Timelines
Dal 21 Maggio 2015 al 04 Luglio 2015
Treviso
Luogo: TRA Treviso Ricerca Arte
Indirizzo: via Barberia 25
Orari: da martedì a sabato 10-13 / 15.30-19.30
Curatori: Valerio Dehò
Enti promotori:
- TRA Treviso Ricerca Arte
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0422 419990
E-Mail info: segreteria@trevisoricercaarte.org
Sito ufficiale: http://www.trevisoricercaarte.org/
TRA Treviso Ricerca Arte è lieta di comunicare l'inaugurazione della mostra Timelines che si terrà giovedì 21 maggio alle ore 19:00 presso il Piano Nobile di Ca' dei Ricchi.
La mostra, curata da Valerio Dehò e realizzata in collaborazione con Galleria P420 di Bologna, vede esposte una quindicina di opere di cinque artisti internazionali: Irma Blank Hanne Darboven Paolo Icaro Joachim Schmid Franco Vaccari "Il Novecento ha inventato il tempo. Prima c’era, ma lo si percepiva in un modo diverso. La gente viveva senza darci troppo peso, il mondo era semplice e a portata di mano. Bastavano le stagioni e che il sole sorgesse sempre la mattina. Nel Novecento si sono scoperti gli atomi, la gravitazione, l’infinitamente piccolo e l’immensamente grande, poi negli anni Sessanta l’elettronica e la comunicazione digitale. Il nostro universo è diventato una molecola di un organismo dai confini incerti. Sembra che l’infinito, secondo la teoria della relatività, sia una specie di cilindro. Non lo vedremo mai, però è singolare osservare che Einstein presentò la sua Relatività ristretta nel 1905, lo stesso anno in cui nacquero l’espressionismo in Germania, i fauves in Francia e Cezanne dipinge La montagne Sainte-Victoire. In Russia cominciano le rivoluzioni che porteranno a quella di Ottobre 1917 e viene abbandonato il realismo per l’astrazione geometrica. Il tempo entra in modo determinante tra i nuovi paradigmi del XX secolo perché diminuisce con la velocità, non è più lineare e consequenziale come nell’Ottocento, diventa circolare come una Kundalini, aprendo la cultura occidentale a influenze di altre culture e altre storie. Per questo l’arte nell’incertezza di una temporalità dilatata o rappresa come una macchia d’inchiostro, si è misurata sempre di più con una dimensione fisica e psichica variabile. Gli orologi di Salvador Dalì si sciolgono, il tempo si srotola nei suoi misuratori, ma diventa sempre più relativo e impreciso. Più lo si costringe nella stretta ripartizione del calendario, delle ore e dei minuti e più ci si accorge che la sua assolutezza ha smesso di avere alcuna autorità e che le varie sacre scritture hanno sempre raccontato balle sull’origine del mondo che è poi anche la nostra (...)".
Valerio Dehò
Mostra visitabile dal 22.05 al 04.07.2015 mar-sab10:00-13:00/15:30-19:30 aperto domenica 24 maggio dalle 15:30 alle 19:30 chiuso martedì 2 giugno.
IRMA BLANK Tedesca di nascita (Celle, 1934) ma trasferitasi giovanissima in Italia, dove tutt’ora vive e risiede, Irma Blank matura in un clima di sperimentazione linguistica tipico della seconda metà degli anni Sessanta, in cui esponenti delle avanguardie di matrice minimal-concettuale registrano, attraverso un’arte impersonale e de-soggettivata, il tempo del proprio vissuto, l’esserci, l’esistere qui e ora. Fin da subito Irma Blank rivolge la propria attenzione, come lei stessa afferma, “verso la scrittura, che spoglia del senso per caricarla di altre valenze. Una scrittura purificata dal senso, un segno autonomo che dà voce al silenzio”. E’ proprio questa la soluzione tanto radicale quanto personale di Irma Blank: una scrittura non legata al sapere, ma all’essere. Carte, fogli, tele, libri sono le superfici su cui si gioca il rapporto tra segno e tempo. Inchiostro, china, penna biro, pastello, acquerello, acrilico sono gli strumenti attraverso cui i segni occupano queste superfici e le superfici registrano il tempo di un’esistenza attraverso il gesto. Ha esposto alla GAM, Bologna (1977), Documenta 6, Kassel (1977), Westfälischer Kunstverein, Münster (1979), Fondation Nationale des Arts Graphiques et Plastiques, Parigi (1980), Bibliothèque Nationale de France, Parigi (1981, 1996), Bonner Kunstverein e Stadtische Galerie Regensburg (1981), Musée des Beaux Arts Rouen (1982), Centre Pompidou Parigi (1985, 2009, 2010 e 2013), Quadriennale Roma (1986, 2005), Heidelberger Kunstverein (1990), PAC di Milano (1992), Folkwangmuseum Essen (1992), MOMA New York (1992), Museo della Fondazione Querini Stampalia, Venezia (1996), Kunstmuseum Düsseldorf (1997), Museion Bolzano (2002, 2009), Museo della Permanente, Milano (2002), Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Roma (2007), MART Rovereto (2007), Palazzo Reale Milano (2010), Mostyn Museum, Llandudno (2014) e Kunsthalle Wien (2014).
HANNE DARBOVEN Hanne Darboven (Monaco di Baviera, 1941) cresce ad Amburgo dove sin da giovane studia pianoforte e riceve lezioni di disegno nella casa di famiglia. Dal 1962/1963 fino al 1965, Darboven studia arte all’Hamburg Hochschule für Bildende Kunst, dove partecipa alle lezioni di Kai Sudeck, Willem Grimm e Almir Mavignier. Nel 1966 Hanne Darboven si trasferisce a New York dove incontra gli artisti americani e gli altri rappresentanti dell’emergente arte Minimal e Concettuale come Sol LeWitt, Carl Andree, Mel Bochner e Joseph Kosuth. In questo periodo Darboven comincia a progettare disegni geometrici, permutazioni, diagrammi e i suoi primi calcoli su carta quadrettata. Stringe amicizia con Sol LeWitt che le fa da mentore, aiutandola ad entrare in contatto con curatori e gallerie. Esordisce con la sua prima mostra in Germania alla galleria Konrad Fischer di Düsseldorf (1967/1968). Dopo la morte di suo padre nel 1968, Darboven torna ad Amburgo rimanendo però in stretto contatto con la scena di New York dove è rappresentata da Leo Castelli fin dal 1972. Da quel momento in poi Hanne Darboven espone in prestigiose gallerie, nei musei d'Europa e degli Stati Uniti e viene presentata diverse volte alle Biennali di Venezia e di San Paolo. In breve tempo Hanne Darboven viene riconosciuta come uno dei principali esponenti internazionali dell’Arte Concettuale. Ha vissuto e lavorato nella sua casa di famiglia ad Amburgo fino alla morte nel 2009.
PAOLO ICARO Paolo Icaro Chissotti (Torino, 1936). Comincia a praticare la scultura nello studio di Umberto Mastroianni a partire dal 1958. Nel 1966 si trasferisce a New York, dove risiede sino al 1968. Oltreoceano nascono le Forme di spazio (1967), ribattezzate subito dopo Gabbie, strutture in profilati metallici in cui la scultura da occupare lo spazio si fa luogo, origine di spazio. “Icaro esplora lo spazio: uno spazio da esperire col corpo, da misurare in senso fisico e mentale, da ricercare nel divenire del tempo. Uno spazio da raccontare, dove progetto e accidentalità, sacrale intimità e sottile ironia si fondono, conducendo la ricerca verso un continuo faredisfarerifarevedere della forma e del pensiero” (Lara Conte). Fra il 1968 e il 1969 partecipa alle principali rassegne dell’avanguardia artistica internazionale che sanciscono l’affermazione di tendenze come l’arte povera, l’arte concettuale e la process art. Durante gli anni Settanta realizza cicli di lavori come I luoghi del punto e le Misure intime – percorsi di misurazione del corpo declinati attraverso l’utilizzo di materiali plastici diversi. Si avvicina allora al gesso, materiale che agisce sul tempo, conservando l’impronta del gesto rapido che lo ha plasmato. Nel corso degli anni Settanta e Ottanta tiene mostre personali in importanti gallerie europee e americane fra le quali si ricordano: Verna, Zurigo (1972, 1974, 1978, 1985); Françoise Lambert, Milano (1976); Marilena Bonomo, Bari (1976); Massimo Minini, Brescia (1977, 1982, 1989); Paul Maenz, Colonia (1978), Hal Bromm, New York (1978, 1979); Jack Tilton, New York (1985, 1986, 1989); Studio G7, Bologna (1988, 1990, 1997); Galleria Martano, Torino (1988, 1991). Nel 2010 è presentato da Massimo Minini nella sezione Back to the future di Artissima, dove propone la Gabbia Pliniomio (1967). Nel 2011 espone l’installazione Cardo e decumano (2010) a Bologna, nel Cortile di Palazzo d’Accursio, in occasione di Art First. Paolo Icaro vive a lavora a Tavullia, in provincia di Pesaro. JOACHIM SCHMID Joachim Schmid (Balingen, 1955) vive a Berlino e lavora con fotografie trovate dai primi anni Ottanta. I suoi lavori sono stati esposti in Italia e all’estero e inclusi in numerose collezioni. Nel 2007 Photoworks and Steidl pubblica la monografia Joachim Schmid Photoworks 1982–2007 in occasione della sua prima mostra retrospettiva al Frances Young Tang Teaching Museum di Saratoga Springs, New York. La mostra è stata successivamente esposta al Photographers' Gallery, (Londra), al Yerba Buena Center for the Arts (San Francisco), al Nederlands Fotomuseum (Rot- terdam) e al Bildmuseet (Umeå). Nel 2012, Johan & Levi Editore pubblica il libro Joachim Schmid e le fotografie degli altri in occasione della mostra al Museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo curata da Roberta Valtorta. Nel 2014 espone nella mostra (Mis)understanding Photography presso Folkwang Essen Museum.
FRANCO VACCARI Franco Vaccari (Modena, 1936) ha ricevuto una formazione scientifica ed è laureato in Fisica. Dopo un debutto artistico come poeta visivo, il tema della traccia e il medium fotografico saranno due costanti sempre presenti in tutto il suo lavoro. Fin dall’inizio, Vaccari non utilizza la fotografia per produrre immagini mimetiche, analogiche, ma come una prova di presenza, un segno, una traccia fisica dell’esserci. In questo senso, il suo noto progetto per la Biennale di Venezia del 1972, Esposizione in Tempo Reale n.4: Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio è emblematico. Il suo lavoro artistico è tangenziale a diverse aree, ma quella che forse meglio esprime il suo senso è quella del “realismo concettuale”. Gli viene universalmente riconosciuta l’invenzione del concetto di ‘Esposizione in Tempo Reale’, che ha esplorato sin dal 1969 sia a livello teorico che operativo. Ha sempre accompagnato la sua produzione artistica con altrettante riflessioni teoriche pubblicando, tra gli altri, Duchamp e l'occultamento del lavoro (1978), Fotografia e inconscio tecnologico (1979) e Duchamp messo a nudo. Dai ready made alla finanza creativa (2010). Ha avuto la sala personale alla Biennale di Venezia (1972, 1980 e 1993). Ha esposto presso Basel Kunsthalle (2010), Biennale di Gwangju in Korea (2010), Musée de L’Elysée, Lausanne (2010, Museo Mostyn in Wales(UK) (2013), Fondazione Morra Greco di Napoli (2014).
La mostra, curata da Valerio Dehò e realizzata in collaborazione con Galleria P420 di Bologna, vede esposte una quindicina di opere di cinque artisti internazionali: Irma Blank Hanne Darboven Paolo Icaro Joachim Schmid Franco Vaccari "Il Novecento ha inventato il tempo. Prima c’era, ma lo si percepiva in un modo diverso. La gente viveva senza darci troppo peso, il mondo era semplice e a portata di mano. Bastavano le stagioni e che il sole sorgesse sempre la mattina. Nel Novecento si sono scoperti gli atomi, la gravitazione, l’infinitamente piccolo e l’immensamente grande, poi negli anni Sessanta l’elettronica e la comunicazione digitale. Il nostro universo è diventato una molecola di un organismo dai confini incerti. Sembra che l’infinito, secondo la teoria della relatività, sia una specie di cilindro. Non lo vedremo mai, però è singolare osservare che Einstein presentò la sua Relatività ristretta nel 1905, lo stesso anno in cui nacquero l’espressionismo in Germania, i fauves in Francia e Cezanne dipinge La montagne Sainte-Victoire. In Russia cominciano le rivoluzioni che porteranno a quella di Ottobre 1917 e viene abbandonato il realismo per l’astrazione geometrica. Il tempo entra in modo determinante tra i nuovi paradigmi del XX secolo perché diminuisce con la velocità, non è più lineare e consequenziale come nell’Ottocento, diventa circolare come una Kundalini, aprendo la cultura occidentale a influenze di altre culture e altre storie. Per questo l’arte nell’incertezza di una temporalità dilatata o rappresa come una macchia d’inchiostro, si è misurata sempre di più con una dimensione fisica e psichica variabile. Gli orologi di Salvador Dalì si sciolgono, il tempo si srotola nei suoi misuratori, ma diventa sempre più relativo e impreciso. Più lo si costringe nella stretta ripartizione del calendario, delle ore e dei minuti e più ci si accorge che la sua assolutezza ha smesso di avere alcuna autorità e che le varie sacre scritture hanno sempre raccontato balle sull’origine del mondo che è poi anche la nostra (...)".
Valerio Dehò
Mostra visitabile dal 22.05 al 04.07.2015 mar-sab10:00-13:00/15:30-19:30 aperto domenica 24 maggio dalle 15:30 alle 19:30 chiuso martedì 2 giugno.
IRMA BLANK Tedesca di nascita (Celle, 1934) ma trasferitasi giovanissima in Italia, dove tutt’ora vive e risiede, Irma Blank matura in un clima di sperimentazione linguistica tipico della seconda metà degli anni Sessanta, in cui esponenti delle avanguardie di matrice minimal-concettuale registrano, attraverso un’arte impersonale e de-soggettivata, il tempo del proprio vissuto, l’esserci, l’esistere qui e ora. Fin da subito Irma Blank rivolge la propria attenzione, come lei stessa afferma, “verso la scrittura, che spoglia del senso per caricarla di altre valenze. Una scrittura purificata dal senso, un segno autonomo che dà voce al silenzio”. E’ proprio questa la soluzione tanto radicale quanto personale di Irma Blank: una scrittura non legata al sapere, ma all’essere. Carte, fogli, tele, libri sono le superfici su cui si gioca il rapporto tra segno e tempo. Inchiostro, china, penna biro, pastello, acquerello, acrilico sono gli strumenti attraverso cui i segni occupano queste superfici e le superfici registrano il tempo di un’esistenza attraverso il gesto. Ha esposto alla GAM, Bologna (1977), Documenta 6, Kassel (1977), Westfälischer Kunstverein, Münster (1979), Fondation Nationale des Arts Graphiques et Plastiques, Parigi (1980), Bibliothèque Nationale de France, Parigi (1981, 1996), Bonner Kunstverein e Stadtische Galerie Regensburg (1981), Musée des Beaux Arts Rouen (1982), Centre Pompidou Parigi (1985, 2009, 2010 e 2013), Quadriennale Roma (1986, 2005), Heidelberger Kunstverein (1990), PAC di Milano (1992), Folkwangmuseum Essen (1992), MOMA New York (1992), Museo della Fondazione Querini Stampalia, Venezia (1996), Kunstmuseum Düsseldorf (1997), Museion Bolzano (2002, 2009), Museo della Permanente, Milano (2002), Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Roma (2007), MART Rovereto (2007), Palazzo Reale Milano (2010), Mostyn Museum, Llandudno (2014) e Kunsthalle Wien (2014).
HANNE DARBOVEN Hanne Darboven (Monaco di Baviera, 1941) cresce ad Amburgo dove sin da giovane studia pianoforte e riceve lezioni di disegno nella casa di famiglia. Dal 1962/1963 fino al 1965, Darboven studia arte all’Hamburg Hochschule für Bildende Kunst, dove partecipa alle lezioni di Kai Sudeck, Willem Grimm e Almir Mavignier. Nel 1966 Hanne Darboven si trasferisce a New York dove incontra gli artisti americani e gli altri rappresentanti dell’emergente arte Minimal e Concettuale come Sol LeWitt, Carl Andree, Mel Bochner e Joseph Kosuth. In questo periodo Darboven comincia a progettare disegni geometrici, permutazioni, diagrammi e i suoi primi calcoli su carta quadrettata. Stringe amicizia con Sol LeWitt che le fa da mentore, aiutandola ad entrare in contatto con curatori e gallerie. Esordisce con la sua prima mostra in Germania alla galleria Konrad Fischer di Düsseldorf (1967/1968). Dopo la morte di suo padre nel 1968, Darboven torna ad Amburgo rimanendo però in stretto contatto con la scena di New York dove è rappresentata da Leo Castelli fin dal 1972. Da quel momento in poi Hanne Darboven espone in prestigiose gallerie, nei musei d'Europa e degli Stati Uniti e viene presentata diverse volte alle Biennali di Venezia e di San Paolo. In breve tempo Hanne Darboven viene riconosciuta come uno dei principali esponenti internazionali dell’Arte Concettuale. Ha vissuto e lavorato nella sua casa di famiglia ad Amburgo fino alla morte nel 2009.
PAOLO ICARO Paolo Icaro Chissotti (Torino, 1936). Comincia a praticare la scultura nello studio di Umberto Mastroianni a partire dal 1958. Nel 1966 si trasferisce a New York, dove risiede sino al 1968. Oltreoceano nascono le Forme di spazio (1967), ribattezzate subito dopo Gabbie, strutture in profilati metallici in cui la scultura da occupare lo spazio si fa luogo, origine di spazio. “Icaro esplora lo spazio: uno spazio da esperire col corpo, da misurare in senso fisico e mentale, da ricercare nel divenire del tempo. Uno spazio da raccontare, dove progetto e accidentalità, sacrale intimità e sottile ironia si fondono, conducendo la ricerca verso un continuo faredisfarerifarevedere della forma e del pensiero” (Lara Conte). Fra il 1968 e il 1969 partecipa alle principali rassegne dell’avanguardia artistica internazionale che sanciscono l’affermazione di tendenze come l’arte povera, l’arte concettuale e la process art. Durante gli anni Settanta realizza cicli di lavori come I luoghi del punto e le Misure intime – percorsi di misurazione del corpo declinati attraverso l’utilizzo di materiali plastici diversi. Si avvicina allora al gesso, materiale che agisce sul tempo, conservando l’impronta del gesto rapido che lo ha plasmato. Nel corso degli anni Settanta e Ottanta tiene mostre personali in importanti gallerie europee e americane fra le quali si ricordano: Verna, Zurigo (1972, 1974, 1978, 1985); Françoise Lambert, Milano (1976); Marilena Bonomo, Bari (1976); Massimo Minini, Brescia (1977, 1982, 1989); Paul Maenz, Colonia (1978), Hal Bromm, New York (1978, 1979); Jack Tilton, New York (1985, 1986, 1989); Studio G7, Bologna (1988, 1990, 1997); Galleria Martano, Torino (1988, 1991). Nel 2010 è presentato da Massimo Minini nella sezione Back to the future di Artissima, dove propone la Gabbia Pliniomio (1967). Nel 2011 espone l’installazione Cardo e decumano (2010) a Bologna, nel Cortile di Palazzo d’Accursio, in occasione di Art First. Paolo Icaro vive a lavora a Tavullia, in provincia di Pesaro. JOACHIM SCHMID Joachim Schmid (Balingen, 1955) vive a Berlino e lavora con fotografie trovate dai primi anni Ottanta. I suoi lavori sono stati esposti in Italia e all’estero e inclusi in numerose collezioni. Nel 2007 Photoworks and Steidl pubblica la monografia Joachim Schmid Photoworks 1982–2007 in occasione della sua prima mostra retrospettiva al Frances Young Tang Teaching Museum di Saratoga Springs, New York. La mostra è stata successivamente esposta al Photographers' Gallery, (Londra), al Yerba Buena Center for the Arts (San Francisco), al Nederlands Fotomuseum (Rot- terdam) e al Bildmuseet (Umeå). Nel 2012, Johan & Levi Editore pubblica il libro Joachim Schmid e le fotografie degli altri in occasione della mostra al Museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo curata da Roberta Valtorta. Nel 2014 espone nella mostra (Mis)understanding Photography presso Folkwang Essen Museum.
FRANCO VACCARI Franco Vaccari (Modena, 1936) ha ricevuto una formazione scientifica ed è laureato in Fisica. Dopo un debutto artistico come poeta visivo, il tema della traccia e il medium fotografico saranno due costanti sempre presenti in tutto il suo lavoro. Fin dall’inizio, Vaccari non utilizza la fotografia per produrre immagini mimetiche, analogiche, ma come una prova di presenza, un segno, una traccia fisica dell’esserci. In questo senso, il suo noto progetto per la Biennale di Venezia del 1972, Esposizione in Tempo Reale n.4: Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio è emblematico. Il suo lavoro artistico è tangenziale a diverse aree, ma quella che forse meglio esprime il suo senso è quella del “realismo concettuale”. Gli viene universalmente riconosciuta l’invenzione del concetto di ‘Esposizione in Tempo Reale’, che ha esplorato sin dal 1969 sia a livello teorico che operativo. Ha sempre accompagnato la sua produzione artistica con altrettante riflessioni teoriche pubblicando, tra gli altri, Duchamp e l'occultamento del lavoro (1978), Fotografia e inconscio tecnologico (1979) e Duchamp messo a nudo. Dai ready made alla finanza creativa (2010). Ha avuto la sala personale alla Biennale di Venezia (1972, 1980 e 1993). Ha esposto presso Basel Kunsthalle (2010), Biennale di Gwangju in Korea (2010), Musée de L’Elysée, Lausanne (2010, Museo Mostyn in Wales(UK) (2013), Fondazione Morra Greco di Napoli (2014).
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