Delizia della psiche

Meg
 

18/03/2008

Ha una voce pulita, ammaliante, che strega e fa venire i brividi. Le canzoni che scrive sono intense, alcune hanno toni melo’ (senza perdere il sorriso) altre vantano ironia e atroce realtà. Perché lei osserva. Osserva la sua Napoli ‘sotto assedio’, osserva i politici italiani pronti a false promesse pur di mantenere  la loro dorata poltrona a vita. E poi ricorda. Genova 2001: mattanza disumana, un conato, e nasce una canzone. E poi l’amore…

Arpa elettronica e cassa in quattro, minimal techno raffinata, il nuovo album di Meg è pronto a deliziare la vostra psiche. Stile.it l’ha incontrata per saperne di più…

“Psycodelice”, questo il titolo dell’album, è una parola nuova?
“Si, ho cercato una parola che potesse racchiudere il viaggio interiore in cui mi sono spinta, che potesse dare il titolo al disco, e che in qualche modo potesse descriverne immediatamente l’umore. E’ un gioco di parole che parla contemporaneamente dell’agognata “delizia della psiche” come antidoto, come approccio alle cose, del sound iperelettronico del disco e, per certi versi, di un certo tipo di approccio che reclama “stream of conciousness”  nella scrittura e quindi nella struttura dei pezzi”.

Il testo di alcune canzoni è slegato dalla struttura canonica “strofa-ritornello-strofa-ritornello”
“Si, è una specie di flusso di pensiero messo giu’ senza remore, libero. Non a caso “Pandora” e “Permesso?” sono nati nello stesso pomeriggio, di getto, senza preavviso, nel giro di un’ora più o meno”.

Quindi hai scelto di rinunciare alla forma della canzone classica?
”No, anzi ben vengano le rassicuranti strutture “A-B-A-B-C-B” ! La mia non vuole essere sperimentazione a tutti i costi, anche perché significherebbe automaticamente rinunciare all’autenticità, e cadere clamorosamente nel manierismo, nell’esercizio di stile, nella ginnastica fine a se stessa”.

Ascoltando alcune tracce del disco, si potrebbe definire ‘doppio’, tra tradizione e sperimentazione
“Ho sentito la necessità di far convivere due parti emozionali di me in apparenza agli antipodi, ma che invece si completano l’una dell’altra. Quella più intima, delicata, femminile, e quella più aggressiva, danzereccia, insomma, quella più maschiaccio. Per questo ho voluto che gli arrangiamenti rispecchiassero quest’esigenza. Ritmiche muscolose e dai bpm sostenuti mi sono sembrate la conditio sine qua non perché questo disco avesse ragione d’essere”.

Per la stesura del disco hai lavorato con nomi di spicco del panorama musicale internazionale.
“Ho voluto accanto a me, a co-produrre il lavoro, Stefano Fontana, conosciuto come Stylophonic. In Italia uno dei più raffinati ricercatori e sperimentatori del suono. La musica elettronica nostrana gli deve molto. A co-produrre il pezzo “Promises” e a suonare svariati synth nel disco c’e’ anche Mario Conte, un altro grande musicista e produttore dalla lunga esperienza, con il quale c’e’ una grandissima affinità ed intesa artistica, anche sul palco, dal vivo. Altra co-produzione interessante, che da tempo stavamo cercando di realizzare, e’ avvenuta con il dj (ormai una superstar!) di fama internazionale Danilo Vigorito, osannato nei club techno, house e underground di tutto il mondo. Insieme abbiamo prodotto “Laptop Love” e in più, ciliegina sulla torta, ha mixato alcuni pezzi dell’album, donandogli così  il suo tocco personalissimo ed esperto”.

Nella canzone dal titolo “Napoli città aperta”, preso a prestito da Rossellini, hai voluto tracciare una similitudine tra la Roma descritta dal grande regista e la tua città?
“E’ la canzone a cui sono più legata, immagino di attraversare Napoli, di osservarla con occhi sgranati, di percepirla come una bellissima creatura dormiente, ma che al risveglio si rivela come un mostro famelico pronto a sbranare tutto ciò che ha davanti. Ho preso in prestito il titolo del film di Rossellini, perché credo ci siano delle evidenti similitudini tra la Roma assediata dai nazisti, città in guerra, e Napoli città sempre sotto assedio sia dalle istituzioni, che non hanno mai messo in pratica un vero piano di sviluppo del territorio, e sia dalle forze illegali che ne controllano la parte economica”.

Si parla molto, ultimamente di Napoli, come di una città dilaniata
“Si,  lo Stato è assente, è una città che deve in gran parte le proprie possibilità lavorative alle forze criminali, è una città che fa sentire un senso costante di precarietà, hai sempre la sensazione di avere addosso un cattivo presagio, come se di lì a poco ci sia qualcuno che verrà a strapparti ciò che è tuo. Napoli non è altro che lo specchio estremizzato del resto del paese, quindi è bene che se ne parli, la prima potenza economica è la criminalità organizzata”.

Il nuovo disco di Meg esce il 18 aprile, a questo punto, largo alla musica: ascoltate e ballate!


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