John Currin. Paintings
Dal 13 Giugno 2016 al 02 Ottobre 2016
Firenze
Luogo: Museo Bardini
Indirizzo: via dei Renai 1
Orari: da Venerdì a Lunedì 11-17 (chiuso da Martedì a Giovedì e il 15 agosto)
Curatori: Antonella Nesi, Sergio Risaliti
Enti promotori:
- Comune di Firenze
Costo del biglietto: € 6 intero, € 4,50 ridotto (18-25 anni e studenti universitari). Gratuito fino a 18 anni; gruppi di studenti e rispettivi insegnanti; guide turistiche, iscritti al Corso di Guida Turistica 2016 e interpreti; disabili e rispettivi accompagnatori; membri ICOM, ICOMOS e ICCROM
Sito ufficiale: http://www.musefirenze.it
Pittore sofisticato per tecnica e cultura visiva, Currin è conosciuto e apprezzato per ritratti elegantissimi e scene anche lascive interpretate con un ironico, impudico realismo. Nei suoi dipinti, molte volte quadri di piccolo formato, Currin dissimula una conoscenza spiccata della storia dell’arte e un gusto assai sofisticato della composizione figurativa. Con ambientazioni mai banali e sottintesi sarcastici, e una scelta dei soggetti che ricordano per definizione formale anche la grafica di riviste patinate o pornografiche, l’artista statunitense ha saputo ridefinire la ritrattistica contemporanea. L’interpretazione dell’eros femminile, e della psicologia borghese americana, risulta nelle sue opere quasi surreale o grottesca, estremamente perturbante. Ma la sua satira figurativa non è mai urlata, o plateale, mai caricaturale o di cattivo gusto.
Le sue figure, vestite o atteggiate come comparse di romanzi rosa o come imperturbabili manichini di un centro moda, dallo spirito zelante anche nel caso di pratiche sessuali solitarie o di gruppo, svelano segni ed espressioni di inequivocabile alterazione psico-fisica. L’anatomia sproporzionata, o prospetticamente deformata, l’espressione facciale, altera l’ideale rappresentazione del corpo o del volto femminile rinascimentale. In questo senso la sua pittura si situa nella scia di Pablo Picasso e di Willem de Kooning piuttosto che su quella di John Singer Sargent o di Edward Hopper. Una pittura di prima, ma sempre lussuriosa, o meglio una sorta di colta e raffinata “volgarizzazione” dell’arte figurativa classica, permette a Currin di esaltare la pittura stessa, e con essa definire una nuova forma di bellezza artistica che si avvantaggia in effetti di una inedita immaginazione o “maniera” figurativa. Quei corpi e quei volti, a volte resi perfino disdicevoli, appaiono belli in virtù della loro trasfigurazione pittorica, attraverso la ricercata volgarizzazione del codice classico.
In alcuni dipinti donne e uomini fanno sesso come interpretando una scena porno, i suoi personaggi vivono il corpo e la sessualità in maniera esibizionistica e alterata. Sembrano recitare a soggetto in una scenografia allestita per un film o un selfie. In questo senso Currin ricerca e attiva qualcosa di paradossale: tra reale e fittizio, tra contemplazione e voyerismo, tra osceno e raffinato, tra verità fotografica e invenzione figurativa. Figure illanguidite o intorpidite, non per via di droghe o pratiche estreme, quanto piuttosto per fiacchezza morale sono il pretesto artistico per dipingere con deliberata onestà e studiata franchezza liberandosi di ogni nostalgia accademica e di ogni ideologica avversione verso la pittura figurativa.
Mai sgradevole, mai disgustoso, e mai scontato, Currin affronta generi e stili diversi scegliendo e alternando temi e registri differenti come il ritratto, la natura morta, l’osceno e il triviale, il lirico e il sentimentale. La sua abilità si manifesta in ritratti eseguiti con pennellate veloci e sprezzanti come in Frans Hals e Édouard Manet, in nature morte eseguite con la perizia calligrafica di un pittore olandese rinascimentale, in tappezzerie e mazzi di rose di una freschezza impressionistica. Ogni suo quadro è anche un omaggio simultaneo alla grande pittura europea e alle sue diverse stagioni: alla pittura rinascimentale (Botticelli e Cranach), a quella manierista (Dosso Dossi e Parmigianino), così come a Tiepolo e Fragonard, a Courbet e Monet, a Magritte e Otto Dix, all’illustrazione pornografica di Giulio Romano e a quella di Paul Emile Becat.
La nudità viene ostentata, così come i genitali, che appaiono esibiti con minuziosa impudicizia, allo stesso modo di una capigliatura, di una stoffa, di un elemento di decoro o di arredo, di un servizio di porcellana, di una caraffa ricolma di acqua, di un tacchino o di un astice. Spesse volte le donne ritratte in accoppiamenti o conversazioni galanti, sorridono e digrignano, soffrono e godono nello stesso istante e modo. Rabbia, isteria, sintomatici difetti inscrivono termini da ‘commedia’ all’interno di nobili composizioni. In molti casi dietro la scintillante bellezza, la lussureggiante sensualità, affiora un senso di vacuità e di glaciale indifferenza, come se il benessere e il lusso, avessero reso insensibili pelle e anima, trasformando l’amore romantico in apatico consumo sessuale. Le sue donne possono essere superdotate (seni e fianchi rotondi e gonfi), o al contrario esibiscono la propria magrezza, una sterilità che è sia del corpo sia dell’anima. La voracità sessuale sembra una conseguenza esagerata della frigidità morale di una classe sociale plasmata dal lusso e dal consumo.
Allo stesso tempo si avverte un senso di genuino stupore di fronte al miracolo della pittura quando con essa è dato immortalare il trascorrere della vita in un’espressione o in una forma, una sensazione elettrizzante o piacevole, un sentimento di benevolenza o compassione in una linea o in un colore fissando per sempre quel magico momento in cui l’esserci stesso di una cosa, o di una donna, di un’espressione non tramonta ma risorge pittoricamente ogni volta e per sempre. Nella sua carriera, Currin, ha affrontato generi e soggetti nobili e volgari, in modo ora oltraggioso e perfino grottesco, svelando difetti, vizi, pene, idiosincrasie, il lato patologico della libido e quello angoscioso dell’eccitazione, inscrivendo ogni elemento perturbante, fosse anche la sofferenza, il dolore, l’angoscia, in una superficie pittorica analoga o contraria. La stesura pittorica, infatti, appare ora sprezzante e veloce ora lenta e meditata, ora puntigliosa e meticolosa ora immediata e beffarda.
In mostra saranno presentati una serie di dipinti inediti per l’Italia, scelti dall’artista in dialogo con le straordinarie raccolte di pittura e scultura del Museo Stefano Bardini, grandissimo antiquario e collezionista fiorentino del XIX secolo. Si tratta di ritratti familiari (Rachel, sua moglie, i tre figli Francis, Hollis e Flora), di ritratti allegorici (Flora, The Penitent, The Lobster) e di ritratti muliebri (Bent Lady, Anna, Big Hands), di nudi femminili (Nude in a convex mirror), opere presentate per la prima volta in Italia affiancate a Madonne donatelliane, bronzetti e porcellane, cornici intagliate, dipinti seicenteschi, sculture lignee medievali.
Saranno esposti pure alcuni disegni, a ben rappresentare la prodigiosa tecnica di Currin, in dialogo con la “sprezzatura” grafica di Tiepolo e Piazzetta, di cui al Museo Bardini si conserva una serie assai pregevole di esemplari.
In occasione della mostra, curata da Antonella Nesi e Sergio Risaliti, verrà pubblicato un catalogo (Forma edizioni) con riproduzioni a colori delle opere di John Currin, saggi critici dei curatorie un’intervista di Angus Cook all’artista. La mostra promossa dal Comune di Firenze, è organizzata dall’associazione Mus.e, in collaborazione con Gagosian Gallery e con il sostegno di Faliero Sarti.
Inaugurazione Lunedì 13 giugno ore 18
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