Liliane Lijn. I am she

© Liliane Lijn and Rodeo, London / Piraeus | Liliane Lijn, Soften the Mouth, Zinc blown glass, feather dusters, anodised aluminium, black Italian honed slate base, 1987 – 1990

 

Dal 15 Settembre 2020 al 14 Novembre 2020

Milano

Luogo: Ordet

Indirizzo: via Adige 17

Orari: da mercoledì a sabato 14-19

Telefono per informazioni: +39 02 47 757 753

E-Mail info: info@ordet.org

Sito ufficiale: http://www.ordet.org



Nel corso degli ultimi sei decenni, Liliane Lijn (americana, vive e lavora a Londra) ha creato un corpus di opere di eccezionale varietà e impatto.
 
La pratica artistica di Liliane Lijn è l’esito visivo, sensoriale e plastico delle sue esplorazioni e ricerche intorno a fenomeni corporei e non, elementi macro e microscopici, dentro e intorno a noi, difficili da identificare. Lijn si propone di penetrare e far emergere tali forze invisibili; per quanto la sua ricerca sia solitaria e personale, le opere non sono proiezioni dell’artista, né di alcun ego specifico.
 
“Non credo di essere necessariamente un artigiano, forse più un inventore. Penso che sia possibile paragonare la differenza a quella che intercorre tra un ricercatore e un tecnico. Non sono terribilmente interessata a realizzare l’oggetto, ma devo farlo, per poter vedere la mia invenzione.” *
 
Al fine di “vedere” le sue invenzioni, Lijn ha sperimentato con media e materiali a tutto campo e senza freno, in particolare incorporando macchinari, luce e linguaggio nel suo lavoro. Il suo studio a nord di Londra è un luogo di speculazione, ma anche un sito per esperimenti, un centro di ricerca, un laboratorio.
 
Ordet è felice di annunciare una mostra personale di Liliane Lijn, con opere dal 1969 ad oggi, la presentazione più completa dell’artista al di fuori del Regno Unito.
 
Il primo lavoro in mostra, Linear Light Column (1969) è un cilindro rotante avvolto in filo di rame smaltato – un tempo il materiale principale utilizzato per le telecomunicazioni – creando un effetto ottico.
 
Feathered Lady (1979) e Heshe (1980) sono stupefacenti nella loro apparenza formale e materiale: alti due metri, questi totem umanoidi sono ambiguamente sessualizzati attraverso l’uso di piumini, corde di pianoforte, fibre sintetiche. Entrambi sono sormontati da prismi per periscopi di carri armati. I prismi sono elementi ricorrenti nell’opera di Lijn: scindono la luce bianca, la dividono nei suoi colori spettrali e rendono visibile l’energia.
 
La mostra presenta anche lavori di dimensioni più ridotte, creati negli anni ’80. Le “Beaded Heads”, studi per un nuovo tipo di testa femminile, e le “Torn Heads”, in cui il vetro soffiato è combinato con bronzo, alluminio, piumini e altri materiali. Questi lavori conducono al punto focale della mostra: The Bride (1988). Una grande scultura performante a tecnica mista, The Bride collassa tecnologia, industria e natura. Racchiuso in una gabbia nera, questo archetipo femminile è una presenza imponente composta di mica legata a resina epossidica, piume di struzzo, vetro soffiato e palline di cartapesta laccate. Nell’oscurità, pulsa di luce.
 
Dello stesso periodo è una serie di pastelli come She, Flower Head e Glass Head e il trittico Transformation of the Bride in the Medusa (1987).
 
Opere scultoree successive come She Me Skin of the Tree (1999) e Nested Foot (2001) integrano parti corporee riconoscibili – fusioni da calchi del corpo dell’artista stessa.
 
Infine, la mostra presenta in anteprima la più recente delle invenzioni di Lijn. In Catastrophic Encounters (2019-20), il vetro fuso viene versato su un composto di metallo di mica chiamato Vapourshield, perturbandone la superficie, gorgogliando come lava, diventando fossili.
 
* Liliane Lijn in conversazione con Vera Lindsey, Studio International, maggio 1969, p. 219.

Liliane Lijn nasce a New York nel 1939 da genitori emigrati. Frequenta il collegio a Lugano e a diciannove anni si trasferisce a Parigi dove studia Archeologia alla Sorbona e Storia dell’arte all’École du Louvre. A Parigi, Lijn incontra il surrealista André Breton. Di nuovo a New York nel 1961, lavora per la prima volta con la plastica, sperimentando riflessioni, movimento e luce e conduce le sue prime ricerche sull’invisibilità al MIT. Al suo ritorno a Parigi, il suo interesse per la scienza e le sue amicizie con lo scultore greco Takis e i poeti Beat William Burroughs, Bryan Gysin e Nazli Nouri ispirano i suoi primi lavori con luce e testo: la mostra personale alla LibrairieAnglaise nel 1963 presenta le sue Poem Machines. Lijn vive con Takis ad Atene tra il 1964-66. Si trasferisce a Londra nel 1966.
 
Lijn vanta una lunga carriera espositiva. Tra le sue ultime mostre personali, “SHE”, Rodeo Gallery, Londra, 2019; “Spotlight”, Tate Britain, Londra 2018; e “Cosmic Dramas”, Middlesbrough Institute of Modern Art, nel 2012.
Recenti mostre collettive includono “On the Politics of Delicacy”, Capitain Petzel, Berlino 2020, “Sisterhood”, Haus N Athen, Atene; e “Still Undead: Popular Culture in Britain Beyond the Bauhaus”, Nottingham Contemporary, Nottingham, 2019.

Opening: 15 settembre 2020 ore 18-21


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