La grazia leonardesca

Madonna Litta di Leonardo da Vinci
19/11/2003
La piccola tempera su tela fu comprata dallo Zar Alessandro II nel 1865 dalla famiglia milanese Litta, da cui il nome, per 100 mila franchi. L’opera apparteneva inizialmente alla collezione dei Visconti. Da subito fu molto imitata diventando, secondo molti, “il prototipo dello stesso leonardismo”, nonché “immagine europea”. La Vergine osserva il Bambino con tenera grazia contemplativa, cui fa eco la tranquillità del paesaggio retrostante. Il dipinto si distingue per l’armonia dei colori e della composizione, appena movimentata dal Bambino che si volge verso l’osservatore, quasi distraendosi dall’abbraccio col seno materno.
Il quadro, giunto in Russia nel 1865, è diventato il simbolo dei sentimenti sovietici per l’Italia: affetto sincero testimoniato dalle tante icone della Litta esposte in molte abitazioni e musei del luogo. Il doppio ritratto è un’opera intimamente legata alla Russia, con la quale ha stabilito una profonda affinità sentimentale, dovuta anche alla “forza tranquilla” che emana. Lo stesso personale del Museo russo si è distaccato con difficoltà dal dipinto, e perfino Putin, originario di San Pietroburgo, ricordando la sua giovinezza, ha rievocato le sue frequenti visite da studente all’Hermitage per ammirare la familiare immagine.
Datato 1490, la Litta è stata certamente dipinta da un grande pittore italiano. La maggior parte della critica ritiene che l’autore sia Leonardo da Vinci, o che in ogni caso il maestro abbia avuto un ruolo essenziale nella creazione del dipinto. Al Louvre di Parigi si conserva infatti un disegno preparatorio della testa della Vergine. Molti ritrovano analogie con La dama dell’ermelllino, in particolare nella finezza dei tratti, e con la Gioconda, della quale richiama lo sfondo azzurrognolo del paesaggio.
Gli scienziati tuttavia non hanno ancora stabilito in modo definitivo la paternità dell’opera. Anche per alcuni critici sussistono dei dubbi legati al trattamento della prospettiva e del chiaroscuro, in particolare ai colori netti che stentano a mescolarsi con lo sfondo. E’ stato ipotizzato che Leonardo possa aver solo iniziato l’opera, ma che in seguito questa sia stata completata da un allievo, forse il Boltraffio. Sofisticate indagini ai raggi ultravioletti sembrano rilevare, tuttavia, che il lavoro sia stato eseguito da una sola persona.
Nel XIX secolo, il dipinto ha corso dei seri rischi nell’essere trasferito dalla tavola, su cui si trovava, all’attuale tela: l’operazione ha comportato un suo quasi totale restauro.
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