Fabio Colussi. La poesia del mare
Dal 24 Novembre 2021 al 06 Febbraio 2021
Trieste
Luogo: Sala Comunale d’Arte
Indirizzo: Via della Zonta 2
Orari: tutti i giorni 10-13 / 17-20
Curatori: Marianna Accerboni
Prolungata: fino al 6 febbraio 2022
Telefono per informazioni: +39 335 6750946
Mercoledì 24 novembre alle 18 si apre alla Sala Comunale d’Arte di Trieste la rassegna “Fabio Colussi. La poesia del mare”, curata dall’architetto Marianna Accerboni e dedicata dal pittore triestino al tema prediletto della veduta marina: in mostra più di una ventina di oli recenti su tela e su tavola per la maggior parte inediti.
In questa esposizione - scrive Accerboni - Colussi ricostruisce con delicata e calibrata vena lirica il fascino del mare della sua città, Trieste, accostandolo anche a quello di Venezia. La medesima, sottile inclinazione neoromantica, intrecciata a una personale e sensibilissima vena cromatica e a una grande abilità tecnica, caratterizza le sue vedute. Così l’artista sa catturare l’ineffabile luce del nostro golfo, quella magica della Serenissima e la pace della laguna, consegnandoci un angolo di mondo, in cui poter sognare ancora, grazie al prezioso virtuosismo di questo poeta del paesaggio.
L’evoluzione coerente e appassionata del lavoro pittorico di Colussi, - scrive Accerboni - ha condotto l’artista dalla narrazione attenta e delicata della veduta marina verso traguardi sempre più elevati, raggiunti attraverso un’interpretazione del paesaggio d’acqua sottilmente poetica e intrisa di molteplici valenze luministiche.
Affascinato dal mare, ritratto sempre in momenti di quiete e perciò rasserenanti, il pittore ci offre un idillio sottile e al contempo profondo con la natura, che si estrinseca nei notturni sull’acqua veneziani, in cui un sogno lieve solca la veduta, o nei tramonti infuocati che rendono l’orizzonte marino unico a Trieste, com’ebbe occasione di notare alcuni anni fa il celebre architetto Richard Rogers.
Anche se il diapason emotivo più alto, quello che forse colpisce maggiormente l’emotività del fruitore, Colussi lo raggiunge in certe sue intense descrizioni come accade per esempio nel dipingere il tramonto sulla rocca di Duino. Un’opera che ci rende più agevole capire come mai quel luogo e quelle atmosfere furono così amate da un grande poeta germanico quale Rilke e che ci rimanda anche alle visioni di Caspar David Friedrich, il più significativo pittore romantico tedesco.
Risuona in quei tocchi di pennello di Colussi, in quelle meditate velature tutta la luce neoromantica che un attento sensore, qual è l’artista triestino, della nostra cultura visiva e delle molteplici matrici culturali dell’estremo nord est italiano, intuisce ed esprime, assieme agli echi della grande tradizione pittorica e luministica veneziana.
Memore di una vena neoclassica, che appartiene culturalmente a Trieste, l’artista prosegue in modo del tutto personale l’antica tradizione di pittori e vedutisti attivi a Venezia nel ‘700 quali Francesco Guardi e Canaletto. Ma, agli esordi, ha guardato anche ad altri artisti, in questo caso giuliani, come Giuseppe Barison, Giovanni Zangrando, Ugo Flumiani e Guido Grimani, tutti in un modo o nell’altro legati alla grande tradizione pittorica e coloristica veneziana, che rappresentava un importante punto di riferimento, nel secondo ottocento e nel primo Novecento, accanto all’Accademia di Monaco, per i pittori triestini.
Altro fulcro fondamentale fu infatti per loro anche la cultura austro-tedesca. E non a caso nelle opere di molti di questi, così come in quella di Colussi, compare spesso una luce azzurro-grigia, che più che un colore rappresenta un’atmosfera, una sorta di evocazione di quello “sturm und drang” (tempesta e impeto), che nel mondo germanico pose le basi del Romanticismo: punti di riferimento - conclude Accerboni - che costituiscono delle interessanti chiavi di lettura della pittura dell’autore triestino, in particolare per quanto riguarda la sua interpretazione del tema della veduta marina, che sa rivisitare attraverso intuizioni, luminosità e ispirazioni che alludono istintivamente anche alla cultura visiva mitteleuropea.
Fabio Colussi nasce nel 1957 a Trieste, dove vive e opera. È in un certo senso autodidatta, poiché si è formato studiando i grandi pittori triestini del passato. Dipinge i primi acquerelli a 4 anni, i temi sono paesaggi, boschi e figure realizzati anche a pastelli a cera; più tardi approccia la tempera e l’acrilico, per poi passare nei primi anni Novanta all’olio su tela e su tavola, tecnica ora prediletta, che non ha più abbandonato. Per realizzare i suoi lavori, trae spunto dagli schizzi annotati su un taccuino che porta sempre con sé e che talvolta sono implementati, per quanto riguarda le architetture, da appunti fotografici. È presente in collezioni private in Italia e all'estero (Stati Uniti, Germania, Spagna e Australia). Ha esposto a livello nazionale ed europeo e recentemente a Bruxelles, in Croazia e Montenegro, suscitando grande consenso.
In questa esposizione - scrive Accerboni - Colussi ricostruisce con delicata e calibrata vena lirica il fascino del mare della sua città, Trieste, accostandolo anche a quello di Venezia. La medesima, sottile inclinazione neoromantica, intrecciata a una personale e sensibilissima vena cromatica e a una grande abilità tecnica, caratterizza le sue vedute. Così l’artista sa catturare l’ineffabile luce del nostro golfo, quella magica della Serenissima e la pace della laguna, consegnandoci un angolo di mondo, in cui poter sognare ancora, grazie al prezioso virtuosismo di questo poeta del paesaggio.
L’evoluzione coerente e appassionata del lavoro pittorico di Colussi, - scrive Accerboni - ha condotto l’artista dalla narrazione attenta e delicata della veduta marina verso traguardi sempre più elevati, raggiunti attraverso un’interpretazione del paesaggio d’acqua sottilmente poetica e intrisa di molteplici valenze luministiche.
Affascinato dal mare, ritratto sempre in momenti di quiete e perciò rasserenanti, il pittore ci offre un idillio sottile e al contempo profondo con la natura, che si estrinseca nei notturni sull’acqua veneziani, in cui un sogno lieve solca la veduta, o nei tramonti infuocati che rendono l’orizzonte marino unico a Trieste, com’ebbe occasione di notare alcuni anni fa il celebre architetto Richard Rogers.
Anche se il diapason emotivo più alto, quello che forse colpisce maggiormente l’emotività del fruitore, Colussi lo raggiunge in certe sue intense descrizioni come accade per esempio nel dipingere il tramonto sulla rocca di Duino. Un’opera che ci rende più agevole capire come mai quel luogo e quelle atmosfere furono così amate da un grande poeta germanico quale Rilke e che ci rimanda anche alle visioni di Caspar David Friedrich, il più significativo pittore romantico tedesco.
Risuona in quei tocchi di pennello di Colussi, in quelle meditate velature tutta la luce neoromantica che un attento sensore, qual è l’artista triestino, della nostra cultura visiva e delle molteplici matrici culturali dell’estremo nord est italiano, intuisce ed esprime, assieme agli echi della grande tradizione pittorica e luministica veneziana.
Memore di una vena neoclassica, che appartiene culturalmente a Trieste, l’artista prosegue in modo del tutto personale l’antica tradizione di pittori e vedutisti attivi a Venezia nel ‘700 quali Francesco Guardi e Canaletto. Ma, agli esordi, ha guardato anche ad altri artisti, in questo caso giuliani, come Giuseppe Barison, Giovanni Zangrando, Ugo Flumiani e Guido Grimani, tutti in un modo o nell’altro legati alla grande tradizione pittorica e coloristica veneziana, che rappresentava un importante punto di riferimento, nel secondo ottocento e nel primo Novecento, accanto all’Accademia di Monaco, per i pittori triestini.
Altro fulcro fondamentale fu infatti per loro anche la cultura austro-tedesca. E non a caso nelle opere di molti di questi, così come in quella di Colussi, compare spesso una luce azzurro-grigia, che più che un colore rappresenta un’atmosfera, una sorta di evocazione di quello “sturm und drang” (tempesta e impeto), che nel mondo germanico pose le basi del Romanticismo: punti di riferimento - conclude Accerboni - che costituiscono delle interessanti chiavi di lettura della pittura dell’autore triestino, in particolare per quanto riguarda la sua interpretazione del tema della veduta marina, che sa rivisitare attraverso intuizioni, luminosità e ispirazioni che alludono istintivamente anche alla cultura visiva mitteleuropea.
Fabio Colussi nasce nel 1957 a Trieste, dove vive e opera. È in un certo senso autodidatta, poiché si è formato studiando i grandi pittori triestini del passato. Dipinge i primi acquerelli a 4 anni, i temi sono paesaggi, boschi e figure realizzati anche a pastelli a cera; più tardi approccia la tempera e l’acrilico, per poi passare nei primi anni Novanta all’olio su tela e su tavola, tecnica ora prediletta, che non ha più abbandonato. Per realizzare i suoi lavori, trae spunto dagli schizzi annotati su un taccuino che porta sempre con sé e che talvolta sono implementati, per quanto riguarda le architetture, da appunti fotografici. È presente in collezioni private in Italia e all'estero (Stati Uniti, Germania, Spagna e Australia). Ha esposto a livello nazionale ed europeo e recentemente a Bruxelles, in Croazia e Montenegro, suscitando grande consenso.
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