Giuseppe Mentessi (1857-1931). Artista di sentimento
Dal 10 Marzo 2018 al 10 Giugno 2018
Ferrara
Luogo: Pinacoteca Nazionale di Ferrara | Palazzo dei Diamanti
Indirizzo: corso Ercole I d'Este 21
Costo del biglietto: Intero € 6, ridotto € 3. Gratuito under 18
Telefono per informazioni: +39 0532.205844
Sito ufficiale: http://www.gallerie-estensi.beniculturali.it/pinacoteca-nazionale/
Giuseppe Mentessi ha fatto di quasi ciascuna delle sue opere un inno all’amore, al dolore, alla pietà. Egli è dunque in ispecie artista di sentimento, non dimenticando però mai di dover essere, innanzi tutto, pittore.
Vittorio Pica, 1903
Dal 10 marzo al 10 giugno 2018, la Pinacoteca Nazionale di Ferrara | Palazzo dei Diamanti celebra Giuseppe Mentessi (1857-1931) una delle figure di spicco dell’arte italiana fra Otto e Novecento, nel momento di passaggio dal verismo al simbolismo.
L’esposizione, curata da Marcello Toffanello, organizzata dalle Gallerie Estensi in collaborazione con AssiCoop Modena&Ferrara UnipolSai Assicurazioni e Legacoop Estense, affronterà il tema dell’espressione dei sentimenti in pittura tra il 1890 e il 1909, coincidente con il periodo centrale e più significativo dell’attività dell’artista ferrarese.
L’iniziativa presenterà una selezione di opere di Giuseppe Mentessi proveniente dalla collezione di AssiCoop, oltre a una scelta di disegni delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Ferrara.
Il percorso artistico di Mentessi e la sua adesione alle tematiche sociali sarà riassunto da tre dipinti particolarmente significativi - Visione triste; Ora triste; Ramingo - e dai loro bozzetti e disegni preparatori, per seguire il processo creativo, dall’invenzione del soggetto alla sua trasposizione su tela.
Esemplare in tal senso è il dipinto Visione triste, proveniente dalla Galleria Ca’ Pesaro di Venezia, proposto accanto al bozzetto inedito a pastello, a grandezza naturale, recentemente acquistato da AssiCoop, e di una selezione significativa della lunga serie di disegni eseguiti dall’artista nella preparazione dell’opera.
La grande tempera a tecnica mista, esposta alla Biennale veneziana del 1899 e premiata con una medaglia d’argento all’Esposizione Universale di Parigi nel 1900, segna il passaggio di Mentessi da una rappresentazione naturalistica della realtà alla sua trasfigurazione in termini simbolici. Concepito inizialmente come opera di denuncia della condizione contadina nella Pianura Padana, resa tragica dalla diffusione della pellagra, nel corso della sua elaborazione il dipinto assume la forma di un’allegoria religiosa, un calvario contadino. Il grande bozzetto che in quest’occasione si presenta per la prima volta al pubblico rappresenta l’anello di congiunzione fra gli studi condotti a matita dal vero sui modelli e la loro trasposizione in pittura secondo una personale interpretazione del divisionismo che porta l’artista ferrarese a stendere il colore in lunghi filamenti.
Altre due opere definiscono i termini dell’adesione di Mentessi alle tematiche del realismo sociale. Ora triste, di cui si espongono in mostra due disegni e il bozzetto a olio delle Gallerie d’Arte Moderna di Ferrara, fu presentata alla prima Triennale di Brera a Milano nel 1891. Una malinconica intonazione azzurrina accentua l’ispirazione sentimentale del dipinto, che fu salutato dalla critica progressista come un superamento del brutale realismo verista fino allora imperante.
Vent’anni più tardi, mutato ormai il clima artistico, Ramingo, conservato al MASI -Museo d’Arte della Svizzera Italiana di Lugano, esposto alla Biennale del 1909 chiude la fase più felice e innovativa dell’opera di Mentessi. Il confronto con il bozzetto proveniente dalle collezioni ferraresi della Banca Popolare dell’Emilia Romagna rivela come, anche in questo caso, il dialogo silenzioso fra il povero pellegrino e il Cristo sofferente sia frutto di un ripensamento in chiave simbolista e religiosa di una prima idea per l’opera, raffigurante una madre col bambino. I disegni per le due figure principali del dipinto, gli studi per lo sfondo architettonico – paragonabile a una quinta scenografica barocca – e le incisioni con cui Mentessi rielabora alcune delle sue opere più celebri, rivelano il saldo possesso degli “strumenti del mestiere”, frutto di una solida formazione accademica e di decenni di insegnamento dei fondamenti del disegno, della prospettiva e del paesaggio.
La mostra si chiude con una selezione di disegni provenienti dal ricco fondo di opere grafiche di Mentessi nelle collezioni di AssiCoop, che permette uno sguardo nel laboratorio dell’artista: dalle prime idee abbozzate su fogli di fortuna a studi dettagliati pronti per essere riportati sulla tela. A questi si aggiungono i molti fogli di taccuino fitti di annotazioni, in cui sono acutamente colti scorci di paesaggio, testimonianze di una felice attività artistica quotidianamente praticata da Mentessi fin negli ultimi giorni di vita.
Accompagna l’esposizione un catalogo con testi di Michele Nani e Marcello Toffanello, disponibile in Pinacoteca.
Giuseppe Mentessi nasce a Ferrara il 29 settembre 1857 da una coppia di modesti commercianti. La morte dell’anziano padre riduce presto la famiglia in condizioni di povertà e il giovane Giuseppe potrà continuare gli studi solo grazie ai sacrifici della madre e ai sussidi del Comune. Dopo aver frequentato l’Accademia di Parma, nel 1877 raggiunge l’amico Gaetano Previati presso l’Accademia di Brera a Milano, dove frequenta il vivace ambiente della scapigliatura e i circoli socialisti raccolti attorno alle figure di Filippo Turati e del suo avvocato Luigi Majno. Si dedica inizialmente alla pittura di paesaggio, che insegnerà, assieme al disegno prospettico, dal 1880 al 1924.
Nel 1891 presenta alla I Triennale di Brera il dipinto Ora triste, che segna la svolta dell’artista verso una pittura di contenuto umanitario. Nel 1895 espone alla I Mostra Internazionale di Venezia Panem Nostrum Quotidianum, ancora oggi considerato uno dei capolavori del realismo sociale in Italia, partecipando in seguito assiduamente alle edizioni della Biennale fino al 1914. Nel 1900 tocca l’apice della fama ottenendo la medaglia d’argento all’Esposizione Universale di Parigi con il dipinto Visione triste e il Premio Principe Umberto con il pastello Madre operaia.
Nel 1909, dopo aver esposto a Venezia la tela Ramingo, torna alla pittura di paesaggio. Nel 1925 i suoi disegni ritraenti scorci dei monumenti romani sono pubblicate in volume accompagnate da un testo del celebre architetto Luca Beltrami. Muore a Milano il 14 giugno 1931.
Orari: da martedì a domenica 10-17.30. Chiuso lunedì
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