Off-site - not in Place #2: «Offstage»/ Giuliano Guatta. Ginnica del segno
Dal 07 Giugno 2013 al 28 Luglio 2013
Lissone | Milano
Luogo: MAC - Museo d'arte contemporanea di Lissone
Indirizzo: viale Padania 6
Orari: martedì, mercoledì e venerdì 15-19; giovedì 15-23; sabato e domenica 10-12/ 15-19
Curatori: Barbara Meneghel
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 039 2145174
E-Mail info: museo@comune.lissone.mb.it
Sito ufficiale: http://www.comune.lissone.mb.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4
Giovedì 6 giugno, alle ore 20:00, il MAC di Lissone ospita la Ginnica del segno di Giuliano Guatta e il secondo screening program del ciclo Off-site / not in Place in collaborazione con Viafarini DOCVA. Segue, alle ore 21:00, l'appuntamento con il ciclo di incontri dedicato alla vita dei grandi personaggi dell'arte moderna e contemporanea.
La rassegna che il MAC di Lissone dedica alle video-produzioni delle ultime generazioni continua la sua programmazione in collaborazione con Viafarini DOCVA. A cadenza mensile, per circa un trimestre, si avvicenderanno tre diversi progetti curatoriali che (attraverso una selezione di artisti presenti nell'archivio portfolio di DOCVA/Fabbrica del Vapore e nell'archivio online Arthub.it promosso da UnDo.net) articoleranno altrettante letture intorno agli snodi più importanti della video arte. Dopo il primo screening program a cura di Simone Frangi, il mese di giugno è dedicato alla selezione di Barbara Meneghel, a luglio seguirà quindi una rassegna di Cecilia Guida.
Off-site / not in Place #2: «Offstage». Dal 6 al 30 giugno 2013
Un esempio su tutti: per Steve McQueen, nel 2009, si era trattato di ritrarre la vita mentre scorreva fuori stagione ai Giardini della Biennale, a Venezia. Un'installazione a doppio schermo che ci raccontava di una Biennale a fari spenti, colta in quei lunghi mesi di intervallo tra una rassegna d'arte e l'altra, come un'attrice struccata, spogliata dalle vesti del proprio personaggio e del proprio nome. Il lavoro svelava qualcosa di sconosciuto ai più (quel palcoscenico così familiare, a spettacolo finito, il suo backstage, il retro palco e ciò che sta dietro ai riflettori). Ma cosa comporta per un artista scostare la tenda e profanare con la telecamera quello che accade dietro le quinte? Volontà di documentazione realista? Tentativo di analizzare, destrutturandola, la parete scenica e le sue implicazioni psicologiche? Oppure sentirsi più partecipi - e dunque più consapevoli - dello spettacolo che poi viene offerto al pubblico? Probabilmente, molte di queste cose, e altro ancora
Sono qui messi a confronto tre modi diversi di affrontare il tema del backstage nella videoarte italiana: da un lato, Diego Tonus con il suo lavoro Hour of the Wolf (2010) punta nuovamente l'attenzione sulla Biennale veneziana, e ci racconta il dietro le quinte del Padiglione nordico del 2009: The Collectors, di Elmgreen & Dragset. L'artista coglie qui il rompersi dell'illusione, il disallestimento del padiglione che ricreava una casa di collezionisti contemporanei, e riporta brutalmente alla realtà lo spettatore. La parete finzionale collassa, e improvvisamente le stesse cose vengono viste in maniera completamente diversa rispetto a poche ore prima. SopravVivere in televisione (1999) di Nicola Pellegrini penetra invece il backstage dello spettacolo al suo grado massimo: il mondo delle telenovele. In un progetto articolato in cinque parti legato alla Telenovela Vivere, l'artista gioca sul confine rigoroso eppure fragile tra verità (il backstage) e finzione (lo stage), spingendosi fino a entrare fisicamente in una puntata della telenovela che verrà regolarmente trasmessa dal palinsesto televisivo. I mondi dell'arte e della TV si compenetrano, sovvertendo i normali equilibri in una maniera silenziosa eppure a suo modo radicalmente sovversiva, e per ciò stessa spiazzante. Danilo Correale, con il video The surface of my eye is deeper than the ocean (2011), svela infine un retroscena più sottile. L'illusione che crolla è in questo caso legata al gesto quotidiano di grattare i biglietti della lotteria, un gesto antico e popolare che in tempi di crisi si è fatto più frequente. Trovandosi dentro e fuori dal meccanismo che decostruisce, l'artista ha chiesto a una serie di persone di porsi davanti alla telecamera, tentando la fortuna con il biglietto che stringono in mano. Visione filmica e partecipazione al video si sommano e si confondono (il budget di produzione del lavoro è stato realmente investito nell'acquisto di biglietti della lotteria, con la promessa che eventuali vincite sarebbero state divise equamente). Un altro gesto di svelamento metafilmico, che ci fa riflettere sul significato del concetto di palcoscenico nella contemporaneità.
Giuliano Guatta. Ginnica del segno. Dal 6 al 28 luglio 2013
La Ginnica del segno di Giuliano Guatta è una disciplina fondata sulla consapevolezza del movimento del corpo nello spazio e inscindibile dal suo fine: il segno. Tale pratica si è sviluppata da un progetto denominato MRPLS (movimento di ricerca e pratiche di liberazione del segno) che intende indicarne programmaticamente gli obiettivi; si tratta di un percorso di riattivazione e stimolazione della pulsione gestuale e visiva del segno‚ messo in atto attraverso esercitazioni che coinvolgono oltre all'aspetto motorio anche quello ritmico, sonoro, corale e performativo. La metafora, l'immaginazione, la memoria, il vero, sono le direzioni che vengono affrontate di volta in volta, integrandosi tra loro e dando vita a nuove diramazioni che costantemente indagano l'interazione e mirano a congiungere la scissio e tra corpo, spazio e segno.
L'intervento che Giuliano Guatta realizzerà per il MAC di Lissone consiste nella partitura dello schema dei passi del Ballo di Segno (Primi passi), quindi la sua mappatura e, dopo l'azione,l'esposizione della corazza con il rilevamento segnico dei passi.
Partendo dall'idea che il disegno è il rilevamento, vale a dire la mappatura della presenza e dello spostamento di un corpo nello spazio, l'artista ha organizzato questo principio in forma di ballo. La struttura, ossia lo schema dei passi, è a croce: un passo avanti e uno indietro, uno a destra e uno a sinistra, ogni volta tornando al centro (in pratica è un'oscillante tensione all'andare e al tornare, una pulsione trattenuta, reiterata, che spinge nelle quattro direzioni).
I passi vengono rilevati attraverso il segno su una corazza, costituita da due tavole di compensato legate tra loro da nastri e posizionate sul petto e sulla schiena del danzatore. Gli arti superiori si muovono sincronicamente a quelli inferiori, riflettendone la struttura. Le mani impugnano pastelli che lasciano tracce (corrispondenti ai passi) sulla superficie verticale della corazza. Il ballo si attua contemporaneamente sia sulla terra sia sul danzatore. Si possono ovviamente sviluppare varianti, ribaltamenti e improvvisazioni tra lo spostamento dei passi e quello delle mani.
Nella sera di giovedì 6 giugno, alle ore 20:00, l'artista darà una dimostrazione di questo procedimento, seguirà poi una prova aperta al pubblico.
Giuliano Guatta è nato nel 1967 a San Felice del Benaco (BS) dove vive e lavora.
La rassegna che il MAC di Lissone dedica alle video-produzioni delle ultime generazioni continua la sua programmazione in collaborazione con Viafarini DOCVA. A cadenza mensile, per circa un trimestre, si avvicenderanno tre diversi progetti curatoriali che (attraverso una selezione di artisti presenti nell'archivio portfolio di DOCVA/Fabbrica del Vapore e nell'archivio online Arthub.it promosso da UnDo.net) articoleranno altrettante letture intorno agli snodi più importanti della video arte. Dopo il primo screening program a cura di Simone Frangi, il mese di giugno è dedicato alla selezione di Barbara Meneghel, a luglio seguirà quindi una rassegna di Cecilia Guida.
Off-site / not in Place #2: «Offstage». Dal 6 al 30 giugno 2013
Un esempio su tutti: per Steve McQueen, nel 2009, si era trattato di ritrarre la vita mentre scorreva fuori stagione ai Giardini della Biennale, a Venezia. Un'installazione a doppio schermo che ci raccontava di una Biennale a fari spenti, colta in quei lunghi mesi di intervallo tra una rassegna d'arte e l'altra, come un'attrice struccata, spogliata dalle vesti del proprio personaggio e del proprio nome. Il lavoro svelava qualcosa di sconosciuto ai più (quel palcoscenico così familiare, a spettacolo finito, il suo backstage, il retro palco e ciò che sta dietro ai riflettori). Ma cosa comporta per un artista scostare la tenda e profanare con la telecamera quello che accade dietro le quinte? Volontà di documentazione realista? Tentativo di analizzare, destrutturandola, la parete scenica e le sue implicazioni psicologiche? Oppure sentirsi più partecipi - e dunque più consapevoli - dello spettacolo che poi viene offerto al pubblico? Probabilmente, molte di queste cose, e altro ancora
Sono qui messi a confronto tre modi diversi di affrontare il tema del backstage nella videoarte italiana: da un lato, Diego Tonus con il suo lavoro Hour of the Wolf (2010) punta nuovamente l'attenzione sulla Biennale veneziana, e ci racconta il dietro le quinte del Padiglione nordico del 2009: The Collectors, di Elmgreen & Dragset. L'artista coglie qui il rompersi dell'illusione, il disallestimento del padiglione che ricreava una casa di collezionisti contemporanei, e riporta brutalmente alla realtà lo spettatore. La parete finzionale collassa, e improvvisamente le stesse cose vengono viste in maniera completamente diversa rispetto a poche ore prima. SopravVivere in televisione (1999) di Nicola Pellegrini penetra invece il backstage dello spettacolo al suo grado massimo: il mondo delle telenovele. In un progetto articolato in cinque parti legato alla Telenovela Vivere, l'artista gioca sul confine rigoroso eppure fragile tra verità (il backstage) e finzione (lo stage), spingendosi fino a entrare fisicamente in una puntata della telenovela che verrà regolarmente trasmessa dal palinsesto televisivo. I mondi dell'arte e della TV si compenetrano, sovvertendo i normali equilibri in una maniera silenziosa eppure a suo modo radicalmente sovversiva, e per ciò stessa spiazzante. Danilo Correale, con il video The surface of my eye is deeper than the ocean (2011), svela infine un retroscena più sottile. L'illusione che crolla è in questo caso legata al gesto quotidiano di grattare i biglietti della lotteria, un gesto antico e popolare che in tempi di crisi si è fatto più frequente. Trovandosi dentro e fuori dal meccanismo che decostruisce, l'artista ha chiesto a una serie di persone di porsi davanti alla telecamera, tentando la fortuna con il biglietto che stringono in mano. Visione filmica e partecipazione al video si sommano e si confondono (il budget di produzione del lavoro è stato realmente investito nell'acquisto di biglietti della lotteria, con la promessa che eventuali vincite sarebbero state divise equamente). Un altro gesto di svelamento metafilmico, che ci fa riflettere sul significato del concetto di palcoscenico nella contemporaneità.
Giuliano Guatta. Ginnica del segno. Dal 6 al 28 luglio 2013
La Ginnica del segno di Giuliano Guatta è una disciplina fondata sulla consapevolezza del movimento del corpo nello spazio e inscindibile dal suo fine: il segno. Tale pratica si è sviluppata da un progetto denominato MRPLS (movimento di ricerca e pratiche di liberazione del segno) che intende indicarne programmaticamente gli obiettivi; si tratta di un percorso di riattivazione e stimolazione della pulsione gestuale e visiva del segno‚ messo in atto attraverso esercitazioni che coinvolgono oltre all'aspetto motorio anche quello ritmico, sonoro, corale e performativo. La metafora, l'immaginazione, la memoria, il vero, sono le direzioni che vengono affrontate di volta in volta, integrandosi tra loro e dando vita a nuove diramazioni che costantemente indagano l'interazione e mirano a congiungere la scissio e tra corpo, spazio e segno.
L'intervento che Giuliano Guatta realizzerà per il MAC di Lissone consiste nella partitura dello schema dei passi del Ballo di Segno (Primi passi), quindi la sua mappatura e, dopo l'azione,l'esposizione della corazza con il rilevamento segnico dei passi.
Partendo dall'idea che il disegno è il rilevamento, vale a dire la mappatura della presenza e dello spostamento di un corpo nello spazio, l'artista ha organizzato questo principio in forma di ballo. La struttura, ossia lo schema dei passi, è a croce: un passo avanti e uno indietro, uno a destra e uno a sinistra, ogni volta tornando al centro (in pratica è un'oscillante tensione all'andare e al tornare, una pulsione trattenuta, reiterata, che spinge nelle quattro direzioni).
I passi vengono rilevati attraverso il segno su una corazza, costituita da due tavole di compensato legate tra loro da nastri e posizionate sul petto e sulla schiena del danzatore. Gli arti superiori si muovono sincronicamente a quelli inferiori, riflettendone la struttura. Le mani impugnano pastelli che lasciano tracce (corrispondenti ai passi) sulla superficie verticale della corazza. Il ballo si attua contemporaneamente sia sulla terra sia sul danzatore. Si possono ovviamente sviluppare varianti, ribaltamenti e improvvisazioni tra lo spostamento dei passi e quello delle mani.
Nella sera di giovedì 6 giugno, alle ore 20:00, l'artista darà una dimostrazione di questo procedimento, seguirà poi una prova aperta al pubblico.
Giuliano Guatta è nato nel 1967 a San Felice del Benaco (BS) dove vive e lavora.
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