Figlio d’arte, Donato mostra ben presto una spiccata predilezione per il disegno, tanto da spingere il padre, il quadraturista Giuseppe, a collocarlo presso la bottega di Giorgio Raparini, a Bologna, dove la famiglia era ritornata nel 1673. Dopo le sollecitazioni di Gerolamo Negri, detto il Boccia, è sempre il padre a introdurlo nell’Accademia del Nudo, presso la casa del pittore Lorenzo Pasinelli. Nel 1685 il giovane Donato ha modo di far conoscere il proprio talento al senatore bolognese conte Alessandro Fava, padre di Pietro Ercole, anche lui frequentatore dell’Accademia. Da quel momento Alessandro gli commissiona diverse tele, affidandogli nel 1688 la decorazione di una sala di Palazzo Fava attigua a quella affrescata con le Storie di Giasone dai Carraci. Nel 1713 sposa Francesca Zani, che morirà purtroppo solo sei anni più tardi, lasciandogli tre figli. Nel 1728 è nominato principe dell'Accademia Clementina. Muore nel 1749 dopo aver prodotto numerosi dipinti sia di carattere sacro (la Madonna e S. Ignazio, L'elemosina di S. Carlo Borromeo, il Sogno di Giobbe e Salomone e la regina di Saba) sia di carattere profano (soprattutto soggetti storico-mitologici e pastorali, come l’Alessandro Magno minacciato dal padre Filippo di Macedonia, Episodi della storia di Achille, Scene campestri e Ballo di ninfe). Al pari di altri esponenti del classicismo bolognese, anche Creti fece dell’incessante ricerca di forme ideali una missione esistenziale oltre che professionale. Zanotti racconta che "per sua professione studia senza fine, sospira, s’affanna e da in ismanie, tal è il desiderio che egli ha di perfezione, e di gloria, ne mai si stanca di finire e rifinire l'opera sua".
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Michelangelo Merisi