Fino al 16 febbraio nel percorso Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552

Savoldo, Moretto e la luce ritrovata. Due capolavori restaurati in mostra a Brescia

Giovanni Girolamo Savoldo, Giovane con flauto, 1525 circa, Olio su tela, 74.3 × 100.3 cm, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo
 

Samantha De Martin

07/11/2024

Brescia - Antonio Canova, che lo aveva acquistato a Roma presso la famiglia Ottoboni, credeva fosse stato realizzato da Giovanni Antonio Pordenone, attribuzione accettata fino a quando Bernard Berenson, nel 1907, per primo non registrò lo Stendardo dei disciplini: Madonna della Misericordia e due disciplini (fronte); due santi (retro) sotto il nome di Moretto.
Questa chicca, fresca di restauro - che ha svelato il sontuoso cromatismo della faccia posteriore con i due santi, oltre a restituire la naturale morbidezza al volto della Vergine - è uno degli ospiti d’onore che fino al 16 febbraio, nell’ambito della mostra “Il Rinascimento a Brescia. Moretto, Romanino, Savoldo. 1512-1552" in corso al Museo di santa Giulia di Brescia, ripercorrono il Cinquecento nelle sue infinite sfaccettature, in una delle città più popolose dell’Europa moderna.

Dopo oltre 350 anni lo Stendardo, appartenuto a Canova e a Papa Alessandro VIII, torna a Brescia dal Tempio canoviano di Possagno dove è custodito. L’opera, sottoposta a restauro realizzato dallo Studio Marchetti e Fontanini di Brescia, grazie al contributo di SA Finance come Art Conservation Partner, brilla in mostra nella sezione Devotione, dedicata alle pratiche e attività delle confraternite e alle inquietudini spirituali derivate dal movimento della riforma protestante. L’intervento condotto da Luisa Marchetti ha restituito piena leggibilità alla pellicola pittorica originaria. Il restauro si è infatti rivelato necessario in vista dell’esposizione, dal momento che le condizioni di conservazione risultavano decisamente compromesse dall’utilizzo devozionale nel corso delle processioni.
Il dipinto presentava ampi rimaneggiamenti, ritocchi estesi e suture degli strappi molto invasive, oltre a risultare deformato dalla sovrapposizione di colle e vernici. Ed eccolo adesso lo Stendardo dei disciplini, le cui vicende sono legate a doppio filo a quelle della grande tela di Moretto raffigurante la Madonna del Carmelo, oggi conservata alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. La comune storia collezionistica delle due opere, le affinità iconografiche e stilistiche e il riferimento all’ambiente carmelitano lascerebbero ipotizzare che anche lo Stendardo potesse appartenere alla Disciplina del Carmine.


Alessandro Bonvicino detto Moretto Brescia, Stendardo dei disciplini: Madonna della Misericordia e due disciplini (fronte); due santi (retro), 1522-1524 circa, Olio su tela, 133 x 198 cm, Possagno, Tempio Canoviano

Sul fronte, la Madonna, in gloria su una nube, allarga le braccia in segno di accoglienza, offrendo un simbolico riparo ai bisognosi di aiuto. Ai suoi piedi due disciplini inginocchiati e vestiti con il caratteristico saio bianco. Quello di sinistra, con il volto scoperto e le mani giunte, ha l’aspetto di un giovane dalla folta barba bruna, proteso verso la Vergine in un atteggiamento di trasporto. Il volto di quello di destra, invece, è nascosto dal cappuccio: con la mano sinistra l’uomo ne impugna l’estremità inferiore come a volerlo sollevare e a scoprirsi il capo. Sul retro Moretto inserisce due severe figure maschili scalze identificate come apostoli o come profeti.

Com' è arrivata l’opera da Brescia a Roma? Pietro Ottoboni, dal quale Canova l’avrebbe acquistata, fu vescovo di Brescia dal 1654 al 1664 e potrebbe essere stato lui, divenuto papa con il nome di Alessandro VIII, a portare il dipinto in città dove custodiva un’importante collezione. 
Il pittore ha voluto definire in questo suo lavoro l’attualità dell’avvenimento, il preciso istante del suo accadere, il momento esatto in cui la Madonna del Carmine si rivela ai due fedeli, e questi si levano i cappucci per vederla ed esserne visti.

Il recente restauro dell’opera di Moretto, realizzata tra il 1522-1524, ha contribuito a sottolineare anche la forte influenza veneta. 
“Mi pare davvero assai significativo - commenta Francesca Bazoli, presidente della Fondazione Brescia Musei - che un'opera, già ambasciatrice nel mondo del nostro territorio bresciano, nel Seicento a Roma con papa Ottoboni e poi nell'Ottocento con Antonio Canova nelle Venezie, possa oggi ritornare a essere oggetto delle attenzioni della critica d'arte e della comunità nell’occasione di una mostra temporanea di straordinaria qualità per ricerca scientifica”.

Accanto allo Stendardo di Moretto c’è un’altra chicca restaurata a trent’anni dal suo ingresso nelle collezioni della Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia ed esposta in occasione della mostra dedicata al Rinascimento. Giovane con Flauto, una delle opere più amate e conosciute di Giovanni Girolamo Savoldo, è stata restaurata grazie a UniCredit, che ne è proprietario, come Art Conservation Partner di Fondazione Brescia Musei. L’accurato intervento è stato affidato a Carlotta Fasser, con la consulenza del Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale, per le indagini diagnostiche preliminari.

Il restauro ha consentito di scoprire dettagli che un precedente intervento non documentato aveva in parte nascosto. Ecco ad esempio i piccoli ciuffi che conferiscono movimento all’attaccatura dei capelli, che oggi appaiono più naturali, o il disegno originale degli occhi che restituisce uno sguardo languido, come se la figura fosse in procinto di piangere. Le indagini diagnostiche hanno permesso poi di osservare alcuni pentimenti come la presenza di un liuto, dove ora si trova il libro, e di una mensola sul muro di fondo, relativi a dettagli originariamente previsti e poi non sviluppati.


Giovanni Girolamo Savoldo, Giovane con flauto, 1525 circa, Olio su tela, 74.3 × 100.3 cm, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo

In mostra l’opera è ospite d’onore nella sezione dedicata all’Armonia. La sua storia collezionistica è caratterizzata da numerosi passaggi di proprietà e spostamenti tra Parigi, Londra, Firenze e New York fino all’acquisto nel 1994 da parte della Banca Popolare di Brescia (oggi acquisita dal gruppo UniCredit) che lo depositò presso la Pinacoteca Tosio Martinengo.
Inizialmente attribuita a Giorgione, la tela e stata ricondotta a Savoldo da Constance Jocelyn Foulkes in occasione della mostra londinese dedicata agli Old Masters quando fu anche correttamente individuata la firma del pittore bresciano sullo spartito di musica appeso alla parete del fondo. Quello che colpisce di questo capolavoro è la luce che dona enfasi alle forme, e l’assetto compositivo e atmosferico della scena. Il restauro realizzato in occasione della mostra ha restituito vigore e intensità allo straordinario indaco della veste, mentre le partiture riportate sul foglio appeso al muro e sul libro aperto di fronte al giovane flautista hanno permesso di saperne di più sul contesto culturale del dipinto.
Il giovane con flauto riconduce al genere della ritrattistica amorosa, in voga nei primi decenni del Cinquecento a Venezia, che riconosceva nel legame indissolubile tra musica e poesia il mezzo prediletto per l’espressione del sentimento amoroso. Pino Marchetti ha proposto di identificare il flautista con un giovane Fortunato Martinengo, ritratto in prossimità della morte del padre Cesare, avvenuta tra il 1527 e il 1528.

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