Adriana Luperto. All you can fuck
![Adriana Luperto, Pausa, 2020, acquerello su carta di riso, 30x38 cm. Adriana Luperto, Pausa, 2020, acquerello su carta di riso, 30x38 cm.](http://www.arte.it/foto/600x450/d8/113535-06_Adriana-Luperto---Pausa-2020-acquerello-su-carta-di-riso-30x38-cm.jpg)
Adriana Luperto, Pausa, 2020, acquerello su carta di riso, 30x38 cm.
Dal 08 Marzo 2021 al 10 Maggio 2021
Firenze
Luogo: Crumb Gallery
Indirizzo: Via San Gallo 191 rosso
Orari: su appuntamento –
Prolungata: fino al 10 maggio 2021
Telefono per informazioni: +39 347 3681894
E-Mail info: crumbgalleryfi@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.crumbgallery.com
ALL YOU CAN FUCK è la mostra di Adriana Luperto che inaugura lunedì 8 marzo 2021 alla Crumb Gallery Firenze.
ALL YOU CAN FUCK è il nome dei bordelli a tariffa forfettaria, a disposizione di uomini in cerca di sesso a pagamento, che troviamo a Berlino e un po’ ovunque in Germania, dove la prostituzione è legale fin dagli inizi del Duemila. Sono luoghi in cui, oltre al cibo, per 90-130 euro, puoi “consumare” le sex workers, ragazze costrette anche a decine di rapporti al giorno, dalle 16 alle 3 di notte.
Adriana Luperto - una delle anime fondatrici della Crumb Gallery e del suo progetto dedicato esclusivamente al promuovere l’arte al femminile - racconta attraverso 15 acquerelli su carta di riso, una tecnica dal tocco delicato, le molte storie che tutti i giorni si consumano con orrore sulla pelle di tante donne di etnie diverse, italiane, nigeriane, rumene, bulgare, ungheresi …
“Ho letto libri, parlato con donne che si sono prostituite, ascoltato racconti quasi dell’orrore sulla vita che sono state costrette a fare: quello che sappiamo sulla mercificazione del corpo di una donna è nulla di fronte all’enormità della realtà.” Ci racconta l’artista. “Non ho voluto riportare tutto questo: ho voluto far vedere la loro bellezza, la loro sensualità, che c’è, sempre, a prescindere da tutto”.
In Italia le case chiuse non esistono più dal 1958 e in Europa troviamo vari modelli di regolamentazione e legalizzazione della prostituzione. Molte grandi città hanno quartieri a luci rosse e case d’appuntamento ma tutto ciò non ha aiutato a fermare il traffico sessuale.
Un tema, quello della prostituzione, assai dibattuto. Un tema al quale Luperto lavora da più di un anno come fosse una cronista. Nei suoi dipinti “non c’è denuncia, non c’è giudizio.” Scrive Rory Cappelli nel testo nel catalogo (collana NoLines), pubblicato da Crumb Gallery in occasione dalla mostra. “Eppure per Luperto il sesso a pagamento è sempre qualcosa di scippato, qualcosa che una donna non darebbe mai se non vi fosse costretta: dalla miseria, dalla propria storia personale, dal convincimento che sia libertà il disporre del proprio corpo come meglio si crede, dalla violenza del trafficking, la tratta delle donne, un fenomeno multiforme ed estremamente duttile nel cambiare tattica e metodo per non farsi individuare che sta dilagando come un cancro senza cura.”
Le sue opere sono come dei fermoimmagine che ci invitano a riflettere. C’è la storia de La bambina, appoggiata a una porta socchiusa, dove aleggia quell’innocenza dell’infanzia non ancora intaccata dalla crudeltà della vita. Ci sono le donne sedute al margine della strada in attesa, in Pausa oppure la sola sedia vuota a dominare in modo emblematico la scena. Ci sono le Nigeriane che camminano di spalle sullo sfondo di un cielo livido. C’è uno sguardo sugli Anni Trenta con tre donne in guepierre e seno nudo che nella posa ricordano l’intrecciarsi di molte raffigurazioni delle Tre Grazie, dei dipinti antichi. E ancora ALL YOU CAN FUCK, di grandi dimensioni, in cui in un’aula dai toni sul rosso si raccolgono mezze nude una serie di ragazze, quasi sui banchi di una chiesa, pronte a iniziare la nottata.
In questi dipinti, la figura dell’uomo è una presenza/assenza, manca quasi sempre o meglio, la troviamo di spalle, defilata, spettatore muto anche se di fatto ne è il vero protagonista che, all’interno dell’esposizione, la sound editor Francesca Sandroni è riuscita ad evocare in maniera convincente con un’installazione sonora.
In catalogo, oltre al testo sulla mostra, troviamo due interviste realizzate da Rory Cappelli e Anna Maria Liguori, due testimonianze, storie vere, di una ragazza nigeriana e una ragazza rumena costrette a prostuirsi.
Adriana Luperto, salentina di nascita, da sempre ha vissuto intrecciando attività lavorative diverse con la passione per l’arte e la pittura. A 21 anni si trasferisce a Milano. Nel 1989 durante un viaggio in Cina, si ferma un mese a Shanghai e prende lezioni da un maestro locale, con il quale studia e esplora la tecnica tradizionale dell’acquerello su carta di riso. All’inizio degli anni Novanta lavora con continuità a scenografie, murales e allestimenti a Lugano, in collaborazione con una scenografa/attrice svizzera e una grafica portoricana. Dal 2000 espone in diverse personali a Milano, cercando per le sue opere luoghi estranei ai circuiti espositivi: cortili di abitazioni, bar, locali notturni.
Nel 2005 collabora con la cantautrice Pia Tuccitto illustrando il booklet del suo cd, Un segreto che. Sempre nel 2005 espone a Bologna nella manifestazione Video Freccia, e successivamente, a novembre dello stesso anno presso MaKìa. Nel 2007 partecipa nell’ambito della Biennale di Venezia a 13×17 Padiglione Italia, iniziativa curata da Philippe Daverio e Jean Blanchaert (AA.VV., 13×17, 1000 artisti per un’indagine eccentrica sull’arte in Italia,catalogo Rizzoli). Nel 2009 espone prima a Milano nella mostra dal titolo di là, insieme ad Antonella De Simone, presso lo storico locale Cicip Ciciap e poi a Lecce, alla galleria Cortenumero9. Tra il 2014 e il 2016 lavora a un ciclo di acrilici di grande formato, dal titolo La solitudine dell’amore, di cui la casa editrice VandAepublisher pubblica il catalogo nel 2017 (prefazione di Rory Cappelli de La Repubblica).
Dal 2016 vive tra Lecce e Firenze e dopo aver lavorato in diversi campi - dal mondo audio e luci per lo spettacolo, a quello del design fino al mondo della ristorazione - decide di dedicarsi completamente all’arte. Tra le ultime personali: Milano nei miei occhi Libreria Bocca, Milano (6 dicembre 2017 – 8 gennaio 2018), catalogo VandAepublisher a cura di Vera Agosti (2017); Preferisco il rumore del mare, Tethys Gallery, Firenze (aprile 2018); da milano al mare, Osteria Ronchetto, Lugano (giugno 2018); Fuori, qèc – via Sercambi, Firenze (novembre 2018); Tra terra e cielo, Crumb Gallery, Firenze (giugno 2019).
Francesca Sandroni è sound designer e artista multimediale nel suo lavoro fonde sonorità elettroacustiche e inserti vocali alla ricerca di atmosfere sospese in relazione tra l’antropologia sonora e quella umana. Le sue recenti partecipazioni artistiche vanno dalla Torino di Flashback al Macro di Roma, passando per la sound performance Politics of Dissonance a Palermo, il Music Video Festival di Oulu Finland e la Safavi House Isfahan, In Iran.
ALL YOU CAN FUCK è il nome dei bordelli a tariffa forfettaria, a disposizione di uomini in cerca di sesso a pagamento, che troviamo a Berlino e un po’ ovunque in Germania, dove la prostituzione è legale fin dagli inizi del Duemila. Sono luoghi in cui, oltre al cibo, per 90-130 euro, puoi “consumare” le sex workers, ragazze costrette anche a decine di rapporti al giorno, dalle 16 alle 3 di notte.
Adriana Luperto - una delle anime fondatrici della Crumb Gallery e del suo progetto dedicato esclusivamente al promuovere l’arte al femminile - racconta attraverso 15 acquerelli su carta di riso, una tecnica dal tocco delicato, le molte storie che tutti i giorni si consumano con orrore sulla pelle di tante donne di etnie diverse, italiane, nigeriane, rumene, bulgare, ungheresi …
“Ho letto libri, parlato con donne che si sono prostituite, ascoltato racconti quasi dell’orrore sulla vita che sono state costrette a fare: quello che sappiamo sulla mercificazione del corpo di una donna è nulla di fronte all’enormità della realtà.” Ci racconta l’artista. “Non ho voluto riportare tutto questo: ho voluto far vedere la loro bellezza, la loro sensualità, che c’è, sempre, a prescindere da tutto”.
In Italia le case chiuse non esistono più dal 1958 e in Europa troviamo vari modelli di regolamentazione e legalizzazione della prostituzione. Molte grandi città hanno quartieri a luci rosse e case d’appuntamento ma tutto ciò non ha aiutato a fermare il traffico sessuale.
Un tema, quello della prostituzione, assai dibattuto. Un tema al quale Luperto lavora da più di un anno come fosse una cronista. Nei suoi dipinti “non c’è denuncia, non c’è giudizio.” Scrive Rory Cappelli nel testo nel catalogo (collana NoLines), pubblicato da Crumb Gallery in occasione dalla mostra. “Eppure per Luperto il sesso a pagamento è sempre qualcosa di scippato, qualcosa che una donna non darebbe mai se non vi fosse costretta: dalla miseria, dalla propria storia personale, dal convincimento che sia libertà il disporre del proprio corpo come meglio si crede, dalla violenza del trafficking, la tratta delle donne, un fenomeno multiforme ed estremamente duttile nel cambiare tattica e metodo per non farsi individuare che sta dilagando come un cancro senza cura.”
Le sue opere sono come dei fermoimmagine che ci invitano a riflettere. C’è la storia de La bambina, appoggiata a una porta socchiusa, dove aleggia quell’innocenza dell’infanzia non ancora intaccata dalla crudeltà della vita. Ci sono le donne sedute al margine della strada in attesa, in Pausa oppure la sola sedia vuota a dominare in modo emblematico la scena. Ci sono le Nigeriane che camminano di spalle sullo sfondo di un cielo livido. C’è uno sguardo sugli Anni Trenta con tre donne in guepierre e seno nudo che nella posa ricordano l’intrecciarsi di molte raffigurazioni delle Tre Grazie, dei dipinti antichi. E ancora ALL YOU CAN FUCK, di grandi dimensioni, in cui in un’aula dai toni sul rosso si raccolgono mezze nude una serie di ragazze, quasi sui banchi di una chiesa, pronte a iniziare la nottata.
In questi dipinti, la figura dell’uomo è una presenza/assenza, manca quasi sempre o meglio, la troviamo di spalle, defilata, spettatore muto anche se di fatto ne è il vero protagonista che, all’interno dell’esposizione, la sound editor Francesca Sandroni è riuscita ad evocare in maniera convincente con un’installazione sonora.
In catalogo, oltre al testo sulla mostra, troviamo due interviste realizzate da Rory Cappelli e Anna Maria Liguori, due testimonianze, storie vere, di una ragazza nigeriana e una ragazza rumena costrette a prostuirsi.
Adriana Luperto, salentina di nascita, da sempre ha vissuto intrecciando attività lavorative diverse con la passione per l’arte e la pittura. A 21 anni si trasferisce a Milano. Nel 1989 durante un viaggio in Cina, si ferma un mese a Shanghai e prende lezioni da un maestro locale, con il quale studia e esplora la tecnica tradizionale dell’acquerello su carta di riso. All’inizio degli anni Novanta lavora con continuità a scenografie, murales e allestimenti a Lugano, in collaborazione con una scenografa/attrice svizzera e una grafica portoricana. Dal 2000 espone in diverse personali a Milano, cercando per le sue opere luoghi estranei ai circuiti espositivi: cortili di abitazioni, bar, locali notturni.
Nel 2005 collabora con la cantautrice Pia Tuccitto illustrando il booklet del suo cd, Un segreto che. Sempre nel 2005 espone a Bologna nella manifestazione Video Freccia, e successivamente, a novembre dello stesso anno presso MaKìa. Nel 2007 partecipa nell’ambito della Biennale di Venezia a 13×17 Padiglione Italia, iniziativa curata da Philippe Daverio e Jean Blanchaert (AA.VV., 13×17, 1000 artisti per un’indagine eccentrica sull’arte in Italia,catalogo Rizzoli). Nel 2009 espone prima a Milano nella mostra dal titolo di là, insieme ad Antonella De Simone, presso lo storico locale Cicip Ciciap e poi a Lecce, alla galleria Cortenumero9. Tra il 2014 e il 2016 lavora a un ciclo di acrilici di grande formato, dal titolo La solitudine dell’amore, di cui la casa editrice VandAepublisher pubblica il catalogo nel 2017 (prefazione di Rory Cappelli de La Repubblica).
Dal 2016 vive tra Lecce e Firenze e dopo aver lavorato in diversi campi - dal mondo audio e luci per lo spettacolo, a quello del design fino al mondo della ristorazione - decide di dedicarsi completamente all’arte. Tra le ultime personali: Milano nei miei occhi Libreria Bocca, Milano (6 dicembre 2017 – 8 gennaio 2018), catalogo VandAepublisher a cura di Vera Agosti (2017); Preferisco il rumore del mare, Tethys Gallery, Firenze (aprile 2018); da milano al mare, Osteria Ronchetto, Lugano (giugno 2018); Fuori, qèc – via Sercambi, Firenze (novembre 2018); Tra terra e cielo, Crumb Gallery, Firenze (giugno 2019).
Francesca Sandroni è sound designer e artista multimediale nel suo lavoro fonde sonorità elettroacustiche e inserti vocali alla ricerca di atmosfere sospese in relazione tra l’antropologia sonora e quella umana. Le sue recenti partecipazioni artistiche vanno dalla Torino di Flashback al Macro di Roma, passando per la sound performance Politics of Dissonance a Palermo, il Music Video Festival di Oulu Finland e la Safavi House Isfahan, In Iran.
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