Gerolamo Mazzola Bedoli. Ritratto di frate in veste di san Tommaso d'Aquino
Dal 11 Ottobre 2012 al 13 Dicembre 2012
Milano
Luogo: Pinacoteca di Brera - sala XXXI
Indirizzo: via Brera 28
Orari: da martedì a domenica 8.30 -19.15
Costo del biglietto: intero euro 5
Telefono per informazioni: +39 02 722631
E-Mail info: brera.artimi@arti.beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.brera.beniculturali.it
Il ventisettesimo appuntamento con Brera mai vista, realizzato come di consueto con il generoso sostegno di Intesa Sanpaolo, è dedicato al Ritratto di frate in veste di san Tommaso d’Aquino di Gerolamo Mazzola Bedoli, analizzato da Emanuela Daffra. Destinata probabilmente al convento dei domenicani a Parma, la tavola risulta presente a Brera già nell’esposizione curata e commentata da Bossi nel 1806, ma restauri fuorvianti avevano causato confusione sulle sue vicende.
Il recente restauro, finanziato da Intesa Sanpaolo nell’ambito dell’edizione 2011 del programma di restauri curato dalla Banca denominato “Restituzioni”, eseguito da Delfina Sesti e da Roberto Buda per il supporto ligneo, ha permesso di ricostruirne in parte la storia e di apprezzare in pieno la qualità di quello che possiamo considerare tra i capolavori di un artista pochissimo noto e oscurato dalla vicinanza con Francesco Mazzola, meglio noto come Parmigianino.
Girolamo, nato intorno al 1500 a Parma, dove morirà nel 1569, si forma probabilmente presso la bottega dei Mazzola, che contava varie generazioni di pittori, a fianco di Francesco, ma le loro vite presto si dividono. Mentre Francesco lascia Parma per tentare la fortuna a Roma, Girolamo resta all’interno della bottega e dopo le nozze con Caterina Elena, figlia di uno zio di Pamigianino, abiterà nella casa della famiglia Mazzola, e ne assumerà il cognome, come se fosse un marchio di impresa.
Il Ritratto di frate in veste di san Tommaso d’Aquino, che raffigura un domenicano mentre, abbandonata la lettura, contempla il Crocefisso con partecipazione tale da arrivare alle lacrime, rivisita in modo personale la raffinata, sofisticata eleganza dei ritratti parmigianineschi. Infatti il fascino dell’opera sta nella nell’appassionata intensità ascetica di quel volto scarnito, oltre che nella straordinaria sapienza coloristica di Bedoli che usa pennellate di volta in volta trasparenti o materiche per restituirci un ritratto vibrante, dove poche tonalità fredde variate con sensibilità si alternano ai bruni caldi della natura morta sullo scrittoio, preziosamente descritta in ogni dettaglio. La fisionomia è tanto particolare da renderci certi che si tratti di un ritratto, nel quale l’autrice propone in via ipotetica di ravvisare il domenicano Antonio Michele Ghislieri, che nel 1566 divenne papa col nome di Pio V.
Purtroppo non si conoscono altre immagini giovanili del pontefice, rigoroso e inflessibile, temutissimo Grande Inquisitore, ma se l’ipotesi si rivelasse corretta aggiungerebbe alla bellezza formale della tavola il sigillo dell’eccezionalità storica, poiché tramanda una precoce biografia del futuro papa, che vuole presentarsi ai nostri occhi come devoto appassionato e studioso di sicura ortodossia, tanto da idenficarsi con san Tommaso d’Aquino.
Il recente restauro, finanziato da Intesa Sanpaolo nell’ambito dell’edizione 2011 del programma di restauri curato dalla Banca denominato “Restituzioni”, eseguito da Delfina Sesti e da Roberto Buda per il supporto ligneo, ha permesso di ricostruirne in parte la storia e di apprezzare in pieno la qualità di quello che possiamo considerare tra i capolavori di un artista pochissimo noto e oscurato dalla vicinanza con Francesco Mazzola, meglio noto come Parmigianino.
Girolamo, nato intorno al 1500 a Parma, dove morirà nel 1569, si forma probabilmente presso la bottega dei Mazzola, che contava varie generazioni di pittori, a fianco di Francesco, ma le loro vite presto si dividono. Mentre Francesco lascia Parma per tentare la fortuna a Roma, Girolamo resta all’interno della bottega e dopo le nozze con Caterina Elena, figlia di uno zio di Pamigianino, abiterà nella casa della famiglia Mazzola, e ne assumerà il cognome, come se fosse un marchio di impresa.
Il Ritratto di frate in veste di san Tommaso d’Aquino, che raffigura un domenicano mentre, abbandonata la lettura, contempla il Crocefisso con partecipazione tale da arrivare alle lacrime, rivisita in modo personale la raffinata, sofisticata eleganza dei ritratti parmigianineschi. Infatti il fascino dell’opera sta nella nell’appassionata intensità ascetica di quel volto scarnito, oltre che nella straordinaria sapienza coloristica di Bedoli che usa pennellate di volta in volta trasparenti o materiche per restituirci un ritratto vibrante, dove poche tonalità fredde variate con sensibilità si alternano ai bruni caldi della natura morta sullo scrittoio, preziosamente descritta in ogni dettaglio. La fisionomia è tanto particolare da renderci certi che si tratti di un ritratto, nel quale l’autrice propone in via ipotetica di ravvisare il domenicano Antonio Michele Ghislieri, che nel 1566 divenne papa col nome di Pio V.
Purtroppo non si conoscono altre immagini giovanili del pontefice, rigoroso e inflessibile, temutissimo Grande Inquisitore, ma se l’ipotesi si rivelasse corretta aggiungerebbe alla bellezza formale della tavola il sigillo dell’eccezionalità storica, poiché tramanda una precoce biografia del futuro papa, che vuole presentarsi ai nostri occhi come devoto appassionato e studioso di sicura ortodossia, tanto da idenficarsi con san Tommaso d’Aquino.
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