Un Capolavoro per Milano. Il Rinascimento di Giusto di Ravensburg

Giusto di Ravensburg (attr), Cristo che mostra la ferita del costato tra Sant’Ambrogio e Sant’Agostino tavola, collezione privata (già Brugherio, Sant’Ambrogio)
Dal 06 Febbraio 2015 al 08 Marzo 2015
Milano
Luogo: Museo Diocesano
Indirizzo: corso di Porta Ticinese 95
Orari: da martedì a domenica 10-18
Curatori: P. Biscottini
Costo del biglietto: il martedì € 4, intero € 8, ridotto e convenzioni € 5, scolaresche € 2, gruppi € 6, gratuito fino a 6 anni
Telefono per informazioni: +39 02 89420019
E-Mail info: info.biglietteria@museodiocesano.it
Sito ufficiale: http://www.museodiocesano.it
Il Museo Diocesano espone dal 6 febbraio all’8 marzo 2015 il dipinto “Cristo mostra la ferita del costato tra Sant’Ambrogio e Sant’Agostino”, olio su tavola cm 160 x 140, attribuito a Giusto di Ravensburg.
Il dipinto, già noto per essere stato pubblicato da Federico Cavalieri (in “Nuovi Studi”, 5, 1998, III, pp. 20-37) viene per la prima volta esposto al pubblico in questa occasione.
L’interesse del Museo Diocesano per il dipinto non è solo riconducibile alla sua straordinaria qualità, ma anche alla sua indiscutibile appartenenza alla storia di Milano e specificamente a quella della Chiesa ambrosiana.
Per questi motivi sarebbe auspicabile che l’opera, destinata ad entrare nella prossima esposizione temporanea Arte Lombarda dai Visconti agli Sforza (a Palazzo Reale dal 12 marzo al 18 giugno 2015) trovasse una sua stabile collocazione pubblica milanese.
La tavola proviene dal territorio della Diocesi di Milano ed è attualmente di proprietà privata. Alla metà del Settecento il dipinto è documentato nella piccola chiesa di Sant’Ambrogio a Brugherio. Le descrizioni degli antichi documenti sono molto precise, sebbene non permettano di stabilire con certezza se il dipinto fosse stato concepito sin dall’inizio per quell’altare.
La parte centrale della tavola, con Cristo raffigurato secondo l’iconografia dello Schmerzensmann, cioè Giudice ultimo (per questo indossa il mantello rosso sorretto dagli angeli), è un rimando esplicito alla Trinità: Dio Padre, nella parte superiore è affiancato dalla colomba dello Spirito Santo, inserita significativamente, a conferma della provenienza milanese, nella Raza viscontea.
Del tutto straordinaria nel contesto artistico milanese è la cornice trompe l’oeil in stile gotico fiorito con guglie cuspidate, nicchie, statue e sottilissimi e raffinati trafori. La struttura, e soprattutto il gusto decorativo, denunciano suggestioni nordiche, flandro-borgognone, tedesche e savoiarde.
Secondo la critica l’autore potrebbe essere lo stesso maestro che affresca il Cristo davanti a Pilato nell’Oratorio di San Bernardo a Chiaravalle, nel quale si riscontrano evidenti affinità di stile.
Entrambe le opere presentano analogie con un altro affresco, raffigurante l’Annunciazione, dipinto da Giusto di Ravensburg nel 1451 nel chiostro di Santa Maria di Castello a Genova. Analogo è l’impianto architettonico, come anche il gusto decorativo dei dettagli e la resa dei volti, oltre al modo di definire panneggi morbidi, ma nervosi e bagnati dalla luce.
La tavola esposta al Museo Diocesano mostra un aggiornamento in chiave più moderna rispetto alla matrice tardo gotica e internazionale e agli espliciti richiami vaneyckiani e provenzali presenti nell’affresco genovese . Si riscontra, nel nostro caso, un naturalismo più eccentrico e un realismo, specie anatomico, a tratti ossessivo, presente per altro anche nell’affresco di Chiaravalle.
Il dipinto pare dunque attribuibile ad un pittore probabilmente originario della bassa Germania, molto vicino a Giusto di Ravensburg, artista che intorno alla metà del Quattrocento ricopre un ruolo fondamentale nel testimoniare l’aggiornamento dell’arte lombarda sulle novità nordiche.
Il dipinto, già noto per essere stato pubblicato da Federico Cavalieri (in “Nuovi Studi”, 5, 1998, III, pp. 20-37) viene per la prima volta esposto al pubblico in questa occasione.
L’interesse del Museo Diocesano per il dipinto non è solo riconducibile alla sua straordinaria qualità, ma anche alla sua indiscutibile appartenenza alla storia di Milano e specificamente a quella della Chiesa ambrosiana.
Per questi motivi sarebbe auspicabile che l’opera, destinata ad entrare nella prossima esposizione temporanea Arte Lombarda dai Visconti agli Sforza (a Palazzo Reale dal 12 marzo al 18 giugno 2015) trovasse una sua stabile collocazione pubblica milanese.
La tavola proviene dal territorio della Diocesi di Milano ed è attualmente di proprietà privata. Alla metà del Settecento il dipinto è documentato nella piccola chiesa di Sant’Ambrogio a Brugherio. Le descrizioni degli antichi documenti sono molto precise, sebbene non permettano di stabilire con certezza se il dipinto fosse stato concepito sin dall’inizio per quell’altare.
La parte centrale della tavola, con Cristo raffigurato secondo l’iconografia dello Schmerzensmann, cioè Giudice ultimo (per questo indossa il mantello rosso sorretto dagli angeli), è un rimando esplicito alla Trinità: Dio Padre, nella parte superiore è affiancato dalla colomba dello Spirito Santo, inserita significativamente, a conferma della provenienza milanese, nella Raza viscontea.
Del tutto straordinaria nel contesto artistico milanese è la cornice trompe l’oeil in stile gotico fiorito con guglie cuspidate, nicchie, statue e sottilissimi e raffinati trafori. La struttura, e soprattutto il gusto decorativo, denunciano suggestioni nordiche, flandro-borgognone, tedesche e savoiarde.
Secondo la critica l’autore potrebbe essere lo stesso maestro che affresca il Cristo davanti a Pilato nell’Oratorio di San Bernardo a Chiaravalle, nel quale si riscontrano evidenti affinità di stile.
Entrambe le opere presentano analogie con un altro affresco, raffigurante l’Annunciazione, dipinto da Giusto di Ravensburg nel 1451 nel chiostro di Santa Maria di Castello a Genova. Analogo è l’impianto architettonico, come anche il gusto decorativo dei dettagli e la resa dei volti, oltre al modo di definire panneggi morbidi, ma nervosi e bagnati dalla luce.
La tavola esposta al Museo Diocesano mostra un aggiornamento in chiave più moderna rispetto alla matrice tardo gotica e internazionale e agli espliciti richiami vaneyckiani e provenzali presenti nell’affresco genovese . Si riscontra, nel nostro caso, un naturalismo più eccentrico e un realismo, specie anatomico, a tratti ossessivo, presente per altro anche nell’affresco di Chiaravalle.
Il dipinto pare dunque attribuibile ad un pittore probabilmente originario della bassa Germania, molto vicino a Giusto di Ravensburg, artista che intorno alla metà del Quattrocento ricopre un ruolo fondamentale nel testimoniare l’aggiornamento dell’arte lombarda sulle novità nordiche.
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