Shozo Shimamoto. Grandi opere
Dal 19 Settembre 2021 al 01 Maggio 2022
Foligno | Perugia
Luogo: Centro Italiano Arte Contemporanea
Indirizzo: Via del Campanile 13
Curatori: Italo Tomassoni
Prolungata: fino al 1° maggio 2022
Un colore senza materia non esiste. Se in procinto di creare non si getta via il pennello, non c’è speranza di emancipare le tinte. Senza pennello le sostanze coloranti prenderanno vita per la prima volta. Al posto del pennello si potrebbe usare con profitto qualsivoglia strumento. Per iniziare, le nude mani o la spatola da pittura. E poi ci sono gli oggetti adoperati dai membri del gruppo Gutai: annaffiatoi, ombrelli, vibratori, pallottolieri, pattini, giocattoli. E poi ancora i piedi, o le armi da fuoco, o altro. E in tutto ciò potrebbe anche ricomparire il pennello, perché non vi è dubbio che in simili elaborazioni innovatrici qualcosa del passato torna in essere.
Shozo Shimamoto | Bollettino «Gutai», n.6 Ōsaka, 1957
A metà degli anni Cinquanta, l’artista giapponese Shozo Shimamoto [Osaka, 22 gennaio 1928 – 25 gennaio 2013], nella piccola città di Ashiya (Hyogo), inizia la sua avventura con un lavoro creativo realizzato in pubblico: un giardino dove lui e altri artisti realizzano opere, frutto di un'attività performativa nella quale il fare l'opera è sincronico al contemplare del pubblico, con tutte le interferenze di un evento in diretta. Allontanandosi dalla tradizione surrealista e dagli stimoli di Duchamp, il gruppo di artisti Gutai si afferma, gridando in nome di una nuova creatività che cede all’impulso.
Un’ampia retrospettiva sull’artista giapponese, a cura di Italo Tomassoni, si inaugura il 18 settembre alle ore 18 a Foligno al Centro Italiano Arte Contemporanea, dove resterà fino al 9 gennaio 2022. “SHOZO SHIMAMOTO / LE GRANDI OPERE” è un progetto della Fondazione Morra di Napoli, voluto e interamente sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno, con il supporto tecnico, logistico e organizzativo dell’Associazione Shozo Shimamoto.
Uno sguardo attento e completo sul percorso del maestro giapponese, dalle prime innovative sperimentazioni degli anni ’50, fino alle performance degli ultimi anni. Se, infatti, gli anni ‘50 di Shimamoto sono tutti in Oriente, perché hanno luogo in Giappone, gli anni Duemila sono in gran parte in Occidente, perché è proprio qui che l’artista realizza alcune delle sue più importanti performance. La dialettica tra questi due momenti storici racconta di un singolare, importante ed unico processo artistico.
Negli anni ‘50 Shimamoto inizia a lavorare come pittore e, proprio in nome di un nuovo modo di concepire e praticare la pittura, inizia a dedicarsi all’azione, che si trasforma progressivamente in happening. Viceversa, i grandi eventi italiani degli ultimi anni rivelano un percorso inverso: c’è una grande costruzione scenica con una sua autonomia spettacolare, che si riflette dentro la realizzazione di opere che di quel momento rappresentativo pubblico, sono il risultato. “Il tentativo è quello di allargare il più possibile lo spazio estetico del gesto, inglobare la terra ed il cielo. (…) In definitiva, Shimamoto è un nomade samurai dell'arte che riesce ad andare a bersaglio, assistito dal caso intelligente di un processo creativo che vuole bucare l'inerzia del mondo e dare energia alla comunità degli uomini”, scrive Achille Bonito Oliva.
Sono in mostra al Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno lavori di grande importanza storica, dalle prime opere con il gruppo Gutai alle esplosioni di colore dei lavori realizzati in Italia. La retrospettiva su Shozo Shimamoto intende evidenziare la grandezza della superficie pittorica su cui l’artista ha sempre agito, rendendo la dimensione dell’opera elemento che non ne costituisce la totale pienezza, ma confine da superare, a favore di una sempre più ampia visione della dirompente materialità. Tele che misurano dai quattro ai dieci metri coinvolgeranno lo spettatore in un percorso che dal colore si addentra al più profondo significato che sprigiona l’opera d’arte in un processo di creazione che va al di là di uno spazio definito. Perché è da sempre che nell’opera del Maestro giapponese la dimensione è considerata un punto di vista altro, l’opera si compone ad una distanza tale che tra cielo e terra il suo gesto artistico trova una connessione che va oltre il tempo e lo spazio.
Shozo Shimamoto | Bollettino «Gutai», n.6 Ōsaka, 1957
A metà degli anni Cinquanta, l’artista giapponese Shozo Shimamoto [Osaka, 22 gennaio 1928 – 25 gennaio 2013], nella piccola città di Ashiya (Hyogo), inizia la sua avventura con un lavoro creativo realizzato in pubblico: un giardino dove lui e altri artisti realizzano opere, frutto di un'attività performativa nella quale il fare l'opera è sincronico al contemplare del pubblico, con tutte le interferenze di un evento in diretta. Allontanandosi dalla tradizione surrealista e dagli stimoli di Duchamp, il gruppo di artisti Gutai si afferma, gridando in nome di una nuova creatività che cede all’impulso.
Un’ampia retrospettiva sull’artista giapponese, a cura di Italo Tomassoni, si inaugura il 18 settembre alle ore 18 a Foligno al Centro Italiano Arte Contemporanea, dove resterà fino al 9 gennaio 2022. “SHOZO SHIMAMOTO / LE GRANDI OPERE” è un progetto della Fondazione Morra di Napoli, voluto e interamente sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno, con il supporto tecnico, logistico e organizzativo dell’Associazione Shozo Shimamoto.
Uno sguardo attento e completo sul percorso del maestro giapponese, dalle prime innovative sperimentazioni degli anni ’50, fino alle performance degli ultimi anni. Se, infatti, gli anni ‘50 di Shimamoto sono tutti in Oriente, perché hanno luogo in Giappone, gli anni Duemila sono in gran parte in Occidente, perché è proprio qui che l’artista realizza alcune delle sue più importanti performance. La dialettica tra questi due momenti storici racconta di un singolare, importante ed unico processo artistico.
Negli anni ‘50 Shimamoto inizia a lavorare come pittore e, proprio in nome di un nuovo modo di concepire e praticare la pittura, inizia a dedicarsi all’azione, che si trasforma progressivamente in happening. Viceversa, i grandi eventi italiani degli ultimi anni rivelano un percorso inverso: c’è una grande costruzione scenica con una sua autonomia spettacolare, che si riflette dentro la realizzazione di opere che di quel momento rappresentativo pubblico, sono il risultato. “Il tentativo è quello di allargare il più possibile lo spazio estetico del gesto, inglobare la terra ed il cielo. (…) In definitiva, Shimamoto è un nomade samurai dell'arte che riesce ad andare a bersaglio, assistito dal caso intelligente di un processo creativo che vuole bucare l'inerzia del mondo e dare energia alla comunità degli uomini”, scrive Achille Bonito Oliva.
Sono in mostra al Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno lavori di grande importanza storica, dalle prime opere con il gruppo Gutai alle esplosioni di colore dei lavori realizzati in Italia. La retrospettiva su Shozo Shimamoto intende evidenziare la grandezza della superficie pittorica su cui l’artista ha sempre agito, rendendo la dimensione dell’opera elemento che non ne costituisce la totale pienezza, ma confine da superare, a favore di una sempre più ampia visione della dirompente materialità. Tele che misurano dai quattro ai dieci metri coinvolgeranno lo spettatore in un percorso che dal colore si addentra al più profondo significato che sprigiona l’opera d’arte in un processo di creazione che va al di là di uno spazio definito. Perché è da sempre che nell’opera del Maestro giapponese la dimensione è considerata un punto di vista altro, l’opera si compone ad una distanza tale che tra cielo e terra il suo gesto artistico trova una connessione che va oltre il tempo e lo spazio.
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