Superstudio/Backstage 1966-1978
Dal 28 Aprile 2013 al 26 Maggio 2013
Pesaro | Pesaro e Urbino
Luogo: Centro Arti Visive Pescheria
Indirizzo: corso XI settembre 184
Orari: da martedì a venerdì 16.30-20.30; sabato, domenica e festivi 10-12.30/ 16.30-20.30
Curatori: Cristiano Toraldo di Francia, Mariadele Conti
Enti promotori:
- Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Pesaro e Urbino
- AIS
- ADI
- ADI Marche
Costo del biglietto: intero € 4, ridotto € 2
Telefono per informazioni: +39 0721 387651/ 366 3407733
E-Mail info: centroartivisive@comune.pesaro.pu.it
Sito ufficiale: http://www.centroartivisivepescheria.it
Il titolo della Mostra fa riferimento alle 70 stampe digitali tratte dall’Archivio fotografico di Cristiano Toraldo di Francia, che integrano e completano il percorso delle opere esposte. Le immagini documentano la vita e l’attività di Superstudio, un gruppo di architetti neolaureati fondato nel dicembre 1966 da Adolfo Natalini e Cristiano Toraldo di Francia, cui si aggiungeranno Piero Frassinelli, Alessandro e Roberto Magris e Alessandro Poli. Il gruppo ha operato dal 1966 al 1978 nella continua ricerca di allargare i confini dell’Architettura per includere altre pratiche artistiche, intendendo il progetto non solo come opera tesa alla risoluzione di problemi, ma come strumento di investigazione e conoscenza.
Le opere esposte rappresentano un estratto della mostra a cura di Peter Lang e Bill Mankin dal titolo “Superstudio: a world without objects” che è stata allestita per il Design Museum a Londra nel 2003, che è stata poi esposta a New York contemporaneamente in tre diverse gallerie: Pratt Manhattan Gallery, Artist’s Space, Storefront for Art and Architecture, e successivamente al Pasadena Art Center a Los Angeles, in Olanda al Zeewus Museum ed in forma ridotta al Beaubourg a Parigi e al MAXXI di Roma.
Nella seconda metà degli anni 60 dello scorso secolo si assiste a una serie di sperimentazioni (che oltre a Superstudio vedranno in campo Archizoom, UFO, 9999, Ugo La Pietra, etc.), cui sarà dato nel 1973 il nome di “Architettura radicale”, che hanno avuto il merito di traghettare il pensiero dell’architettura dalla seconda alla terza modernità. Questo è stato possibile attraverso la rilettura del Movimento Moderno, che rappresentava la visione della città della seconda modernità rispetto alla prima caratterizzata dall’architettura dell’Illuminismo e delle Utopie socialiste. Il MM vedeva nell’industria il sistema in grado di comporre i conflitti e la lotta di classe, con l’assumere la Fabbrica a modello per una società pacificata, che utilizzava oggetti definitivi , in case existenz minimum, all’interno di una città razionalmente organizzata in zone separate, come una catena di montaggio.
Superstudio, accettando realisticamente la logica del sistema, e la complessità come valore, si pone all’interno di questo per portare al limite e smascherare quell’unità del disegno del MM, che dal piano faceva discendere l’architettura e da questa gli oggetti. Portando avanti la convinzione che la città non fosse più un luogo, ma una condizione e che questa veniva trasmessa attraverso la merce, apparve opportuno partire con azioni sul mondo degli oggetti. Il progetto di questi, rifiutando la logica funzionalista, si caricava di invenzioni formali e simboliche con l’intento di sconvolgere i panorami domestici e innescare processi di riappropriazione critica e creativa.
L’architettura diventa quindi, non esclusivamente attività di problem solving, ma come strumento critico e di conoscenza, attraverso il progetto e le Utopie negative ( Monumento Continuo, Supersuperficie ) si smascherava la contraddizione del sistema, che chiedeva alla classe intellettuale, attraverso la creazione di sempre nuovi modelli, di smentire la definitiva razionalità degli oggetti, per alimentare invece il desiderio di continuo rinnovato consumo: al modello di società organizzata come una fabbrica si andava sostituendo il più appropriato modello del Supermarket.
Infine con il progetto presentato al MOMA nel 1972 dal titolo “Supersuperficie”, sempre attraverso lo spingere al limite le tendenze in atto, si attestava il passaggio dell’architettura e degli oggetti alla terza modernità, in una città, che, abbandonata la sua struttura figurativa, si avviava a identificarsi con la condizione metropolitana diffusa, coincidente con le reti di distribuzione dell’informazione e dell’accesso al consumo.
La figura umana, passato il modello leonardesco di immagine simmetrica divina iscritta nella figura del quadrato e del cerchio, esaurito il modello razionalista di corpo macchina produttiva, predisposto a determinati movimenti limitati nello spazio, si identificava allora con un nuovo modello di individuo i cui sensi si andavano estendendo nello spazio e nel tempo, per intrecciare interconnessioni con altri individui e usufruire di un sistema di informazioni, che si avviava a coincidere con la superficie cosciente dell’intero pianeta, ridotto ad una estesa comune corteccia cerebrale.
Mariadele Conti, referente per le mostre di design organizzate da Pescheria, sottolinea quanto “Superstudio è stata una delle punte più avanzate di un progetto che presentava un nuovo pensiero sociale e una forte spinta di rinnovamento culturale, che conteneva posizioni e orientamenti anche molto diversi e non privi di contraddizioni, ma che ha avuto imprevedibili risonanze internazionali e che ancora oggi, rappresenta una sfida forse non irripetibile, per il cambiamento”.
Il Loggiato e la ex-chiesa del Suffragio espongono fotografie, disegni originali, fotomontaggi, litografie, manifesti, pubblicazioni.
Numerosi oggetti di design riportano il visitatore nella dimensione dei Superstudio, dai Tavoli “Quaderna” al divano Bazaar di Giovannetti (presenti nelle collezioni del Centre Georges Pompidou-Beaubourg), agli Istogrammi, a lampade quali “Gherpe” e “Passiflora” (MOMA e Beaubourg).
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