Naturecultures. Arte e Natura dall’Arte povera a oggi. Dalle Collezioni della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT al Castello di Rivoli
Dal 29 Aprile 2022 al 22 Settembre 2022
Torino
Luogo: OGR Torino
Indirizzo: Corso Castelfidardo 22
Orari: Giovedì e venerdì 12-20; Sabato e domenica 10-20
Curatori: Carolyn Christov-Bakargiev, Marcella Beccaria, Samuele Piazza
Costo del biglietto: Ingresso gratuito
Sito ufficiale: http://www.ogrtorino.it
Dal 29 aprile al 22 settembre 2022 OGR Torino in collaborazione con il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea presenta Naturecultures. Arte e Natura dall’Arte povera a oggi. Dalle Collezioni della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT al Castello di Rivoli, una mostra allestita al Binario 1 e 2 di OGR Torino.
L’esposizione è organizzata da OGR Torino e Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, con il contributo straordinario della Fondazione CRT e il supporto della Fondazione per l'Arte Moderna e Contemporanea CRT che, dal 2000, arricchisce e valorizza il patrimonio culturale e artistico del territorio in una dimensione internazionale.
La mostra presenta opere in prevalenza della collezione della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, acquisite tra il 2000 e il 2021 grazie alla Fondazione CRT: una sinergia che ha consentito a Torino e al Piemonte di costruire, in poco più di vent’anni, una delle più significative raccolte d’arte contemporanea al mondo a disposizione del pubblico. La collezione privata della leggendaria gallerista Margherita Stein, che si faceva chiamare “Christian” Stein, costituì il primo nucleo della raccolta nel 2000; l’ultima opera acquistata nel 2021 è Adjacent Possible di Agnieska Kurant, presente in mostra.
“Con Naturecultures OGR Torino e Fondazione CRT consolidano il proprio impegno nello sviluppo di progettualità inedite, capaci di rafforzare il legame con istituzioni d’eccellenza del territorio e di contribuire alla creazione di valore sociale”, dichiara Massimo Lapucci, CEO di OGR Torino e Segretario Generale diFondazione CRT. “A partire dall’esposizione di una selezione di opere realizzate dagli anni Sessanta a oggi, e acquisite negli ultimi vent’anni grazie alla Fondazione CRT, la mostra sottolinea la particolare attenzione a temi cardine della contemporaneità, in linea con i punti dell’Agenda 2030. Dal cambiamento climatico allo sviluppo sostenibile, al più ampio discorso sull’ecologia, attraverso la ricerca artistica creiamo opportunità di incontro e apriamo spazi di dialogo, con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico sempre più ampio e favorire consapevolezza e riflessione collettiva sulle sfide del presente”.
“Dai nodi del legno si vede da che parte l’albero svettava nel cielo, da che parte assorbiva la luce del sud, se nato in un bosco affollato, in un prato o ai bordi del bosco”, scrive Giuseppe Penone nel 1970, poco dopo avere iniziato nel 1969 a realizzare le sue opere più iconiche intagliando e scavando attorno ai nodi visibili nel legno di travi industriali per fare emergere il tronco e i rami dell’albero a una età più giovane. Con i suoi gesti, l’artista invertiva il processo di industrializzazione dei materiali, ritrovando forme ‘naturali’ (l’albero) al cuore di forme standardizzate (le travi). Contemporaneamente ad altri artisti internazionali attivi a partire dalla fine degli anni sessanta del secolo scorso, gli artisti dell’Arte povera, molti dei quali torinesi, indagavano la realtà dell’esperienza fisica e incanalavano nelle loro opere l’energia invisibile che scorre nel mondo. Usavano tecniche elementari e materiali comuni per superare la separazione tra natura e artificio e rendere percepibile una consapevolezza corporea del mondo sensibile. Con le loro opere, hanno anticipato l’ecologia contemporanea. Scettici riguardo all’accelerazione dello sviluppo economico, erano consapevoli della necessità di un nuovo equilibrio ambientale. Erano vitali, ottimisti, pacifisti e anarchici, e hanno trasformato la definizione stessa di arte attraverso l’incrocio libero tra pittura, scultura, performance, film e fotografia nella nozione più aperta dell’installazione percorribile dal pubblico.
Trent’anni più tardi, dalla fine degli anni novanta, il cambiamento climatico causato dallo sfruttamento delle risorse energetiche e il conseguente surriscaldamento del pianeta hanno cambiato il mondo. Gli artisti a livello globale sono diventati negli anni duemila documentaristi e attivisti, denunciando crimini sociali e ambientali. “La foresta sovrana tenta di riaprire la discussione e avviare una risposta creativa alla nostra comprensione del crimine, della politica, dei diritti umani e dell’ecologia”, scrive Amar Kanwar nel 2012 del suo progetto sulla devastazione di aree agricole e la scomparsa della biodiversità in India, presentato per la prima volta a dOCUMENTA(13) a Kassel. “La validità della poesia come prova in un processo, il discorso sul vedere, sulla comprensione, sulla compassione, sulle questioni della giustizia, della sovranità e della determinazione di sé, si fondono in una costellazione di immagini fisse e in movimento, testi, libri, opuscoli, album, musica, oggetti, semi, eventi e processi”.
Tra i capolavori in mostra figurano la Venere degli stracci, 1967, di Michelangelo Pistoletto opera cult della counterculture negli anni Sessanta che ha anticipato le tematiche del riciclo dei materiali, e l’Albero di 11 metri, 1969–89, di Giuseppe Penone, che rivela la forma dell’albero da una trave industriale scolpendo attorno ai nodi, fino a The Sovereign Forest, 2012, di Amar Kanwar, che denuncia forme di ingiustizia climatica e sociale, e a un nuovo alfabeto generato da un algoritmo in Adjacent Possible, 2021, di Agnieszka Kurant, creato con pigmenti batterici.
“In tempi ancora più recenti, nella seconda decade del nuovo secolo”, afferma Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, “la vita quotidiana digitale ci ha allontanati dall’esperienza della continuità tra natura e cultura, portandoci verso un’esperienza in cui, forse per la prima volta dall’Illuminismo, il corpo (la natura) e la mente (l’algoritmo, il digitale) sono erroneamente percepiti come separati. In questa prospettiva, la natura diventa tematizzata dai giovani nativi digitali – un paradiso dal quale siamo stati inesorabilmente cacciati e verso il quale ci sentiamo colpevoli per averlo tradito. Ma la malinconia rispetto alla catastrofe ecologica viene contemporaneamente trasformata dagli artisti dei nostri giorni in una nuova alleanza naturecultures, termine coniato dalla studiosa Donna Haraway, in cui l’algoritmo potrebbe essere utilizzato non solo dalla statistica predittiva del consumismo contemporaneo, ma anche per trovare nuovi mondi e sinergie possibili che uniscano biologico e numerico, come nelle opere Adjacent Possible di Agnieszka Kurant, esposte per la prima volta al Castello di Rivoli nel 2021”.
“Naturecultures rappresenta la prima importante tappa di un percorso di ulteriore valorizzazione e condivisione della Collezione CRT, che conta oggi 900 importanti opere realizzate da 300 artisti, per un valore investito di oltre 40 milioni di euro. Grazie alla sinergia tra i Musei e la Fondazione, Torino e il Piemonte hanno potuto costruire in poco più di vent’anni una delle più significative raccolte d’arte contemporanea al mondo, condivisa pubblicamente”, dichiara Anna Ferrino, Presidente della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. “Nata da una visione di moderno mecenatismo, in comodato al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e alla Galleria civica d’Arte Moderna di Torino è un’eccellenza per il suo valore qualitativo, economico e per il suo ruolo di supporto ai progetti curatoriali di queste prestigiose istituzioni. La scelta delle opere selezionate dai curatori per questa mostra ben rappresenta l’identità della Collezione, dal nucleo di Arte Povera della collezione Stein – prima acquisizione della Fondazione – al lavoro di Amar Kanwar che viene esposto per la prima volta in Italia, sino alla recente Adjacent Possible di Agnieszka Kurant testimoniano un patrimonio in continua evoluzione che vive e si rinnova nel tempo”.
Da maggio a settembre un ricco programma di eventi collaterali curati dal Castello di Rivoli, in collaborazione con la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, consentirà al pubblico di approfondire le tematiche della mostra: il rapporto arte/ecologia, la biodiversità, la nascita dell’Arte Povera, le nuove frontiere del collezionismo. Previste, in particolare, visite guidate con i curatori della rassegna, talks, escursioni al di fuori dei confini fisici di OGR insieme ai maggiori interpreti dell’Arte Povera, e il convegno internazionale “Climate PTSD” con esperti da tutto il mondo che si confronteranno sugli effetti post traumatici dei cambiamenti climatici.
Opere di Mario Merz (Milano, 1925–2003), Marisa Merz (Torino, 1926–2019), Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), Giovanni Anselmo (Borgofranco d’Ivrea, Torino, 1934), Jannis Kounellis (Piraeus, 1936 – Roma, 2017), Piero Gilardi (Torino, 1942), Pier Paolo Calzolari(Bologna, 1943), Gilberto Zorio (Andorno Micca, Vercelli, 1944), Richard Long (Bristol, 1945), Giuseppe Penone (Garessio, Cuneo, 1947), Amar Kanwar (New Delhi, 1964), Agnieszka Kurant (Łódź, 1978)
L’esposizione è organizzata da OGR Torino e Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, con il contributo straordinario della Fondazione CRT e il supporto della Fondazione per l'Arte Moderna e Contemporanea CRT che, dal 2000, arricchisce e valorizza il patrimonio culturale e artistico del territorio in una dimensione internazionale.
La mostra presenta opere in prevalenza della collezione della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, acquisite tra il 2000 e il 2021 grazie alla Fondazione CRT: una sinergia che ha consentito a Torino e al Piemonte di costruire, in poco più di vent’anni, una delle più significative raccolte d’arte contemporanea al mondo a disposizione del pubblico. La collezione privata della leggendaria gallerista Margherita Stein, che si faceva chiamare “Christian” Stein, costituì il primo nucleo della raccolta nel 2000; l’ultima opera acquistata nel 2021 è Adjacent Possible di Agnieska Kurant, presente in mostra.
“Con Naturecultures OGR Torino e Fondazione CRT consolidano il proprio impegno nello sviluppo di progettualità inedite, capaci di rafforzare il legame con istituzioni d’eccellenza del territorio e di contribuire alla creazione di valore sociale”, dichiara Massimo Lapucci, CEO di OGR Torino e Segretario Generale diFondazione CRT. “A partire dall’esposizione di una selezione di opere realizzate dagli anni Sessanta a oggi, e acquisite negli ultimi vent’anni grazie alla Fondazione CRT, la mostra sottolinea la particolare attenzione a temi cardine della contemporaneità, in linea con i punti dell’Agenda 2030. Dal cambiamento climatico allo sviluppo sostenibile, al più ampio discorso sull’ecologia, attraverso la ricerca artistica creiamo opportunità di incontro e apriamo spazi di dialogo, con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico sempre più ampio e favorire consapevolezza e riflessione collettiva sulle sfide del presente”.
“Dai nodi del legno si vede da che parte l’albero svettava nel cielo, da che parte assorbiva la luce del sud, se nato in un bosco affollato, in un prato o ai bordi del bosco”, scrive Giuseppe Penone nel 1970, poco dopo avere iniziato nel 1969 a realizzare le sue opere più iconiche intagliando e scavando attorno ai nodi visibili nel legno di travi industriali per fare emergere il tronco e i rami dell’albero a una età più giovane. Con i suoi gesti, l’artista invertiva il processo di industrializzazione dei materiali, ritrovando forme ‘naturali’ (l’albero) al cuore di forme standardizzate (le travi). Contemporaneamente ad altri artisti internazionali attivi a partire dalla fine degli anni sessanta del secolo scorso, gli artisti dell’Arte povera, molti dei quali torinesi, indagavano la realtà dell’esperienza fisica e incanalavano nelle loro opere l’energia invisibile che scorre nel mondo. Usavano tecniche elementari e materiali comuni per superare la separazione tra natura e artificio e rendere percepibile una consapevolezza corporea del mondo sensibile. Con le loro opere, hanno anticipato l’ecologia contemporanea. Scettici riguardo all’accelerazione dello sviluppo economico, erano consapevoli della necessità di un nuovo equilibrio ambientale. Erano vitali, ottimisti, pacifisti e anarchici, e hanno trasformato la definizione stessa di arte attraverso l’incrocio libero tra pittura, scultura, performance, film e fotografia nella nozione più aperta dell’installazione percorribile dal pubblico.
Trent’anni più tardi, dalla fine degli anni novanta, il cambiamento climatico causato dallo sfruttamento delle risorse energetiche e il conseguente surriscaldamento del pianeta hanno cambiato il mondo. Gli artisti a livello globale sono diventati negli anni duemila documentaristi e attivisti, denunciando crimini sociali e ambientali. “La foresta sovrana tenta di riaprire la discussione e avviare una risposta creativa alla nostra comprensione del crimine, della politica, dei diritti umani e dell’ecologia”, scrive Amar Kanwar nel 2012 del suo progetto sulla devastazione di aree agricole e la scomparsa della biodiversità in India, presentato per la prima volta a dOCUMENTA(13) a Kassel. “La validità della poesia come prova in un processo, il discorso sul vedere, sulla comprensione, sulla compassione, sulle questioni della giustizia, della sovranità e della determinazione di sé, si fondono in una costellazione di immagini fisse e in movimento, testi, libri, opuscoli, album, musica, oggetti, semi, eventi e processi”.
Tra i capolavori in mostra figurano la Venere degli stracci, 1967, di Michelangelo Pistoletto opera cult della counterculture negli anni Sessanta che ha anticipato le tematiche del riciclo dei materiali, e l’Albero di 11 metri, 1969–89, di Giuseppe Penone, che rivela la forma dell’albero da una trave industriale scolpendo attorno ai nodi, fino a The Sovereign Forest, 2012, di Amar Kanwar, che denuncia forme di ingiustizia climatica e sociale, e a un nuovo alfabeto generato da un algoritmo in Adjacent Possible, 2021, di Agnieszka Kurant, creato con pigmenti batterici.
“In tempi ancora più recenti, nella seconda decade del nuovo secolo”, afferma Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, “la vita quotidiana digitale ci ha allontanati dall’esperienza della continuità tra natura e cultura, portandoci verso un’esperienza in cui, forse per la prima volta dall’Illuminismo, il corpo (la natura) e la mente (l’algoritmo, il digitale) sono erroneamente percepiti come separati. In questa prospettiva, la natura diventa tematizzata dai giovani nativi digitali – un paradiso dal quale siamo stati inesorabilmente cacciati e verso il quale ci sentiamo colpevoli per averlo tradito. Ma la malinconia rispetto alla catastrofe ecologica viene contemporaneamente trasformata dagli artisti dei nostri giorni in una nuova alleanza naturecultures, termine coniato dalla studiosa Donna Haraway, in cui l’algoritmo potrebbe essere utilizzato non solo dalla statistica predittiva del consumismo contemporaneo, ma anche per trovare nuovi mondi e sinergie possibili che uniscano biologico e numerico, come nelle opere Adjacent Possible di Agnieszka Kurant, esposte per la prima volta al Castello di Rivoli nel 2021”.
“Naturecultures rappresenta la prima importante tappa di un percorso di ulteriore valorizzazione e condivisione della Collezione CRT, che conta oggi 900 importanti opere realizzate da 300 artisti, per un valore investito di oltre 40 milioni di euro. Grazie alla sinergia tra i Musei e la Fondazione, Torino e il Piemonte hanno potuto costruire in poco più di vent’anni una delle più significative raccolte d’arte contemporanea al mondo, condivisa pubblicamente”, dichiara Anna Ferrino, Presidente della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT. “Nata da una visione di moderno mecenatismo, in comodato al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e alla Galleria civica d’Arte Moderna di Torino è un’eccellenza per il suo valore qualitativo, economico e per il suo ruolo di supporto ai progetti curatoriali di queste prestigiose istituzioni. La scelta delle opere selezionate dai curatori per questa mostra ben rappresenta l’identità della Collezione, dal nucleo di Arte Povera della collezione Stein – prima acquisizione della Fondazione – al lavoro di Amar Kanwar che viene esposto per la prima volta in Italia, sino alla recente Adjacent Possible di Agnieszka Kurant testimoniano un patrimonio in continua evoluzione che vive e si rinnova nel tempo”.
Da maggio a settembre un ricco programma di eventi collaterali curati dal Castello di Rivoli, in collaborazione con la Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, consentirà al pubblico di approfondire le tematiche della mostra: il rapporto arte/ecologia, la biodiversità, la nascita dell’Arte Povera, le nuove frontiere del collezionismo. Previste, in particolare, visite guidate con i curatori della rassegna, talks, escursioni al di fuori dei confini fisici di OGR insieme ai maggiori interpreti dell’Arte Povera, e il convegno internazionale “Climate PTSD” con esperti da tutto il mondo che si confronteranno sugli effetti post traumatici dei cambiamenti climatici.
Opere di Mario Merz (Milano, 1925–2003), Marisa Merz (Torino, 1926–2019), Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), Giovanni Anselmo (Borgofranco d’Ivrea, Torino, 1934), Jannis Kounellis (Piraeus, 1936 – Roma, 2017), Piero Gilardi (Torino, 1942), Pier Paolo Calzolari(Bologna, 1943), Gilberto Zorio (Andorno Micca, Vercelli, 1944), Richard Long (Bristol, 1945), Giuseppe Penone (Garessio, Cuneo, 1947), Amar Kanwar (New Delhi, 1964), Agnieszka Kurant (Łódź, 1978)
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