Da Rosai a Burri. Percorsi inediti nelle collezioni fiorentine
Dal 02 Ottobre 2015 al 10 Gennaio 2016
Firenze
Luogo: Villa Bardini
Indirizzo: Costa S. Giorgio 2
Orari: da martedì a domenica 10-19
Curatori: Lucia Mannini, Chiara Toti
Enti promotori:
- MiBACT
Costo del biglietto: intero € 8, ridotto gruppi € 6, ridotto scuole € 4
Telefono per informazioni: +39 55 20066236
E-Mail info: info@bardinipeyron.it
Sito ufficiale: http://www.bardinipeyron.it/
Nell’ambito del progetto Toscana ‘900 – Piccoli Grandi Musei, promosso e organizzato da Ente Cassa di Risparmio di Firenze e Regione Toscana, in collaborazione con la Consulta delle Fondazioni di origine bancaria della Toscana, dal 3 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016, Villa Bardini ospiterà la mostra Toscana ‘900 Da Rosai a Burri. Percorsi inediti tra le collezioni fiorentine. L’esposizione intende riportare l’attenzione su alcune delle realtà cittadine che accolgono e tutelano collezioni del ‘900 normalmente non esposte e accessibili al pubblico. Presenze “silenziose” e inattese che contemplano, tra le altre, opere di Balla, De Chirico, Donghi, Severini e Rosai, ma anche Pascali, Fontana e Castellani.
Accanto a queste sono esposti rari libri d’artista e edizioni d’arte – da Kandinskij a Picasso, da Duchamp a Baj – e pregiati esempi di grafica di personalità come Casorati, Morandi e Pasolini, Picasso e Moore.
Il percorso si suddivide in due parti: nella prima sono contemplate le raccolte di cinque importanti istituzioni fiorentine presenti con opere di differenti tipologie; la seconda si compone di un’ampia sezione dedicata al collezionismo privato.
Per quanto concerne la prima sezione, le sale più vaste accolgono la raccolta di origine bancaria del Monte dei Paschi di Siena, che ospita nelle proprie sedi – soprattutto tra Firenze e Siena – fondi oro e dipinti dei maggiori rappresentanti dell’arte senese dal XIV al XIX secolo, ma anche un vasto nucleo di dipinti novecenteschi, arricchitosi soprattutto in seguito all’incorporazione della collezione di Banca Toscana. Se di Felice Carena è la celebre grande tela che raffigura una lezione accademica di nudo, di Ottone Rosai sono opere fondamentali come I giocatori di Toppa, esempio di quella critica alle convenzioni borghesi che si esprimeva attraverso la scelta del popolo come soggetto principale della propria pittura, e di uno stile scarno, antiaccademico, a sottolineare il carattere allo stesso tempo toscanissimo e universale. Di quel candidissimo pittore delle essenza che fu Antonio Donghi è invece Donne per le scale, esempio di “realismo magico” che caratterizza molta pittura italiana tra le due guerre, mentre di Gino Severini uno dei pannelli dipinti nel 1928 per l’abitazione parigina del mercante Léonce Rosenberg, incentrato sul tema del circo e delle maschere italiane caro al pittore in questi anni. E poi anche nature morte (un singolare De Pisi) e paesaggi (un raro Morandi) offrono dimostrazione di una coerenza di scelte collezionistiche, da cui esula inaspettatamente un’opera giovanile di Burri, una tela realizzata con frammenti di stoffe.
Dall’Archivio Bonsanti del Gabinetto Vieusseux sono esposte opere provenienti da quattro fondi, selezionate secondo un filo tematico che ha nel ritratto l’evocazione di personalità del mondo dell’arte e della cultura. Decenni di frequentazioni di artisti, musicisti e letterati si intuiscono dai piccoli ritratti delineati da Leonetta Pieraccini, moglie del critico Emilio Cecchi, mentre intensi e pregnanti sono i gessi con i quali Quinto Martini plasma i volti e le attitudini di maestri e amici. Se i ritratti di Adriana Pincherle costituiscono al Vieusseux quasi una galleria di uomini illustri, l’incessante indagine di Pier Paolo Pasolini sul suo volto sono esempio di una modalità di espressione seriale che si estende anche all’effigie del suo maestro, Roberto Longhi. Sono testimonianza preziose del tenore di una stagione come scrive Antonio Paolucci “A scorrere i fulminei ritratti di Leonetta Cecchi Pieraccini a inchiostro su carta dei grandi del Novecento (Malipiero e Ungaretti, Montale ed Eliot, Pirandello e Nino Rota), sostando di fronte all’imprevisto e imprevedibile ritratto caricaturale che Roberto Longhi dece del suo antagonista Emilio Cecchi, o ai gessi di Quinto Martini dedicati ad Ardengo Soffici e a Luigi Dallapiccola, ci si rende conto di quale straordinaria stagione, popolata di avventurosi talenti, è stato il Novecento artistico a Firenze.”
A questo clima stimolante si deve anche la formazione della vasta collezione di disegni dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, creatasi negli anni Trenta grazie alla “chiamata agli artisti” da parte di Felice Carena e qui rappresentata da una selezione incentrata sul tema della figura e del nudo, con fogli di Casorati, Morandi, Sironi, Marini. La mostra di Villa Bardini si presenta anche come un’occasione di rilancio di questa raccolta, da un lato attraverso il restauro dei disegni presenti in mostra (da parte dell’Ente Cassa di Risparmio di Risparmio di Firenze), dall’altro attraverso l’impegno dell’Accademia per un nuovo aggiornamento della collezione che ha visto recentemente giungere un intenso foglio di Lorenzo Bonechi, donato nel 2015 da Stefania Papi in ricordo del marito già allievo dell’Accademia, e un progetto di Gianfranco Baruchello in via di acquisizione.
Di tutt’altra origine e provenienza la vasta collezione di edizioni d’arte e libri d’artista della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze: formatosi grazie alla passione collezionistica di un provato, Loriano Bertini, in ragione della sua importanza e ampiezza è stata acquistata in blocco nell’anno 2000 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e affidato alla Biblioteca. Già definito da Paolucci come il fondo numericamente più cospicuo e storicamente più importante di libri d’autore del Novecento oggi proprietà dello Stato Italiano, esso attraversa tutta la storia dell’arte occidentale. La selezione – con nomi che vanno da Depero a Munari, da Kandinskij a Picasso, da Duchamp a Dalì, da Fontana a Warhol – è presentata a dare misura non solo della qualità e vastità di una collezione solitamente accessibili solo agli studiosi.
Il percorso presenta anche una scelta di pezzi storici testimoni dell’attività dell’Istituto d’Arte di Porta Romana tra anni Venti e Trenta, il momento in cui ha costruito la propria fama. Ogni classe di insegnamento ha infatti conservato la propria collezione di eccellenze: sculture realizzate nei materiali più diversi, ceramiche, tessuti, oggetti di orificieria, disegni, stampe, mobili, fotografie, pitture e vetrate costituiscono un ricco patrimonio che viene avocato in questa mostra con alcuni esemplari tra i più celebri, almeno per gli anni qui presi in considerazione, delle classi di scultura, oreficeria e tessile. Anche in questo caso l’esposizione è stata occasione per porre mano al restauro di alcuni gessi storici, tra cui il gruppo delle Giraffe, esempio del raffinato gusto europeo improntato alla lezione di Libero Andreotti che dell’Istituto fu direttore dagli anni Venti.
Per quanto riguarda la seconda sezione, la mostra si compone di un’ampia parte dedicata al collezionismo privato.La presente mostra, che ha sottesa l’ambizione di mostrare (o dimostrare) quanto a Firenze sia ampio e vario il patrimonio d’arte del Novecento non esposto e non visibile “ai più”.non poteva dunque rinunciare a contemplare un segmento costruito con quanto di più “non musealizzato” la città possa offrire: la collezione privata. La disponibile generosità dei collezionisti interpellati ha consentito di creare un piccolo ma significativo percorso impostato secondo un andamento cronologico, nel quale si rispecchia quella compresenza, riscontrata nelle raccolte, di artisti italiani di fama internazionale con altri toscani di apertura e rinomanza nazionale con opere significative di primo Novecento (Balla, De Chirico, Soffici) e incursioni nella creatività della seconda metà del secolo con Manzoni, Pascali, Fontana, Castellani. Nella sezione sono anche significative presenze di opere di artisti stranieri quali Picasso, Moore, Yasuda, in gran parte dovute a particolari legami che questi hanno avuto con la città.
Accanto a queste sono esposti rari libri d’artista e edizioni d’arte – da Kandinskij a Picasso, da Duchamp a Baj – e pregiati esempi di grafica di personalità come Casorati, Morandi e Pasolini, Picasso e Moore.
Il percorso si suddivide in due parti: nella prima sono contemplate le raccolte di cinque importanti istituzioni fiorentine presenti con opere di differenti tipologie; la seconda si compone di un’ampia sezione dedicata al collezionismo privato.
Per quanto concerne la prima sezione, le sale più vaste accolgono la raccolta di origine bancaria del Monte dei Paschi di Siena, che ospita nelle proprie sedi – soprattutto tra Firenze e Siena – fondi oro e dipinti dei maggiori rappresentanti dell’arte senese dal XIV al XIX secolo, ma anche un vasto nucleo di dipinti novecenteschi, arricchitosi soprattutto in seguito all’incorporazione della collezione di Banca Toscana. Se di Felice Carena è la celebre grande tela che raffigura una lezione accademica di nudo, di Ottone Rosai sono opere fondamentali come I giocatori di Toppa, esempio di quella critica alle convenzioni borghesi che si esprimeva attraverso la scelta del popolo come soggetto principale della propria pittura, e di uno stile scarno, antiaccademico, a sottolineare il carattere allo stesso tempo toscanissimo e universale. Di quel candidissimo pittore delle essenza che fu Antonio Donghi è invece Donne per le scale, esempio di “realismo magico” che caratterizza molta pittura italiana tra le due guerre, mentre di Gino Severini uno dei pannelli dipinti nel 1928 per l’abitazione parigina del mercante Léonce Rosenberg, incentrato sul tema del circo e delle maschere italiane caro al pittore in questi anni. E poi anche nature morte (un singolare De Pisi) e paesaggi (un raro Morandi) offrono dimostrazione di una coerenza di scelte collezionistiche, da cui esula inaspettatamente un’opera giovanile di Burri, una tela realizzata con frammenti di stoffe.
Dall’Archivio Bonsanti del Gabinetto Vieusseux sono esposte opere provenienti da quattro fondi, selezionate secondo un filo tematico che ha nel ritratto l’evocazione di personalità del mondo dell’arte e della cultura. Decenni di frequentazioni di artisti, musicisti e letterati si intuiscono dai piccoli ritratti delineati da Leonetta Pieraccini, moglie del critico Emilio Cecchi, mentre intensi e pregnanti sono i gessi con i quali Quinto Martini plasma i volti e le attitudini di maestri e amici. Se i ritratti di Adriana Pincherle costituiscono al Vieusseux quasi una galleria di uomini illustri, l’incessante indagine di Pier Paolo Pasolini sul suo volto sono esempio di una modalità di espressione seriale che si estende anche all’effigie del suo maestro, Roberto Longhi. Sono testimonianza preziose del tenore di una stagione come scrive Antonio Paolucci “A scorrere i fulminei ritratti di Leonetta Cecchi Pieraccini a inchiostro su carta dei grandi del Novecento (Malipiero e Ungaretti, Montale ed Eliot, Pirandello e Nino Rota), sostando di fronte all’imprevisto e imprevedibile ritratto caricaturale che Roberto Longhi dece del suo antagonista Emilio Cecchi, o ai gessi di Quinto Martini dedicati ad Ardengo Soffici e a Luigi Dallapiccola, ci si rende conto di quale straordinaria stagione, popolata di avventurosi talenti, è stato il Novecento artistico a Firenze.”
A questo clima stimolante si deve anche la formazione della vasta collezione di disegni dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, creatasi negli anni Trenta grazie alla “chiamata agli artisti” da parte di Felice Carena e qui rappresentata da una selezione incentrata sul tema della figura e del nudo, con fogli di Casorati, Morandi, Sironi, Marini. La mostra di Villa Bardini si presenta anche come un’occasione di rilancio di questa raccolta, da un lato attraverso il restauro dei disegni presenti in mostra (da parte dell’Ente Cassa di Risparmio di Risparmio di Firenze), dall’altro attraverso l’impegno dell’Accademia per un nuovo aggiornamento della collezione che ha visto recentemente giungere un intenso foglio di Lorenzo Bonechi, donato nel 2015 da Stefania Papi in ricordo del marito già allievo dell’Accademia, e un progetto di Gianfranco Baruchello in via di acquisizione.
Di tutt’altra origine e provenienza la vasta collezione di edizioni d’arte e libri d’artista della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze: formatosi grazie alla passione collezionistica di un provato, Loriano Bertini, in ragione della sua importanza e ampiezza è stata acquistata in blocco nell’anno 2000 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e affidato alla Biblioteca. Già definito da Paolucci come il fondo numericamente più cospicuo e storicamente più importante di libri d’autore del Novecento oggi proprietà dello Stato Italiano, esso attraversa tutta la storia dell’arte occidentale. La selezione – con nomi che vanno da Depero a Munari, da Kandinskij a Picasso, da Duchamp a Dalì, da Fontana a Warhol – è presentata a dare misura non solo della qualità e vastità di una collezione solitamente accessibili solo agli studiosi.
Il percorso presenta anche una scelta di pezzi storici testimoni dell’attività dell’Istituto d’Arte di Porta Romana tra anni Venti e Trenta, il momento in cui ha costruito la propria fama. Ogni classe di insegnamento ha infatti conservato la propria collezione di eccellenze: sculture realizzate nei materiali più diversi, ceramiche, tessuti, oggetti di orificieria, disegni, stampe, mobili, fotografie, pitture e vetrate costituiscono un ricco patrimonio che viene avocato in questa mostra con alcuni esemplari tra i più celebri, almeno per gli anni qui presi in considerazione, delle classi di scultura, oreficeria e tessile. Anche in questo caso l’esposizione è stata occasione per porre mano al restauro di alcuni gessi storici, tra cui il gruppo delle Giraffe, esempio del raffinato gusto europeo improntato alla lezione di Libero Andreotti che dell’Istituto fu direttore dagli anni Venti.
Per quanto riguarda la seconda sezione, la mostra si compone di un’ampia parte dedicata al collezionismo privato.La presente mostra, che ha sottesa l’ambizione di mostrare (o dimostrare) quanto a Firenze sia ampio e vario il patrimonio d’arte del Novecento non esposto e non visibile “ai più”.non poteva dunque rinunciare a contemplare un segmento costruito con quanto di più “non musealizzato” la città possa offrire: la collezione privata. La disponibile generosità dei collezionisti interpellati ha consentito di creare un piccolo ma significativo percorso impostato secondo un andamento cronologico, nel quale si rispecchia quella compresenza, riscontrata nelle raccolte, di artisti italiani di fama internazionale con altri toscani di apertura e rinomanza nazionale con opere significative di primo Novecento (Balla, De Chirico, Soffici) e incursioni nella creatività della seconda metà del secolo con Manzoni, Pascali, Fontana, Castellani. Nella sezione sono anche significative presenze di opere di artisti stranieri quali Picasso, Moore, Yasuda, in gran parte dovute a particolari legami che questi hanno avuto con la città.
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