In mostra dal 22 febbraio al 29 giugno 2025
Dalla maschera al selfie, il ritratto dell’artista al Museo San Domenico di Forlì

Giovanni Bellini, Presentazione di Gesù al Tempio, 1460. Tempera su tavola. Venezia, Fondazione Querini Stampalia
Francesca Grego
18/12/2024
Forlì-Cesena - In principio fu Narciso, che guardandosi in uno specchio d’acqua riconobbe il proprio volto e se ne innamorò. In seguito pochi artisti avrebbero resistito alla tentazione dell’autoritratto, magari inserito di soppiatto in una scena che parla d’altro. Fino al selfie, che ci unisce tutti in un comune desiderio di autorappresentazione. A ricostruire questa storia con grandi opere di ogni epoca sarà la prossima mostra in programma al Museo San Domenico di Forlì. Dal 22 febbraio al 29 giugno 2025 Il ritratto dell’artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie ripercorrerà la storia dell’autoritratto attraverso oltre 300 opere dall’antichità al Novecento, esplorando le ragioni del suo intramontabile successo e i motivi che, di volta in volta, hanno spinto gli artisti a catturare la propria immagine: dall’affermazione sociale all’esercizio sul vero, dall’introspezione psicologica al desiderio di eternità.
"L'obiettivo è accogliere i ritratti dei grandi protagonisti della storia dell’arte, con una particolare attenzione anche al mondo femminile inspiegabilmente trascurato”, ha spiegato Gianfranco Brunelli, direttore delle grandi mostre del Museo Civico di San Domenico: “Da Tiziano a Rembrandt, a Va Gogh, da De Chirico a Warhol, il ritratto dell’artista è un autografo esistenziale. Segno, traccia, memoria, riflesso da tradurre in un’immagine definitiva, giocata nel tempo, contro il tempo, oltre il tempo”.

Jacopo Robusti detto Tintoretto, Narciso alla fonte, 1555 - 1560 circa, olio su tela. Roma, Galleria Colonna
Seguendo il fil rouge dell’autoritratto, il percorso a cura di Cristina Acidini, Fernando Mazzocca, Francesco Parisi e Paola Refice sarà l’occasione per ammirare insieme un numero esorbitante di capolavori, come spesso capita nei progetti del museo romagnolo. Si parte con le numerose versioni del mito di Narciso - non a caso un soggetto molto frequentato dagli artisti - qui illustrato da opere come l’affresco romano di Narciso alla fonte staccato dalla Casa di Marco Lucrezia, o dalle versioni Benvenuto Cellini e Tintoretto, per proseguire con Raffaello, Giovanni Bellini, Parmigianino, Pieter Paul Rubens, Jan Vermeer, Lavinia Fontana, Antonio Canova. Jan Van Eyck sarà presente con l’iconico Ritratto di uomo con turbante, mentre Caravaggio ci guarderà “in incognito” dalla tela di Davide con la testa di Golia. Con Francisco Goya a traghettarci verso l’era moderna, scopriremo poi come artisti più vicini a noi abbiano restituito le proprie sembianze, dalla cerchia degli Impressionisti con Degas, Manet, Van Gogh, al Novecento con Munch, Schiele, Balla, Magritte, De Chirico, Picasso, Frida Kahlo, Andy Warhol.
“Nei secoli, ritrarre il proprio volto, la propria immagine è stato – per ogni artista – una sfida, un tributo, un messaggio, una proiezione, un esercizio di analisi profonda che mostra le aspirazioni ideali e le espressioni emotive, ma che rivela anche la maestria e il talento”, si legge nella presentazione della mostra. “Nell’autoritratto il pittore si sdoppia nel duplice ruolo di modello e di artista. L’occhio si posa sull’immagine riflessa per ritrarsi e l’immagine ritratta è un alter da sé ed è un sé. Spesso ne viene fuori una maschera. Personaggio più che persona. Per molti artisti è così, dal Seicento al Novecento. Nudo o vestito, truccato o travestito, sorridente o malinconico, attraverso l’immagine di sé l’artista rintraccia il proprio mondo interiore, il significato della propria arte, l’unicità del proprio stile”.

Federico Barocci, Autoritratto, 1590 circa, olio su tela. Roma, Gallerie Nazionali d'Arte Antica
"L'obiettivo è accogliere i ritratti dei grandi protagonisti della storia dell’arte, con una particolare attenzione anche al mondo femminile inspiegabilmente trascurato”, ha spiegato Gianfranco Brunelli, direttore delle grandi mostre del Museo Civico di San Domenico: “Da Tiziano a Rembrandt, a Va Gogh, da De Chirico a Warhol, il ritratto dell’artista è un autografo esistenziale. Segno, traccia, memoria, riflesso da tradurre in un’immagine definitiva, giocata nel tempo, contro il tempo, oltre il tempo”.

Jacopo Robusti detto Tintoretto, Narciso alla fonte, 1555 - 1560 circa, olio su tela. Roma, Galleria Colonna
Seguendo il fil rouge dell’autoritratto, il percorso a cura di Cristina Acidini, Fernando Mazzocca, Francesco Parisi e Paola Refice sarà l’occasione per ammirare insieme un numero esorbitante di capolavori, come spesso capita nei progetti del museo romagnolo. Si parte con le numerose versioni del mito di Narciso - non a caso un soggetto molto frequentato dagli artisti - qui illustrato da opere come l’affresco romano di Narciso alla fonte staccato dalla Casa di Marco Lucrezia, o dalle versioni Benvenuto Cellini e Tintoretto, per proseguire con Raffaello, Giovanni Bellini, Parmigianino, Pieter Paul Rubens, Jan Vermeer, Lavinia Fontana, Antonio Canova. Jan Van Eyck sarà presente con l’iconico Ritratto di uomo con turbante, mentre Caravaggio ci guarderà “in incognito” dalla tela di Davide con la testa di Golia. Con Francisco Goya a traghettarci verso l’era moderna, scopriremo poi come artisti più vicini a noi abbiano restituito le proprie sembianze, dalla cerchia degli Impressionisti con Degas, Manet, Van Gogh, al Novecento con Munch, Schiele, Balla, Magritte, De Chirico, Picasso, Frida Kahlo, Andy Warhol.
“Nei secoli, ritrarre il proprio volto, la propria immagine è stato – per ogni artista – una sfida, un tributo, un messaggio, una proiezione, un esercizio di analisi profonda che mostra le aspirazioni ideali e le espressioni emotive, ma che rivela anche la maestria e il talento”, si legge nella presentazione della mostra. “Nell’autoritratto il pittore si sdoppia nel duplice ruolo di modello e di artista. L’occhio si posa sull’immagine riflessa per ritrarsi e l’immagine ritratta è un alter da sé ed è un sé. Spesso ne viene fuori una maschera. Personaggio più che persona. Per molti artisti è così, dal Seicento al Novecento. Nudo o vestito, truccato o travestito, sorridente o malinconico, attraverso l’immagine di sé l’artista rintraccia il proprio mondo interiore, il significato della propria arte, l’unicità del proprio stile”.

Federico Barocci, Autoritratto, 1590 circa, olio su tela. Roma, Gallerie Nazionali d'Arte Antica
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