Cinema e beni culturali con Italy for Movies
L’Italia dei beni culturali, un grande set da sogno per il cinema
Una scena del film Angeli e demoni girata alla Reggia di Caserta | Immagine fornita Italy for Movies
Monica Sardelli e Gianni Pittiglio - Italy for Movies
14/05/2020
Avete mai visto un film e desiderato conoscere i luoghi in cui si muovono i personaggi o aspettato in sala di veder scorrere i titoli di coda fino all’ultima riga per conoscerne le location esatte?
In Italia, paese che vanta un territorio estremamente variegato dal punto di vista paesaggistico, culturale e architettonico e il maggior numero al mondo di beni patrimonio Unesco, i luoghi dei film coincidono spesso con i beni culturali. Beni che, grazie al cinema, straordinario strumento di promozione del territorio, fanno il giro del mondo attirando un gran numero di cosiddetti cineturisti.
Promuovere il nostro territorio attraverso il cinema è uno degli scopi di Italy for Movies (portale e app), gestito dalla Direzione Comunicazione e Web di Istituto Luce-Cinecittà in collaborazione con Italian Film Commissions e promosso dal MiBACT. I registi, i produttori e gli addetti ai lavori che vogliono girare un film nel Bel Paese hanno a disposizione un database in continuo aggiornamento di location accessibili attraverso un motore di ricerca. Agli appassionati è invece dedicata la “Mappa film, serie tv e game” arricchita da alcuni itinerari tematici. Quello che segue è un piccolo assaggio del lavoro di Italy for Movies, un racconto, non esaustivo, di questo legame, spesso inscindibile, tra cinema e beni culturali italiani.
Una scena della serie tv The Young Pope ambientata a Palazzo Venezia a Roma | Immagine fornita da Italy for Movies
Il Vaticano fuori dal Vaticano
L’impossibilità di girare scene ambientate in Vaticano tra le mura della Santa Sede, ha portato da sempre le produzioni altrove, ma recentemente, complice anche la particolare concentrazione di opere “a tema pontificio”, le location sono aumentate.
Palazzo Farnese a Caprarola, per esempio, è un luogo tradizionale per “interpretare” questo importante ruolo e qui ha girato anche Fernando Meirelles, per il suo I due papi (2019), che però vi ha ambientato i giardini della residenza estiva di Castel Gandolfo, dove passeggiano i pontefici Ratzinger e Bergoglio interpretati da Anthony Hopkins e Jonathan Pryce.
Sono, però, le due serie di Paolo Sorrentino, The Young Pope e The New Pope, ad aver regalato nuovi spazi scenici allo Stato Pontificio. Per i giardini vaticani, la scelta è stata multipla, e le diverse sequenze sono girate a Villa Lante a Bagnaia (dove si aggirava anche Michel Piccoli nell’Habemus Papam di Nanni Moretti, 2011), all’Orto Botanico di Roma, un tempo della famiglia Corsini, e nelle splendide Ville romane dei Medici, Piccolomini e Pamphilj, dov’è stato utilizzato anche il Casino del Buon Respiro, progettato da Alessandro Algardi e Giovanni Francesco Grimaldi nel Seicento per la famiglia di Innocenzo X. Per gli interni del Palazzo Apostolico, infine, è stato soprattutto Palazzo Venezia a Roma il vero protagonista: la grande mole voluta da papa Paolo II (1464-71), con il suo cortile porticato e i tre grandi saloni monumentali, la Sala Regia, la Sala del Mappamondo e la Sala del Concistoro (o delle Battaglie), è stata ripetutamente utilizzata in entrambe le serie, fino all’ironico e cinefilo finale del triciclo alla Shining che scorrazza proprio per quelle enormi sale…
Il Piazzale degli Uffizi a Firenze, Progetto di Giorgio Vasari (Arezzo, 30 luglio 1511 - Firenze, 27 giugno 1574)
Giorgio Vasari perfetto scenografo
A 500 anni di distanza, Giorgio Vasari, l’eclettico artista aretino che lavorò, tra gli altri, per i Medici, per i papi e per i dogi, può ritenersi un abile scenografo anche in un’arte a lui ignota come il cinema.
Il suo capolavoro architettonico, l’edificio degli Uffizi, infatti, è stato più volte location di film, che hanno sfruttato soprattutto il suo cortile a U, che da Piazza della Signoria arriva sul Lungarno con un arco che fa da raccordo alle due lunghe ali, in uno splendido esempio d’arredamento urbano.
Il palazzo fu realizzato per Cosimo I de’ Medici nella seconda metà del Cinquecento per ospitare gli uffici delle tredici principali Magistrature del Granducato di Toscana, e solo in seguito diverrà la sede di uno dei musei più famosi del mondo, aperto al pubblico nel 1769.
Proprio lo spazio esterno, oggi noto come Piazzale degli Uffizi, con i suoi portici, ha ospitato sequenze di diverse pellicole. Qui si ritrovano centinaia di ragazzi, tra cui i protagonisti della storia, ne La meglio gioventù (Marco Tullio Giordana, 2003), come volontari per mettere in salvo il salvabile del grande patrimonio artistico e librario dopo l’alluvione del 1966; ed è proprio sotto i portici che parlano, ad esempio, Carlino (Bruno Berellini) ed Elisa (Cosetta Greco) in Cronache di poveri amanti (Carlo Lizzani, 1954), mentre più recentemente il palazzo è stato teatro di posa anche per la trasposizione del romanzo di Dan Brown, Inferno (Ron Howard, 2016), in gran parte ambientato a Firenze. Per le strade della città, infatti, Uffizi compresi, fanno le loro ricerche il professor Langdon (Tom Hanks) e la dottoressa Sienna Brook (Felicity Jones).
Un’ultima chicca avviene agli Uffizi ne La sindrome di Stendhal di Dario Argento (1996), in cui la protagonista, Anna, interpretata da Asia Argento, sviene in preda al disturbo psicosomatico che dà il titolo alla pellicola, proprio nelle sale del museo fiorentino. È buffo notare, però, che la scena si svolge davanti alla Caduta di Icaro di Pieter Brueghel, conservata in realtà ai Musées Royaux di Bruxelles… meraviglie del cinema!
Lo Scalone d'Onore alla Reggia di Caserta, Luigi Vanvitelli (Napoli, 12 maggio 1700 - Caserta, 1º marzo 1773) | Foto: tirex22 via Pixabay
Reggia di Caserta: tra Vaticano e altri mondi
Carlo di Borbone, visionario monarca partenopeo, commissionò una dimora, la Reggia di Caserta, che dovesse rappresentare lo spirito illuminato e cosmopolita del suo governo e che reggesse il confronto con Versailles. Il grandioso progetto di Luigi Vanvitelli ebbe inizio nel 1752 e terminò quasi un secolo dopo. L’edificio, a pianta rettangolare, si estende per circa 47.000 m2 e 5 piani di altezza. Ha 1.200 stanze, 34 scale e 1.742 finestre. Impossibile per il cinema non notarlo! E infatti sono tantissimi i film che ne hanno utilizzato gli spazi, dalla miniserie Luisa Sanfelice dei fratelli Taviani (2004) a Ferdinando e Carolina (1999), con cui Lina Wertmüller racconta la vita amorosa del “Re Nasone” solo per citarne un paio.
Gli interni della Reggia sono stati anche altri mondi: nel vestibolo superiore circolare, intervallato da colonne, a cui si ha accesso dallo Scalone d’Onore - per l’occasione la sala del trono del palazzo reale della regina Amidala sul pianeta Naboo - si discute di guerra nei primi due episodi di Star Wars.
Ma la Reggia è stata soprattutto, e più volte, il Vaticano: qui Ethan Hunt (Tom Cruise) e la sua squadra tentano di sgominare una pericolosa organizzazione terroristica nel terzo capitolo della saga Mission Impossible (J. J. Abrams, 2006) e sempre qui, sullo Scalone d’Onore, si muove il corteo cardinalizio per un conclave, preludio ad una serie di misteri su cui indagherà lo studioso di simbologia Robert Langdon col volto di Tom Hanks in Angeli e demoni (Ron Howard, 2009).
Una scena del film Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino ambientata a Crema | Immagine fornita da Italy for Movies
Crema in una calda estate dell’83
Nel 2017, Luca Guadagnino scelse Crema e i colori evocativi della sua campagna come sfondo della storia d’amore tra Elio (Timothée Chalamet) e Oliver (Armie Hammer) in Chiamami col tuo nome. Le atmosfere ci riportano ad una calda estate del 1983, in cui librerie e tavoli traboccano di libri e le tavolate, ritrovo di parenti e amici, si allestiscono sotto una veranda, all’ombra di alberi da frutto. Da Villa Albergoni, dimora storica circondata da otto ettari di parco a Moscazzano, partono le esplorazioni in bicicletta dei protagonisti, soprattutto a Crema. Tra i monumenti che ne raccontano la storia millenaria, a rimanere impressa è Piazza Duomo, con i suoi portici, il profilo a capanna della cattedrale e il Torrazzo, porta monumentale della città, dove, seduti ai tavolini di un bar, tra una lettura ed una bibita fresca, i ragazzi imparano a conoscersi. Ma le telecamere si soffermano anche su Pandino, dominata dal castello visconteo, e i Fontanili di Capralba alimentati da polle risorgive naturali, come il Fontanile Quarantina nella frazione di Farinate, dove Elio confessa di rifugiarsi a leggere e strappa ad Oliver il primo bacio.
Rocche d’Abruzzo tra storia e mito
L’Abruzzo vanta una gran varietà di paesaggi naturali intervallata da borghi, eremi, castelli, il tutto condito con un’aura di misticismo che il cinema ha più volte catturato quando ha raccontato storie di Medioevo. Una di queste ha come protagonisti Etienne (Rutger Hauer), lupo di notte, e Isabeau (Michelle Pfeiffer), Ladyhawke, falco di giorno, amanti colpiti da un incantesimo. A far da sfondo a questa storia avventurosa, un’ambientazione francese con tante location italiane, ma lo scenario che più colpisce l’immaginazione è probabilmente quello abruzzese: nel vasto altopiano di Campo Imperatore il falco viene ferito, nella Rocca di Calascio viene curato da un monaco eremita. E il lieto fine è garantito.
Scendendo un po’ più a Sud, viviamo altre storie in altri manieri, come l’impervia Roccascalegna, costruita dai longobardi per difendersi degli attacchi bizantini e arroccata su uno sperone di roccia. Qui Matteo Garrone ambienta la sua versione de Lo cunto de li cunti (Il racconto dei racconti, 2015), raccolta di fiabe che Gianluca Basile scrisse nel XVII secolo, facendovi dimorare il Re di Roccaforte, in cui Vincent Cassel, nell’episodio Le due vecchie, sposa con l’inganno la vecchia Dora tornata giovane a seguito di un incantesimo.
Nel 1327 l’imperatore Ludovico di Baviera ha appena proclamato la separazione tra politica e religione. Papa Giovanni XXII lo scomunica ed è guerra tra i due eserciti in Italia. È questa la premessa in cui si dipana la trama de Il nome della rosa capolavoro di Umberto Eco che Jean-Jacques Annaud per primo, nel 1986, portò al cinema (utilizzando, tra gli altri, gli scenari di Campo Imperatore). Nella recente trasposizione televisiva (2019) Roccascalegna compare fiera in un solo fotogramma, a rappresentare gli esterni del quartier generale del Distaccamento del Comando Imperiale.
Castel del Monte | Foto: canadastock
L’enigma ottagonale di Castel del Monte
Questa misteriosa costruzione ha da sempre affascinato ricercatori e seguaci di teorie esoteriche che ne hanno studiato le origini della forma e della posizione, sia sul territorio che rispetto alla volta celeste. Quel che è certo è che l’enigma ottagonale di Castel del Monte, otto spigoli su cui si innestano altrettante torri della stessa forma, si trova su un altopiano delle Murge nei dintorni di Andria e fu fatto costruire da Federico II nel XIII secolo. La biblioteca più famosa della letteratura italiana, quella immaginata da Umberto Eco nel suo Il nome della Rosa, ha le sue fattezze, ma per il cinema è stato anche fortezza impenetrabile.
Il re di Altomonte (Toby Jones) dimora qui nell’episodio La Pulce del Racconto dei racconti di Matteo Garrone (2015), sebbene gli interni siano quelli di un altro castello pugliese, quello normanno-svevo di Gioia del Colle. Qui è allestita la sala del trono, dove fa il suo ingresso l’orco che vincerà la mano della principessa messa in palio dal re per chi avesse indovinato che animale fosse quello da lui accudito. Nell’ultima versione cinematografica di Wonder Woman (Patty Jenkins, 2017), Diana, principessa delle Amazzoni, cresce e viene addestrata nell’Isola di Themyscira per sconfiggere Ares, dio della guerra, e l’unica arma in grado di sconfiggerlo si trova in una torre ben protetta, guarda caso, all’interno di Castel del Monte.
Un castello calabrese tra sacro e profano
Aurocastro nelle Puglie è in Calabria… ebbene sì, quel luogo tanto agognato come punto d’arrivo nella lunga peregrinazione dei protagonisti de L’armata Brancaleone (Mario Monicelli, 1966) è in realtà la Fortezza di Le Castella, piccolo centro sull’estremità orientale del Golfo di Squillace, a pochi chilometri da Crotone. Il castello è citato sin dall’inizio della pellicola, quando Abacuc (un formidabile Carlo Pisacane) legge la “cartapecora” che assegna il feudo al cavaliere che lo conquisterà, ed è lì che si svolgerà la battaglia tra lo sgangherato manipolo di uomini che dà il titolo al film e i saraceni.
Eppure, solo un paio d’anni prima, la stessa location aveva fatto da sfondo alla sequenza in cui i discepoli di Giovanni portano un messaggio a Gesù da parte del loro maestro incarcerato (Mt 11) ne Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini (1964). Questa sorta di passaggio di consegne di luoghi cinematografici tra i due film avviene anche per la Torre di Chia (Soriano nel Cimino, Viterbo), che fu persino proprietà del poeta e regista friuliano, che la fece restaurare dall’amico scenografo Dante Ferretti e fu immortalato al suo interno dai famosi scatti di Dino Pedriali.
Una scena del film Profondo Rosso ambientata a Piazza CLN di Torino | Immagine fornita da Italy for Movies
La piazza dell’horror a Torino
Posta subito dietro le chiese gemelle di Piazza San Carlo, fulcro centrale di Torino e location ben utilizzata in numerosi film, si pensi solo a Le amiche di Michelangelo Antonioni (1955) oppure a I compagni di Monicelli (1963), si trova Piazza CLN, vero luogo cult per i cinefili. Qui, infatti, si svolgono alcune sequenze di Profondo Rosso di Dario Argento (1975).
Lo slargo, il cui acronimo ricorda la dedica al Comitato di Liberazione Nazionale, nato nel 1943 per liberare l’Italia dal fascismo, venne ristrutturato nel 1935 dall’architetto Marcello Piacentini con edifici razionalisti come il grande Albergo Nazionale, oggi noto come Nuovo Palazzo San Carlo e che, negli anni dell’occupazione tedesca, fu sede della Gestapo.
L’elemento identitario della piazza, però, è rappresentato dalle grandi fontane di Umberto Baglioni (1937) che raffigurano il Po e la Dora Riparia, rispettivamente personificati da un vecchio uomo, secondo la tradizionale iconografia fluviale, e una giovane donna a seni nudi con un pomo in mano (evidente citazione di una Venere o, meglio ancora, della Paolina Bonaparte di Canova).
In piazza è il palazzo in cui abitano Marc (Gabriele Lavia) e la sensitiva Helga (Macha Méril); davanti alle fontane dialogano Marc e Carlo (David Hemmings) all’inizio del film e, infine, tra le colonne piacentiniane, la scenografia di Giuseppe Bassan previde l’allestimento di un bar dalle grandi vetrate, sul modello del famoso dipinto di Edward Hopper, Nighthawks (Chicago, Art Institute, 1942). È proprio qui che Carlo, più che brillo, alza il calice e grida “brindo a te, vergine stuprata”, dopo aver sentito l’urlo del primo omicidio del film, ignaro di cosa stia davvero accadendo…
Il castello estense, maniero d’autore
Il Castello di Ferrara, noto anche come di San Michele, è il principale simbolo della città emiliana e ne contrassegna la storia dalla fine del Trecento, quando venne costruito, ad almeno i due secoli seguenti. Tra Quattro e Cinquecento, infatti, lo abitarono i duchi più importanti di Ferrara: Ercole d’Este, che attraverso l’Addizione Erculea cambiò per sempre il volto della città, e Alfonso I, che qui fece costruire i celebri Camerini d’alabastro in cui spiccavano opere di Giovanni Bellini, Tiziano e Dosso Dossi, oltre alle sculture di Antonio Lombardo.
Non è quindi un caso se, in quello che è stato il più riuscito film in costume italiano degli ultimi vent’anni, il magnifico Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi (2001), il regista bergamasco abbia ambientato nelle sale del castello le sequenze con Alfonso I.
Pochi anni prima, invece, la fortezza faceva da quinta scenografica alla passeggiata di Kim Rossi Stuart e Ines Sastre nel primo episodio di Al di là delle nuvole (Antonioni-Wenders 1995).
Andando più indietro, infine, oltre ad apparire tra la foschia in alcune sequenze de La lunga notte del ’43 (Florestano Vancini 1960), ambientato a Ferrara e con Gino Cervi nei panni del fascista Carlo Aretusi, detto "Sciagura", il castello fa da sfondo, come il resto della città, alla trasposizione cinematografica che Vittorio De Sica fece del romanzo del 1962 di Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini (1970). L’enorme edificio è ben visibile sia quando Fabio Testi-Giampiero telefona da una cabina al protagonista Lino Capolicchio-Giorgio, sia nella malinconica sequenza finale, in cui la macchina da presa compie una panoramica sulla città partendo proprio dal castello.
Il Teatro Olimpico di Vicenza | Foto: Bradley Griffin via Wikimedia Creative Commons
Intrighi al Teatro Olimpico di Vicenza
In una delle trasposizioni cinematografiche del Casanova (Lasse Hallström, 2005), ritroviamo il famoso seduttore veneziano interpretato da Heath Ledger mentre, inseguito dall’inquisizione dopo aver sedotto una novizia, scappa per i tetti di Venezia e si intrufola in una finestra di quella che dovrebbe essere la sede dell’Università di Venezia ma che in realtà è il Teatro Olimpico di Vicenza (l’Università Ca’ Foscari sarebbe nata solo nel 1868). Realizzato da Palladio su commissione dell’Accademia Olimpica, l’edificio fu iniziato nel 1580, inaugurato 5 anni dopo ed è conosciuto per le celebri scene fisse di Vincenzo Scamozzi.
Il teatro ha ospitato nel 1975 anche un altro Casanova, ma dei giorni nostri (Casanova ’70 di Mario Monicelli), un Marcello Mastroianni che, nello sciorinare le sue irresistibili avventure da seduttore, viene suo malgrado coinvolto nella trama per uccidere il gelosissimo, quanto sordo, marito di una vecchia fiamma incontrata ad un concerto. Nel 2002 Liliana Cavani sceglie la scenografia scamozziana del teatro vicentino per il finale del thriller Il gioco di Ripley, in cui un cinico John Malkovich, trafficante d’arte, si diverte a trasformare un ignaro padre di famiglia in un killer: il teatro, in tutta la sua magnificenza, ospita per l'occasione il concerto di clavicembalo della moglie di Ripley-Malkovich Chiara Caselli.
In Italia, paese che vanta un territorio estremamente variegato dal punto di vista paesaggistico, culturale e architettonico e il maggior numero al mondo di beni patrimonio Unesco, i luoghi dei film coincidono spesso con i beni culturali. Beni che, grazie al cinema, straordinario strumento di promozione del territorio, fanno il giro del mondo attirando un gran numero di cosiddetti cineturisti.
Promuovere il nostro territorio attraverso il cinema è uno degli scopi di Italy for Movies (portale e app), gestito dalla Direzione Comunicazione e Web di Istituto Luce-Cinecittà in collaborazione con Italian Film Commissions e promosso dal MiBACT. I registi, i produttori e gli addetti ai lavori che vogliono girare un film nel Bel Paese hanno a disposizione un database in continuo aggiornamento di location accessibili attraverso un motore di ricerca. Agli appassionati è invece dedicata la “Mappa film, serie tv e game” arricchita da alcuni itinerari tematici. Quello che segue è un piccolo assaggio del lavoro di Italy for Movies, un racconto, non esaustivo, di questo legame, spesso inscindibile, tra cinema e beni culturali italiani.
Una scena della serie tv The Young Pope ambientata a Palazzo Venezia a Roma | Immagine fornita da Italy for Movies
Il Vaticano fuori dal Vaticano
L’impossibilità di girare scene ambientate in Vaticano tra le mura della Santa Sede, ha portato da sempre le produzioni altrove, ma recentemente, complice anche la particolare concentrazione di opere “a tema pontificio”, le location sono aumentate.
Palazzo Farnese a Caprarola, per esempio, è un luogo tradizionale per “interpretare” questo importante ruolo e qui ha girato anche Fernando Meirelles, per il suo I due papi (2019), che però vi ha ambientato i giardini della residenza estiva di Castel Gandolfo, dove passeggiano i pontefici Ratzinger e Bergoglio interpretati da Anthony Hopkins e Jonathan Pryce.
Sono, però, le due serie di Paolo Sorrentino, The Young Pope e The New Pope, ad aver regalato nuovi spazi scenici allo Stato Pontificio. Per i giardini vaticani, la scelta è stata multipla, e le diverse sequenze sono girate a Villa Lante a Bagnaia (dove si aggirava anche Michel Piccoli nell’Habemus Papam di Nanni Moretti, 2011), all’Orto Botanico di Roma, un tempo della famiglia Corsini, e nelle splendide Ville romane dei Medici, Piccolomini e Pamphilj, dov’è stato utilizzato anche il Casino del Buon Respiro, progettato da Alessandro Algardi e Giovanni Francesco Grimaldi nel Seicento per la famiglia di Innocenzo X. Per gli interni del Palazzo Apostolico, infine, è stato soprattutto Palazzo Venezia a Roma il vero protagonista: la grande mole voluta da papa Paolo II (1464-71), con il suo cortile porticato e i tre grandi saloni monumentali, la Sala Regia, la Sala del Mappamondo e la Sala del Concistoro (o delle Battaglie), è stata ripetutamente utilizzata in entrambe le serie, fino all’ironico e cinefilo finale del triciclo alla Shining che scorrazza proprio per quelle enormi sale…
Il Piazzale degli Uffizi a Firenze, Progetto di Giorgio Vasari (Arezzo, 30 luglio 1511 - Firenze, 27 giugno 1574)
Giorgio Vasari perfetto scenografo
A 500 anni di distanza, Giorgio Vasari, l’eclettico artista aretino che lavorò, tra gli altri, per i Medici, per i papi e per i dogi, può ritenersi un abile scenografo anche in un’arte a lui ignota come il cinema.
Il suo capolavoro architettonico, l’edificio degli Uffizi, infatti, è stato più volte location di film, che hanno sfruttato soprattutto il suo cortile a U, che da Piazza della Signoria arriva sul Lungarno con un arco che fa da raccordo alle due lunghe ali, in uno splendido esempio d’arredamento urbano.
Il palazzo fu realizzato per Cosimo I de’ Medici nella seconda metà del Cinquecento per ospitare gli uffici delle tredici principali Magistrature del Granducato di Toscana, e solo in seguito diverrà la sede di uno dei musei più famosi del mondo, aperto al pubblico nel 1769.
Proprio lo spazio esterno, oggi noto come Piazzale degli Uffizi, con i suoi portici, ha ospitato sequenze di diverse pellicole. Qui si ritrovano centinaia di ragazzi, tra cui i protagonisti della storia, ne La meglio gioventù (Marco Tullio Giordana, 2003), come volontari per mettere in salvo il salvabile del grande patrimonio artistico e librario dopo l’alluvione del 1966; ed è proprio sotto i portici che parlano, ad esempio, Carlino (Bruno Berellini) ed Elisa (Cosetta Greco) in Cronache di poveri amanti (Carlo Lizzani, 1954), mentre più recentemente il palazzo è stato teatro di posa anche per la trasposizione del romanzo di Dan Brown, Inferno (Ron Howard, 2016), in gran parte ambientato a Firenze. Per le strade della città, infatti, Uffizi compresi, fanno le loro ricerche il professor Langdon (Tom Hanks) e la dottoressa Sienna Brook (Felicity Jones).
Un’ultima chicca avviene agli Uffizi ne La sindrome di Stendhal di Dario Argento (1996), in cui la protagonista, Anna, interpretata da Asia Argento, sviene in preda al disturbo psicosomatico che dà il titolo alla pellicola, proprio nelle sale del museo fiorentino. È buffo notare, però, che la scena si svolge davanti alla Caduta di Icaro di Pieter Brueghel, conservata in realtà ai Musées Royaux di Bruxelles… meraviglie del cinema!
Lo Scalone d'Onore alla Reggia di Caserta, Luigi Vanvitelli (Napoli, 12 maggio 1700 - Caserta, 1º marzo 1773) | Foto: tirex22 via Pixabay
Reggia di Caserta: tra Vaticano e altri mondi
Carlo di Borbone, visionario monarca partenopeo, commissionò una dimora, la Reggia di Caserta, che dovesse rappresentare lo spirito illuminato e cosmopolita del suo governo e che reggesse il confronto con Versailles. Il grandioso progetto di Luigi Vanvitelli ebbe inizio nel 1752 e terminò quasi un secolo dopo. L’edificio, a pianta rettangolare, si estende per circa 47.000 m2 e 5 piani di altezza. Ha 1.200 stanze, 34 scale e 1.742 finestre. Impossibile per il cinema non notarlo! E infatti sono tantissimi i film che ne hanno utilizzato gli spazi, dalla miniserie Luisa Sanfelice dei fratelli Taviani (2004) a Ferdinando e Carolina (1999), con cui Lina Wertmüller racconta la vita amorosa del “Re Nasone” solo per citarne un paio.
Gli interni della Reggia sono stati anche altri mondi: nel vestibolo superiore circolare, intervallato da colonne, a cui si ha accesso dallo Scalone d’Onore - per l’occasione la sala del trono del palazzo reale della regina Amidala sul pianeta Naboo - si discute di guerra nei primi due episodi di Star Wars.
Ma la Reggia è stata soprattutto, e più volte, il Vaticano: qui Ethan Hunt (Tom Cruise) e la sua squadra tentano di sgominare una pericolosa organizzazione terroristica nel terzo capitolo della saga Mission Impossible (J. J. Abrams, 2006) e sempre qui, sullo Scalone d’Onore, si muove il corteo cardinalizio per un conclave, preludio ad una serie di misteri su cui indagherà lo studioso di simbologia Robert Langdon col volto di Tom Hanks in Angeli e demoni (Ron Howard, 2009).
Una scena del film Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino ambientata a Crema | Immagine fornita da Italy for Movies
Crema in una calda estate dell’83
Nel 2017, Luca Guadagnino scelse Crema e i colori evocativi della sua campagna come sfondo della storia d’amore tra Elio (Timothée Chalamet) e Oliver (Armie Hammer) in Chiamami col tuo nome. Le atmosfere ci riportano ad una calda estate del 1983, in cui librerie e tavoli traboccano di libri e le tavolate, ritrovo di parenti e amici, si allestiscono sotto una veranda, all’ombra di alberi da frutto. Da Villa Albergoni, dimora storica circondata da otto ettari di parco a Moscazzano, partono le esplorazioni in bicicletta dei protagonisti, soprattutto a Crema. Tra i monumenti che ne raccontano la storia millenaria, a rimanere impressa è Piazza Duomo, con i suoi portici, il profilo a capanna della cattedrale e il Torrazzo, porta monumentale della città, dove, seduti ai tavolini di un bar, tra una lettura ed una bibita fresca, i ragazzi imparano a conoscersi. Ma le telecamere si soffermano anche su Pandino, dominata dal castello visconteo, e i Fontanili di Capralba alimentati da polle risorgive naturali, come il Fontanile Quarantina nella frazione di Farinate, dove Elio confessa di rifugiarsi a leggere e strappa ad Oliver il primo bacio.
Rocche d’Abruzzo tra storia e mito
L’Abruzzo vanta una gran varietà di paesaggi naturali intervallata da borghi, eremi, castelli, il tutto condito con un’aura di misticismo che il cinema ha più volte catturato quando ha raccontato storie di Medioevo. Una di queste ha come protagonisti Etienne (Rutger Hauer), lupo di notte, e Isabeau (Michelle Pfeiffer), Ladyhawke, falco di giorno, amanti colpiti da un incantesimo. A far da sfondo a questa storia avventurosa, un’ambientazione francese con tante location italiane, ma lo scenario che più colpisce l’immaginazione è probabilmente quello abruzzese: nel vasto altopiano di Campo Imperatore il falco viene ferito, nella Rocca di Calascio viene curato da un monaco eremita. E il lieto fine è garantito.
Scendendo un po’ più a Sud, viviamo altre storie in altri manieri, come l’impervia Roccascalegna, costruita dai longobardi per difendersi degli attacchi bizantini e arroccata su uno sperone di roccia. Qui Matteo Garrone ambienta la sua versione de Lo cunto de li cunti (Il racconto dei racconti, 2015), raccolta di fiabe che Gianluca Basile scrisse nel XVII secolo, facendovi dimorare il Re di Roccaforte, in cui Vincent Cassel, nell’episodio Le due vecchie, sposa con l’inganno la vecchia Dora tornata giovane a seguito di un incantesimo.
Nel 1327 l’imperatore Ludovico di Baviera ha appena proclamato la separazione tra politica e religione. Papa Giovanni XXII lo scomunica ed è guerra tra i due eserciti in Italia. È questa la premessa in cui si dipana la trama de Il nome della rosa capolavoro di Umberto Eco che Jean-Jacques Annaud per primo, nel 1986, portò al cinema (utilizzando, tra gli altri, gli scenari di Campo Imperatore). Nella recente trasposizione televisiva (2019) Roccascalegna compare fiera in un solo fotogramma, a rappresentare gli esterni del quartier generale del Distaccamento del Comando Imperiale.
Castel del Monte | Foto: canadastock
L’enigma ottagonale di Castel del Monte
Questa misteriosa costruzione ha da sempre affascinato ricercatori e seguaci di teorie esoteriche che ne hanno studiato le origini della forma e della posizione, sia sul territorio che rispetto alla volta celeste. Quel che è certo è che l’enigma ottagonale di Castel del Monte, otto spigoli su cui si innestano altrettante torri della stessa forma, si trova su un altopiano delle Murge nei dintorni di Andria e fu fatto costruire da Federico II nel XIII secolo. La biblioteca più famosa della letteratura italiana, quella immaginata da Umberto Eco nel suo Il nome della Rosa, ha le sue fattezze, ma per il cinema è stato anche fortezza impenetrabile.
Il re di Altomonte (Toby Jones) dimora qui nell’episodio La Pulce del Racconto dei racconti di Matteo Garrone (2015), sebbene gli interni siano quelli di un altro castello pugliese, quello normanno-svevo di Gioia del Colle. Qui è allestita la sala del trono, dove fa il suo ingresso l’orco che vincerà la mano della principessa messa in palio dal re per chi avesse indovinato che animale fosse quello da lui accudito. Nell’ultima versione cinematografica di Wonder Woman (Patty Jenkins, 2017), Diana, principessa delle Amazzoni, cresce e viene addestrata nell’Isola di Themyscira per sconfiggere Ares, dio della guerra, e l’unica arma in grado di sconfiggerlo si trova in una torre ben protetta, guarda caso, all’interno di Castel del Monte.
Un castello calabrese tra sacro e profano
Aurocastro nelle Puglie è in Calabria… ebbene sì, quel luogo tanto agognato come punto d’arrivo nella lunga peregrinazione dei protagonisti de L’armata Brancaleone (Mario Monicelli, 1966) è in realtà la Fortezza di Le Castella, piccolo centro sull’estremità orientale del Golfo di Squillace, a pochi chilometri da Crotone. Il castello è citato sin dall’inizio della pellicola, quando Abacuc (un formidabile Carlo Pisacane) legge la “cartapecora” che assegna il feudo al cavaliere che lo conquisterà, ed è lì che si svolgerà la battaglia tra lo sgangherato manipolo di uomini che dà il titolo al film e i saraceni.
Eppure, solo un paio d’anni prima, la stessa location aveva fatto da sfondo alla sequenza in cui i discepoli di Giovanni portano un messaggio a Gesù da parte del loro maestro incarcerato (Mt 11) ne Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini (1964). Questa sorta di passaggio di consegne di luoghi cinematografici tra i due film avviene anche per la Torre di Chia (Soriano nel Cimino, Viterbo), che fu persino proprietà del poeta e regista friuliano, che la fece restaurare dall’amico scenografo Dante Ferretti e fu immortalato al suo interno dai famosi scatti di Dino Pedriali.
Una scena del film Profondo Rosso ambientata a Piazza CLN di Torino | Immagine fornita da Italy for Movies
La piazza dell’horror a Torino
Posta subito dietro le chiese gemelle di Piazza San Carlo, fulcro centrale di Torino e location ben utilizzata in numerosi film, si pensi solo a Le amiche di Michelangelo Antonioni (1955) oppure a I compagni di Monicelli (1963), si trova Piazza CLN, vero luogo cult per i cinefili. Qui, infatti, si svolgono alcune sequenze di Profondo Rosso di Dario Argento (1975).
Lo slargo, il cui acronimo ricorda la dedica al Comitato di Liberazione Nazionale, nato nel 1943 per liberare l’Italia dal fascismo, venne ristrutturato nel 1935 dall’architetto Marcello Piacentini con edifici razionalisti come il grande Albergo Nazionale, oggi noto come Nuovo Palazzo San Carlo e che, negli anni dell’occupazione tedesca, fu sede della Gestapo.
L’elemento identitario della piazza, però, è rappresentato dalle grandi fontane di Umberto Baglioni (1937) che raffigurano il Po e la Dora Riparia, rispettivamente personificati da un vecchio uomo, secondo la tradizionale iconografia fluviale, e una giovane donna a seni nudi con un pomo in mano (evidente citazione di una Venere o, meglio ancora, della Paolina Bonaparte di Canova).
In piazza è il palazzo in cui abitano Marc (Gabriele Lavia) e la sensitiva Helga (Macha Méril); davanti alle fontane dialogano Marc e Carlo (David Hemmings) all’inizio del film e, infine, tra le colonne piacentiniane, la scenografia di Giuseppe Bassan previde l’allestimento di un bar dalle grandi vetrate, sul modello del famoso dipinto di Edward Hopper, Nighthawks (Chicago, Art Institute, 1942). È proprio qui che Carlo, più che brillo, alza il calice e grida “brindo a te, vergine stuprata”, dopo aver sentito l’urlo del primo omicidio del film, ignaro di cosa stia davvero accadendo…
Il castello estense, maniero d’autore
Il Castello di Ferrara, noto anche come di San Michele, è il principale simbolo della città emiliana e ne contrassegna la storia dalla fine del Trecento, quando venne costruito, ad almeno i due secoli seguenti. Tra Quattro e Cinquecento, infatti, lo abitarono i duchi più importanti di Ferrara: Ercole d’Este, che attraverso l’Addizione Erculea cambiò per sempre il volto della città, e Alfonso I, che qui fece costruire i celebri Camerini d’alabastro in cui spiccavano opere di Giovanni Bellini, Tiziano e Dosso Dossi, oltre alle sculture di Antonio Lombardo.
Non è quindi un caso se, in quello che è stato il più riuscito film in costume italiano degli ultimi vent’anni, il magnifico Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi (2001), il regista bergamasco abbia ambientato nelle sale del castello le sequenze con Alfonso I.
Pochi anni prima, invece, la fortezza faceva da quinta scenografica alla passeggiata di Kim Rossi Stuart e Ines Sastre nel primo episodio di Al di là delle nuvole (Antonioni-Wenders 1995).
Andando più indietro, infine, oltre ad apparire tra la foschia in alcune sequenze de La lunga notte del ’43 (Florestano Vancini 1960), ambientato a Ferrara e con Gino Cervi nei panni del fascista Carlo Aretusi, detto "Sciagura", il castello fa da sfondo, come il resto della città, alla trasposizione cinematografica che Vittorio De Sica fece del romanzo del 1962 di Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini (1970). L’enorme edificio è ben visibile sia quando Fabio Testi-Giampiero telefona da una cabina al protagonista Lino Capolicchio-Giorgio, sia nella malinconica sequenza finale, in cui la macchina da presa compie una panoramica sulla città partendo proprio dal castello.
Il Teatro Olimpico di Vicenza | Foto: Bradley Griffin via Wikimedia Creative Commons
Intrighi al Teatro Olimpico di Vicenza
In una delle trasposizioni cinematografiche del Casanova (Lasse Hallström, 2005), ritroviamo il famoso seduttore veneziano interpretato da Heath Ledger mentre, inseguito dall’inquisizione dopo aver sedotto una novizia, scappa per i tetti di Venezia e si intrufola in una finestra di quella che dovrebbe essere la sede dell’Università di Venezia ma che in realtà è il Teatro Olimpico di Vicenza (l’Università Ca’ Foscari sarebbe nata solo nel 1868). Realizzato da Palladio su commissione dell’Accademia Olimpica, l’edificio fu iniziato nel 1580, inaugurato 5 anni dopo ed è conosciuto per le celebri scene fisse di Vincenzo Scamozzi.
Il teatro ha ospitato nel 1975 anche un altro Casanova, ma dei giorni nostri (Casanova ’70 di Mario Monicelli), un Marcello Mastroianni che, nello sciorinare le sue irresistibili avventure da seduttore, viene suo malgrado coinvolto nella trama per uccidere il gelosissimo, quanto sordo, marito di una vecchia fiamma incontrata ad un concerto. Nel 2002 Liliana Cavani sceglie la scenografia scamozziana del teatro vicentino per il finale del thriller Il gioco di Ripley, in cui un cinico John Malkovich, trafficante d’arte, si diverte a trasformare un ignaro padre di famiglia in un killer: il teatro, in tutta la sua magnificenza, ospita per l'occasione il concerto di clavicembalo della moglie di Ripley-Malkovich Chiara Caselli.
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