Maurizio Ruggiano. Autoterapia
Dal 29 Giugno 2021 al 25 Luglio 2021
Palermo
Luogo: Museo regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo
Indirizzo: Via Vittorio Emanuele 365
Orari: da martedì a sabato 9.00 – 18.30; domenica 9.00 – 13.00; lunedì chiuso, eccetto i festivi. La biglietteria chiude trenta minuti prima
Curatori: Alba Romano Pace
Enti promotori:
- Regione Siciliana
Telefono per informazioni: + 39 091 587717
E-Mail info: museo.arte.riso@regione.sicilia.it
Sito ufficiale: http://www.museoartecontemporanea.it
Martedì 29 giugno alle ore 18.00 al Museo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo – Museo Riso, si inaugura la mostra “AUTOTERAPIA” dedicata all’opera dell’artista Maurizio Ruggiano.
Dopo aver esposto in diverse città d’Italia e all’estero, l’artista e video-maker Maurizio Ruggiano presenta una grande esposizione con le creazioni degli ultimi anni. La mostra curata da Alba Romano Pace e allestita nelle sale di Palazzo Belmonte Riso, mette insieme quadri, istallazioni e video in un percorso autobiografico che parte dal vissuto dell’artista per estendersi a tutta un’umanità silente che, ancor più in questo periodo, ricorda la fragilità della vita e la forza intima del reagire agli eventi. Le opere conducono lo spettatore in un viaggio nell’universo interiore di Maurizio Ruggiano che dipinge e crea con quegli scarti abbandonati alla deriva del quotidiano. Animali di pezza, peluche, preghiere di carta, tappi di cera, oggetti trovati per strada come rovine di un universo infantile quanto adulto, dilaniato dall’oblio e dal dolore dell’esistenza, ma da questi anche rafforzato e rinvenuto a nuova vita grazie al gesto dell’artista.
«Ruggiano salva questi sopravvissuti come salverebbe ogni essere ferito dall’esperienza di un trauma – scrive la curatrice Alba Romano Pace -; la sua arte diventa così un rituale sciamanico dove sulla tela traccia righe fluorescenti su cui immola sorridenti pupazzi, dilaniati e attentamente ricuciti affinché all’esperienza del dolore segua la ricostruzione. In un momento storico dove isolamento, distanziamento, sociopatia, attentano quotidianamente alla stabilità della psiche. La mostra Autoterapia è un’esortazione alla resilienza che in fondo abita tutti noi, come individui e come collettività».
«Il dolore è quell’elemento di disagio, di difficoltà interiore, di stasi, che ci induce alla riflessione, ci costringe a conoscere e superare i nostri limiti. Ciò che nasce dal dolore – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà – è il prodotto di una distillazione dell’anima che assume un linguaggio universalmente riconoscibile e comprensibile. » Una mostra come Autoterapia diventa un augurio di rinascita ma anche di memoria e di speranza nella capacità di trasformarsi per andare oltre. Due nuovi progetti sono presentati per la prima volta nelle sale del Museo Riso:
Preghiere, collage di strisce di preghiere di carta, lanciate nell’aria durante le processioni e poi abbandonate sui marciapiedi dalla gente distratta e ancora Acufeni, tratto dalla storia intima dell’artista il cui udito è ferito indelebilmente dai rumori esterni, segno di quella sensibilità dell’artista che scaturisce nella creazione: «Le mie opere – evidenzia Maurizio Ruggiano – nascono da un disagio interiore; sono l’indice di un’estrema sensibilità emotiva che limita la comunicazione. Attraverso le mie opere riesco a vedermi dall’esterno dando un valore diverso al mio modo di essere con gli altri».
E per Luigi Biondo, direttore del Museo Riso «Riaprire le sale espositive del Museo Riso, dopo l’emergenza sanitaria da Covid-19, con una mostra che ci induce a riflettere sulla condizione esistenziale e su come l’arte possa aiutarci a superare i traumi e le difficoltà che la vita ci pone davanti, anche dalla più tenera infanzia è un segno di fiducia e di speranza nel futuro».
La tribù dei resilienti
Occhi e sorriso cuciti sul volto, nasi a punta, baffi di nylon, corpi soffici con fattezze fantastiche, di pura invenzione. Orsetti gialli, elefanti blu, cagnolini rosa, topolini arancioni, un bestiario antropomorfo di presenze che si animano attraverso gli occhi del bambino con il quale condividono segreti, sonno ed emozioni, per poi svanire inesorabilmente nell’evolversi del tempo. Una tribù di condannati all’abbandono, al buio o alla distruzione. (…) Una collettività di eroi di pezza che si raduna intorno all’artista, giunta a lui secondo le ancestrali leggi della casualità, diviene un’estensione del sé e nel pensiero animista che sottintende la l’opera di Maurizio Ruggiano divengono simboli, emblemi della sua sofferenza. Le sue opere sono composte solo con peluche rigorosamente trovati, raccolti dalla strada, dimenticati sull’asfalto e riscattati dall’artista che li elegge complici silenti di una gioia negata come di una redenzione inattesa e per questo magica. Solitaria, questa redenzione ha bisogno del pubblico, la società, per concretizzarsi. (…)
Maurizio Ruggiano, non senza una forma di sadismo infantile, lacera i suoi peluche, che vengono sdruciti o sezionati per mostrare il loro corpo soffice, ancora informe, in metamorfosi. Esempi di redenzione questi allegri personaggi sono incarnazione del sacrificio e vengono presentati dall’artista in una visione frontale, crocifissi su un’impalcatura di righe fluorescenti che si impongono con la loro linearità come il principio di realtà, il pensiero logico-analitico che necessita di ordinare il caos della psiche. Un conflitto perenne tra due tempi, quello perduto eppur sempre vibrante nel dolore dell’infanzia negata e quello necessario, del passaggio all’età adulta, l’uno rimanda all’altro, violentemente. (…) Della tribù dei resilienti l’artista è lo sciamano e nei suoi rituali l’arte diviene l’antidoto, l’autoterapia, quello spazio transizionale tra oggettivo e soggettivo, di cui il peluche in psicologia è l’oggetto determinante, uno spazio dove ancora vibra l’innocenza del pensiero infantile e dove innumerevoli adulti-bambini come i loro amati soldati di pezza sono prigionieri o, direbbe Dubuffet “ostaggi”, di un tempo non circolare ma insopportabilmente lineare, a tratti spezzato, ricucito come una cicatrice e difficilmente ricomposto. Esseri che, come i giocattoli di Maurizio Ruggiano, si oppongono alla disfatta ed anche se feriti, si riscattano ripartendo dalla loro storia per tramutarla alchemicamente in arte. Le opere di Maurizio Ruggiano divengono i lussuosi arazzi di un regno incantato e sono gli stendardi e le armi di una magica sagra di combattenti trafitti, cavalieri di pezza colorata che si risollevano e, sdoppiati o lacerati, scuciti e sezionati, dal loro stesso dolore attingono l’energia per vincere raccontandosi ed « ogni racconto è un’iniziativa di liberazione » (Boris Cyrulnik).
Alba Romano Pace
Maurizio Ruggiano (Palermo, 1966) ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Palermo e la Facoltà di Belle Arti a Valencia in Spagna, dove ha trascorso un periodo di formazione. Dalla fine degli anni ’90 il suo lavoro artistico si caratterizza per la molteplicità dei mezzi espressivi – pittura, fotografia, video, computergrafica, per il continuo riciclaggio di oggetti e materiali di scarto, per un linguaggio diretto che mescola crudezza e candore. Ha partecipato a mostre in varie città della Spagna, a Rotterdam, Londra, Roma, oltre che nelle città siciliane. Ha collaborato a lungo come consulente musicale, per le scenografie e come burattinaio con il teatro dei pupi di Anna Cuticchio dal 1990 al 2001, con il teatro di Mimmo Cuticchio in qualità di fonico dal 1997 al 2010, con la compagnia teatrale Teates come fonico e consulente musicale dal 1993 al 2005 e ha svolto attività di volontariato con i bambini dei quartieri disagiati di Palermo. Attualmente svolge una attività di documentazione fotografica per il restauro del parco scultoreo della citta di Palermo
Nel 2011 ha realizzato con Kali Jones e il poeta Adonis la videoinstallazione La Certezza dell’Ombra, presentata al MACC di Caltagirone, al Centro d’Arte Piana dei Colli, alla Fondazione Orestiadi di Gibellina (Tp), al MACSS, Miniera Italkali Petralia (Pa).
Vive ed opera a Palermo.
Dopo aver esposto in diverse città d’Italia e all’estero, l’artista e video-maker Maurizio Ruggiano presenta una grande esposizione con le creazioni degli ultimi anni. La mostra curata da Alba Romano Pace e allestita nelle sale di Palazzo Belmonte Riso, mette insieme quadri, istallazioni e video in un percorso autobiografico che parte dal vissuto dell’artista per estendersi a tutta un’umanità silente che, ancor più in questo periodo, ricorda la fragilità della vita e la forza intima del reagire agli eventi. Le opere conducono lo spettatore in un viaggio nell’universo interiore di Maurizio Ruggiano che dipinge e crea con quegli scarti abbandonati alla deriva del quotidiano. Animali di pezza, peluche, preghiere di carta, tappi di cera, oggetti trovati per strada come rovine di un universo infantile quanto adulto, dilaniato dall’oblio e dal dolore dell’esistenza, ma da questi anche rafforzato e rinvenuto a nuova vita grazie al gesto dell’artista.
«Ruggiano salva questi sopravvissuti come salverebbe ogni essere ferito dall’esperienza di un trauma – scrive la curatrice Alba Romano Pace -; la sua arte diventa così un rituale sciamanico dove sulla tela traccia righe fluorescenti su cui immola sorridenti pupazzi, dilaniati e attentamente ricuciti affinché all’esperienza del dolore segua la ricostruzione. In un momento storico dove isolamento, distanziamento, sociopatia, attentano quotidianamente alla stabilità della psiche. La mostra Autoterapia è un’esortazione alla resilienza che in fondo abita tutti noi, come individui e come collettività».
«Il dolore è quell’elemento di disagio, di difficoltà interiore, di stasi, che ci induce alla riflessione, ci costringe a conoscere e superare i nostri limiti. Ciò che nasce dal dolore – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà – è il prodotto di una distillazione dell’anima che assume un linguaggio universalmente riconoscibile e comprensibile. » Una mostra come Autoterapia diventa un augurio di rinascita ma anche di memoria e di speranza nella capacità di trasformarsi per andare oltre. Due nuovi progetti sono presentati per la prima volta nelle sale del Museo Riso:
Preghiere, collage di strisce di preghiere di carta, lanciate nell’aria durante le processioni e poi abbandonate sui marciapiedi dalla gente distratta e ancora Acufeni, tratto dalla storia intima dell’artista il cui udito è ferito indelebilmente dai rumori esterni, segno di quella sensibilità dell’artista che scaturisce nella creazione: «Le mie opere – evidenzia Maurizio Ruggiano – nascono da un disagio interiore; sono l’indice di un’estrema sensibilità emotiva che limita la comunicazione. Attraverso le mie opere riesco a vedermi dall’esterno dando un valore diverso al mio modo di essere con gli altri».
E per Luigi Biondo, direttore del Museo Riso «Riaprire le sale espositive del Museo Riso, dopo l’emergenza sanitaria da Covid-19, con una mostra che ci induce a riflettere sulla condizione esistenziale e su come l’arte possa aiutarci a superare i traumi e le difficoltà che la vita ci pone davanti, anche dalla più tenera infanzia è un segno di fiducia e di speranza nel futuro».
La tribù dei resilienti
Occhi e sorriso cuciti sul volto, nasi a punta, baffi di nylon, corpi soffici con fattezze fantastiche, di pura invenzione. Orsetti gialli, elefanti blu, cagnolini rosa, topolini arancioni, un bestiario antropomorfo di presenze che si animano attraverso gli occhi del bambino con il quale condividono segreti, sonno ed emozioni, per poi svanire inesorabilmente nell’evolversi del tempo. Una tribù di condannati all’abbandono, al buio o alla distruzione. (…) Una collettività di eroi di pezza che si raduna intorno all’artista, giunta a lui secondo le ancestrali leggi della casualità, diviene un’estensione del sé e nel pensiero animista che sottintende la l’opera di Maurizio Ruggiano divengono simboli, emblemi della sua sofferenza. Le sue opere sono composte solo con peluche rigorosamente trovati, raccolti dalla strada, dimenticati sull’asfalto e riscattati dall’artista che li elegge complici silenti di una gioia negata come di una redenzione inattesa e per questo magica. Solitaria, questa redenzione ha bisogno del pubblico, la società, per concretizzarsi. (…)
Maurizio Ruggiano, non senza una forma di sadismo infantile, lacera i suoi peluche, che vengono sdruciti o sezionati per mostrare il loro corpo soffice, ancora informe, in metamorfosi. Esempi di redenzione questi allegri personaggi sono incarnazione del sacrificio e vengono presentati dall’artista in una visione frontale, crocifissi su un’impalcatura di righe fluorescenti che si impongono con la loro linearità come il principio di realtà, il pensiero logico-analitico che necessita di ordinare il caos della psiche. Un conflitto perenne tra due tempi, quello perduto eppur sempre vibrante nel dolore dell’infanzia negata e quello necessario, del passaggio all’età adulta, l’uno rimanda all’altro, violentemente. (…) Della tribù dei resilienti l’artista è lo sciamano e nei suoi rituali l’arte diviene l’antidoto, l’autoterapia, quello spazio transizionale tra oggettivo e soggettivo, di cui il peluche in psicologia è l’oggetto determinante, uno spazio dove ancora vibra l’innocenza del pensiero infantile e dove innumerevoli adulti-bambini come i loro amati soldati di pezza sono prigionieri o, direbbe Dubuffet “ostaggi”, di un tempo non circolare ma insopportabilmente lineare, a tratti spezzato, ricucito come una cicatrice e difficilmente ricomposto. Esseri che, come i giocattoli di Maurizio Ruggiano, si oppongono alla disfatta ed anche se feriti, si riscattano ripartendo dalla loro storia per tramutarla alchemicamente in arte. Le opere di Maurizio Ruggiano divengono i lussuosi arazzi di un regno incantato e sono gli stendardi e le armi di una magica sagra di combattenti trafitti, cavalieri di pezza colorata che si risollevano e, sdoppiati o lacerati, scuciti e sezionati, dal loro stesso dolore attingono l’energia per vincere raccontandosi ed « ogni racconto è un’iniziativa di liberazione » (Boris Cyrulnik).
Alba Romano Pace
Maurizio Ruggiano (Palermo, 1966) ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Palermo e la Facoltà di Belle Arti a Valencia in Spagna, dove ha trascorso un periodo di formazione. Dalla fine degli anni ’90 il suo lavoro artistico si caratterizza per la molteplicità dei mezzi espressivi – pittura, fotografia, video, computergrafica, per il continuo riciclaggio di oggetti e materiali di scarto, per un linguaggio diretto che mescola crudezza e candore. Ha partecipato a mostre in varie città della Spagna, a Rotterdam, Londra, Roma, oltre che nelle città siciliane. Ha collaborato a lungo come consulente musicale, per le scenografie e come burattinaio con il teatro dei pupi di Anna Cuticchio dal 1990 al 2001, con il teatro di Mimmo Cuticchio in qualità di fonico dal 1997 al 2010, con la compagnia teatrale Teates come fonico e consulente musicale dal 1993 al 2005 e ha svolto attività di volontariato con i bambini dei quartieri disagiati di Palermo. Attualmente svolge una attività di documentazione fotografica per il restauro del parco scultoreo della citta di Palermo
Nel 2011 ha realizzato con Kali Jones e il poeta Adonis la videoinstallazione La Certezza dell’Ombra, presentata al MACC di Caltagirone, al Centro d’Arte Piana dei Colli, alla Fondazione Orestiadi di Gibellina (Tp), al MACSS, Miniera Italkali Petralia (Pa).
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