Presentato a Roma l'autoritratto su maiolica nelle vesti dell’Arcangelo Gabriele

Scoperta la prima opera di Leonardo

Leonardo da Vinci, Arcangelo Gabriele, 1471. Foto di Trotter Christie via Wikimedia Commons
 

Francesca Grego

21/06/2018

Roma - È un giovane dai riccioli folti e lo sguardo determinato, un’aureola dorata gli incornicia il volto, mentre ali di pavone fanno capolino dal basso. Così si dipinse Leonardo a 19 anni nella sua più antica opera pittorica, firmata e datata aprile 1471, donando i suoi lineamenti all’Arcangelo Gabriele su una piastrella di terracotta invetriata.
Lo sostiene il professor Ernesto Solari, studioso del genio vinciano, che oggi ha presentato la scoperta a Roma in anteprima mondiale insieme alla professoressa Ivana Bonfantino, esperta di grafia leonardesca.
 
Sono stati necessari tre anni di studi, la consultazione di seimila documenti e le analisi di tre diversi laboratori per arrivare all’attribuzione: un risultato importantissimo, che inizia a far luce sulla misteriosa giovinezza di Leonardo, di cui finora l’unica testimonianza era il disegno Paesaggio della Valle dell’Arno del 1473.
Il genio del Rinascimento avrebbe realizzato e cotto la quadrella a Bacchereto, nella fornace della casa dei nonni, subito dopo l’apprendistato nella bottega di Andrea Verrocchio. L’ambizione dell’artista è già evidente: la particolare iconografia e la scelta dell’eterna vernice a simil lustro, usata solo dai maestri toscani, ne sono i segni più eloquenti. “Leonardo era Leonardo anche da giovane”, ha commentato Solari, “e nel 1471 l’Arcangelo Gabriele era una vera star”, dopo la clamorosa apparizione al Beato Amadeo da Silva.
Se i riccioli e il tratto mancino di collo e mandibola portano già in sé l’impronta del maestro che conosciamo, le ali di pavone alludono al sacro e all’immortalità. Sul retro della maiolica, inoltre, sei tasselli moltiplicati per sei evocano la ricerca della perfezione attraverso il riferimento alla quadratura del cerchio.
 
A rivelare la paternità dell’opera sono state soprattutto la firma “da Vinci lionardo” vergata da destra verso sinistra e nascosta nella mascella, la sigla “LDV ib”, che ricorrerà nei lavori futuri, e un piccolo enigma numerico in cui le cifre 52 rimandano all’anno di nascita dell’artista.
Esami con la termoluminescenza, stratigrafie dei pigmenti e analisi riflettologiche hanno portato alla luce ulteriori particolari, come la provenienza dell’argilla dal suolo di Bacchereto-Montelupo e la perdita di parte della palpebra durante la cottura.
 
“Bellissima già solo a guardarla” e “di inestimabile valore” – nelle parole di Solari – la quadrella dell’Arcangelo Gabriele è attualmente di proprietà della nobile famiglia Fenicia di Ravello, che nel lontano 1499 la ricevette in dono da Giovanna d’Aragona “per servigi resi”. I primi 18 anni di vita dell’opera restano dunque avvolti nel buio: è questa la direzione verso cui si indirizzeranno le prossime ricerche.
Intanto una copia della maiolica sarà esposta da domani al museo Leonardo da Vinci Experience di Roma, accanto a una macchina per realizzare quadrelle creata proprio dal maestro toscano.
 
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