A milano dal 22 febbraio al 30 giugno
La metamorfosi della figura. Picasso protagonista al Mudec
Picasso. La metamorfosi della figura, Allestimento al Mudec | Foto: © Carlotta Coppo
Samantha De Martin
21/02/2024
Milano - “Non c’è né passato né futuro nell’arte. Se un'opera d'arte non può vivere sempre nel presente, non ha significato”.
Lungi dal concepire un prima e un dopo, Picasso considerava l’arte come un tutto senza tempo, mostrando sempre un profondo rispetto per le espressioni artistiche di altre culture che seppe comprendere e reinventare per dare impulso e un nuovo percorso di esplorazione all'arte universale. È questo amore da parte del maestro andaluso per le fonti artistiche primigenie, per l’ "arte primitiva", accanto alla rielaborazione intellettuale costante e all’eredità artistica della sua visione, a guidare il progetto che il Mudec – Museo delle Culture di Milano accoglierà dal 22 febbraio al 30 giugno.
Appositamente concepita per il Museo che racconta le culture del mondo e la loro reciproca e costante influenza, la mostra Picasso. La metamorfosi della figura, a cura di Malén Gual e Ricardo Ostalé, racconta come l'artista abbia colto l’essenza e il significato di altre fonti artistiche assimilandole nella sua produzione per tutta la vita, dal 1906 agli ultimi lavori degli anni Sessanta.
Con il ritorno al “primitivismo”, intorno al 1925, sono gli esempi africani, ma anche neolitici e proto-iberici (della Spagna preromana), gli idoli iberici, l’arte oceanica, egizia e quella della Grecia classica a offrire al maestro gli strumenti per il suo linguaggio plastico. La scoperta dell'arte di altre culture, come quella egizia, iberica e tribale, chiamata in quel periodo "arte nera", risale al 1906, anno in cui il maestro ripensa il modo di rappresentare la figura umana, lontano dai canoni occidentali.
Pablo Picasso, Donna che gioca in spiaggia, Olio su tela Collezione privata © Succession Picasso, by SIAE 2024
In una metamorfosi costante delle figure, nella quale gli elementi vengono strappati e rimodellati, mescolati e distorti, trasformati in forme lontane dalla rappresentazione diretta, ma riconoscibili come elementi umani, Picasso inventa trasposizioni, rimodella figure dai volumi sproporzionati. Prodotto da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promosso dal Comune di Milano-Cultura, con Fondazione Deloitte come Institutional Partner, il percorso porta al Mudec oltre quaranta opere del maestro spagnolo, tra dipinti, sculture, insieme al preziosissimo Quaderno n. 7.
Ventisei disegni di questo quaderno che contiene disegni e schizzi preparatori de Les Demoiselles d'Avignon , in prestito dalla Fondazione Pablo Ruiz Picasso - Museo Casa Natal, e il dipinto Femme Nue, in prestito dal Museo del Novecento di Milano, diventano così il fulcro dell’intero percorso espositivo.
Concepita inizialmente come una scena di bordello che coinvolgeva cinque donne e due uomini, la scena fu modificata e l’artista studiò i personaggi nelle varie posture e mentre lavoravano, concentrandosi solo sulle cinque donne. I protagonisti risentono di molteplici fonti, dalle Bagnanti di Cézanne alla scultura iberica, dall'arte romanica catalana alle maschere africane e oceaniche.
D’altra parte il taccuino da disegno rappresentava per Picasso la parte più intima della sua creazione, un laboratorio di idee dove propone e trova le soluzioni plastiche e compositive che compaiono nei dipinti.
Picasso. La metamorfosi della figura, Allestimento al Mudec | Foto: © Carlotta Coppo
La mostra è il frutto della partecipazione corale di tutti i principali musei spagnoli che possiedono le più importanti collezioni di Picasso in Spagna, dalla Casa Natal di Malaga al Museo Picasso di Barcellona e al Museo Reina Sofia di Madrid, oltre a numerosi collezionisti privati. Insieme all’apporto dell’Administration Picasso - presieduta dalla figlia Paloma Ruiz-Picasso - e degli eredi, l’esposizione chiude idealmente un lungo 2023 di celebrazioni, a 50 anni dalla morte del pittore.
Il pubblico avrà l'opportunità di ammirare Femme nue del Museo del Novecento di Milano, dipinto che fu preludio al capolavoro picassiano Les Demoiselles d’Avignon, ospitato al Mudec dopo anni e in dialogo con raffigurazioni di maschere.
Picasso. La metamorfosi della figura, Allestimento al Mudec | Foto: © Carlotta Coppo
In un gioco di specchi e rimandi, la selezione della produzione del maestro spagnolo presentata ai visitatori dialogherà con un corpus di fonti antiche e reperti archeologici ed etnografici. Guardando al primitivo per spiegare come l’opera di Picasso abbia affondato le sue radici nel passato, il percorso ammicca anche al presente per offrire una chiave di lettura della evoluzione della pittura contemporanea e delle nuove generazioni di artisti africani che si sono confrontati con il genio spagnolo, e ne hanno rielaborato il suo linguaggio e la sua visione. I lavori di artisti come il beninese Romuald Hazoumè, il mozambichiano Gonçalo Mabunda e il congolese Cheri Samba riconoscono in Picasso il principale interprete dei fondamenti espressivi del continente africano. Riconoscimento che si evidenzia nel recupero delle valenze magico-religiose delle maschere rituali della tradizione figurativa subsahariana, rielaborate in chiave espressiva contemporanea da Hazoumè e Mabunda. Quelle stesse maschere, i cui elementi formali compaiono a vario titolo nell'opera di Picasso a partire da "Les Demoiselles d’Avignon" nel 1907.
Leggi anche:
• Picasso. La metamorfosi della figura
Lungi dal concepire un prima e un dopo, Picasso considerava l’arte come un tutto senza tempo, mostrando sempre un profondo rispetto per le espressioni artistiche di altre culture che seppe comprendere e reinventare per dare impulso e un nuovo percorso di esplorazione all'arte universale. È questo amore da parte del maestro andaluso per le fonti artistiche primigenie, per l’ "arte primitiva", accanto alla rielaborazione intellettuale costante e all’eredità artistica della sua visione, a guidare il progetto che il Mudec – Museo delle Culture di Milano accoglierà dal 22 febbraio al 30 giugno.
Appositamente concepita per il Museo che racconta le culture del mondo e la loro reciproca e costante influenza, la mostra Picasso. La metamorfosi della figura, a cura di Malén Gual e Ricardo Ostalé, racconta come l'artista abbia colto l’essenza e il significato di altre fonti artistiche assimilandole nella sua produzione per tutta la vita, dal 1906 agli ultimi lavori degli anni Sessanta.
Con il ritorno al “primitivismo”, intorno al 1925, sono gli esempi africani, ma anche neolitici e proto-iberici (della Spagna preromana), gli idoli iberici, l’arte oceanica, egizia e quella della Grecia classica a offrire al maestro gli strumenti per il suo linguaggio plastico. La scoperta dell'arte di altre culture, come quella egizia, iberica e tribale, chiamata in quel periodo "arte nera", risale al 1906, anno in cui il maestro ripensa il modo di rappresentare la figura umana, lontano dai canoni occidentali.
Pablo Picasso, Donna che gioca in spiaggia, Olio su tela Collezione privata © Succession Picasso, by SIAE 2024
In una metamorfosi costante delle figure, nella quale gli elementi vengono strappati e rimodellati, mescolati e distorti, trasformati in forme lontane dalla rappresentazione diretta, ma riconoscibili come elementi umani, Picasso inventa trasposizioni, rimodella figure dai volumi sproporzionati. Prodotto da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promosso dal Comune di Milano-Cultura, con Fondazione Deloitte come Institutional Partner, il percorso porta al Mudec oltre quaranta opere del maestro spagnolo, tra dipinti, sculture, insieme al preziosissimo Quaderno n. 7.
Ventisei disegni di questo quaderno che contiene disegni e schizzi preparatori de Les Demoiselles d'Avignon , in prestito dalla Fondazione Pablo Ruiz Picasso - Museo Casa Natal, e il dipinto Femme Nue, in prestito dal Museo del Novecento di Milano, diventano così il fulcro dell’intero percorso espositivo.
Concepita inizialmente come una scena di bordello che coinvolgeva cinque donne e due uomini, la scena fu modificata e l’artista studiò i personaggi nelle varie posture e mentre lavoravano, concentrandosi solo sulle cinque donne. I protagonisti risentono di molteplici fonti, dalle Bagnanti di Cézanne alla scultura iberica, dall'arte romanica catalana alle maschere africane e oceaniche.
D’altra parte il taccuino da disegno rappresentava per Picasso la parte più intima della sua creazione, un laboratorio di idee dove propone e trova le soluzioni plastiche e compositive che compaiono nei dipinti.
Picasso. La metamorfosi della figura, Allestimento al Mudec | Foto: © Carlotta Coppo
La mostra è il frutto della partecipazione corale di tutti i principali musei spagnoli che possiedono le più importanti collezioni di Picasso in Spagna, dalla Casa Natal di Malaga al Museo Picasso di Barcellona e al Museo Reina Sofia di Madrid, oltre a numerosi collezionisti privati. Insieme all’apporto dell’Administration Picasso - presieduta dalla figlia Paloma Ruiz-Picasso - e degli eredi, l’esposizione chiude idealmente un lungo 2023 di celebrazioni, a 50 anni dalla morte del pittore.
Il pubblico avrà l'opportunità di ammirare Femme nue del Museo del Novecento di Milano, dipinto che fu preludio al capolavoro picassiano Les Demoiselles d’Avignon, ospitato al Mudec dopo anni e in dialogo con raffigurazioni di maschere.
Picasso. La metamorfosi della figura, Allestimento al Mudec | Foto: © Carlotta Coppo
In un gioco di specchi e rimandi, la selezione della produzione del maestro spagnolo presentata ai visitatori dialogherà con un corpus di fonti antiche e reperti archeologici ed etnografici. Guardando al primitivo per spiegare come l’opera di Picasso abbia affondato le sue radici nel passato, il percorso ammicca anche al presente per offrire una chiave di lettura della evoluzione della pittura contemporanea e delle nuove generazioni di artisti africani che si sono confrontati con il genio spagnolo, e ne hanno rielaborato il suo linguaggio e la sua visione. I lavori di artisti come il beninese Romuald Hazoumè, il mozambichiano Gonçalo Mabunda e il congolese Cheri Samba riconoscono in Picasso il principale interprete dei fondamenti espressivi del continente africano. Riconoscimento che si evidenzia nel recupero delle valenze magico-religiose delle maschere rituali della tradizione figurativa subsahariana, rielaborate in chiave espressiva contemporanea da Hazoumè e Mabunda. Quelle stesse maschere, i cui elementi formali compaiono a vario titolo nell'opera di Picasso a partire da "Les Demoiselles d’Avignon" nel 1907.
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