popoli e culture in viaggio attraverso quel Mediterraneo che ieri univa e che oggi sembra separare. Rinascimento visto da Sud esplora le tracce che questo movimento ha lasciato sul territorio in una sezione dedicata, tra le testimonianze di Andrea Mantegna o Giovanni Bellini e la koinè di influssi caratteristica della produzione locale.
Ma ci sono tesori molto difficili da trasportare. La mostra diventa così il punto di partenza per itinerari speciali intorno a Matera, da prolungare verso l’interno della regione o la vicina Puglia.
Chi visita la città dei Sassi potrà scoprire così gli affreschi del Convicinio di Sant’Antonio e della chiesa rupestre di Santa Barbara, o spostarsi nelle vicine Miglionico e Montescaglioso per ammirare le pitture murali della Trinità, il Polittico di Cima da Conegliano e l’abbazia benedettina di San Michele Arcangelo.
O ancora percorrere le strade lucane tra colline, boschi e calanchi, sulle tracce di Simone da Firenze, il prolifico pittore emigrante attivo anche nei centri più interni della regione, e dei Persio, che fusero la riscoperta del classico con le suggestioni della cultura popolare in sculture lapidee rese ancor più interessanti dalla policromia.
Il viaggio continua in Puglia, con gli affreschi della chiesa di Santa Caterina a Galatina e di Santo Stefano a Soleto.
In programma dal 19 aprile al 19 luglio al Museo di Arte Medievale e Moderna della Basilicata, Palazzo Lanfranchi, Rinascimento visto da Sud è coprodotta dal Polo Museale della Basilicata e Fondazione Matera 2019, in collaborazione con l’Università degli Studi della Basilicata e l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
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