Alessandro Angeletti. fabulae
![Alessandro Angeletti. fabulae, Medina Art Gallery, Roma Alessandro Angeletti. fabulae, Medina Art Gallery, Roma](http://www.arte.it/foto/600x450/91/135233-locandina_angeletti-1365x2048.jpg)
Alessandro Angeletti. fabulae, Medina Art Gallery, Roma
Dal 09 Dicembre 2022 al 15 Dicembre 2022
Roma
Luogo: Medina Art Gallery
Indirizzo: Via Merulana 220
Telefono per informazioni: +39 06 960 30 764
E-Mail info: info@medinaroma.com
Sito ufficiale: http://www.medinaroma.com
Tra fiaba e cromatismi
Espressionisti sono i colori di Angeletti. Forti, accesi, vividi. Nel solco dei fauve, dei folli artisti vicini a Matisse, ma con lo sguardo verso la pop art, quell’universo onirico del secondo ‘900, fatto di sperimentazioni, simboli e cromatismi fantasmagorici.
Non c’è modo migliore di parlare di fiabe in quest’ora, quando, superato il primo ventennio del XXI secolo, tutto ha assunto le tinte del grigio e della nevrosi, della corsa sfrenata verso l’effimero, che non si sazia mai, bensì fagocita individui e allegria. Tornare alla favola è come mettere la prima tessera di un nuovo puzzle, in qualche modo ricominciare dalla semplicità nel gioco della vita, ribadendo concetti essenziali dell’esistenza con le parole speciali che solo l’infanzia sa donare. E questa alternanza di incanto e morale, di cui i racconti sono pregni, non può che essere espressa da cromatismi visionari, che aiutano gli adulti a ripescare nel proprio inconscio le parti bambine di cui siamo fatti, anche se cresciuti in corpi che poco somigliano alle festose istantanee del passato.
Gli animali dipinti da Angeletti hanno tratti antropomorfi. Perfetti dunque sono per rappresentare quelle sfumature selvagge dei temperamenti umani, quelle che esistono in ciascuno di noi, sopite o risvegliate dalle vicende dell’esistenza. Le sue tavole così si trasformano in illustrazioni non solo delle fiabe, ma dei caratteri, delle espressioni e delle movenze che spesso acquisiamo nella vita, quando ci dimentichiamo di guardare al di là del nostro naso e, anche noi, come l’universo intorno, diventiamo grigi e senza anima. Qui interviene il colore, quasi a risvegliarci, trasformando l’immagine in qualcosa di così vitale che non può non scuoterci, in un fremito che spinge a ricordarci di sorridere, perché si, le difficoltà esistono, ma anche i lieto fine.
Parole, colori, elementi figurativi che si miscelano in sfondi fatti di campiture allungate, circolari, nelle quali scorgere simboli e linguaggi primitivi, un palinsesto artistico mai banale, questa la cifra stilistica di Angeletti. Dove l’antico riemerge nel contemporaneo, come l’infanzia nei nostri volti di adulti, quando ci concediamo di credere alle favole.
Testo su Alessandro Angeletti di Caterina Brazzi
Non c’è modo migliore di parlare di fiabe in quest’ora, quando, superato il primo ventennio del XXI secolo, tutto ha assunto le tinte del grigio e della nevrosi, della corsa sfrenata verso l’effimero, che non si sazia mai, bensì fagocita individui e allegria. Tornare alla favola è come mettere la prima tessera di un nuovo puzzle, in qualche modo ricominciare dalla semplicità nel gioco della vita, ribadendo concetti essenziali dell’esistenza con le parole speciali che solo l’infanzia sa donare. E questa alternanza di incanto e morale, di cui i racconti sono pregni, non può che essere espressa da cromatismi visionari, che aiutano gli adulti a ripescare nel proprio inconscio le parti bambine di cui siamo fatti, anche se cresciuti in corpi che poco somigliano alle festose istantanee del passato.
Gli animali dipinti da Angeletti hanno tratti antropomorfi. Perfetti dunque sono per rappresentare quelle sfumature selvagge dei temperamenti umani, quelle che esistono in ciascuno di noi, sopite o risvegliate dalle vicende dell’esistenza. Le sue tavole così si trasformano in illustrazioni non solo delle fiabe, ma dei caratteri, delle espressioni e delle movenze che spesso acquisiamo nella vita, quando ci dimentichiamo di guardare al di là del nostro naso e, anche noi, come l’universo intorno, diventiamo grigi e senza anima. Qui interviene il colore, quasi a risvegliarci, trasformando l’immagine in qualcosa di così vitale che non può non scuoterci, in un fremito che spinge a ricordarci di sorridere, perché si, le difficoltà esistono, ma anche i lieto fine.
Parole, colori, elementi figurativi che si miscelano in sfondi fatti di campiture allungate, circolari, nelle quali scorgere simboli e linguaggi primitivi, un palinsesto artistico mai banale, questa la cifra stilistica di Angeletti. Dove l’antico riemerge nel contemporaneo, come l’infanzia nei nostri volti di adulti, quando ci concediamo di credere alle favole.
Testo su Alessandro Angeletti di Caterina Brazzi
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