Intervista alla fotografa madrilena in occasione dell’uscita de “Il Museo del Prado. La corte delle meraviglie”, nelle sale il 15,16 e 17 aprile
Pilar Pequeño: "Il museo del Prado, la mia grande scuola e fonte di ispirazione"
Pilar Pequeño, Plato de estaño y ajos, 2018 | © Fundación Amigos del Museo del Prado
Samantha De Martin
16/04/2019
Del grande tempio dell’arte che celebra quest’anno il suo bicentenario, la fotografa Pilar Pequeño parla come di una grande scuola.
Al docufilm Il Museo del Prado. La corte delle meraviglie, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, sostenuto da Intesa Sanpaolo con la collaborazione di Sky Arte, al cinema il 15, 16 e 17 aprile, la fotografa madrilena presta il proprio contributo, a testimonianza di come la prestigiosa istituzione abbia fortemente ispirato, con alcuni capolavori custoditi all’interno delle sale, diversi lavori incentrati sulle sue nature morte.
Nella grande corte delle meraviglie che custodisce secoli di storia dell’arte, l'artista che, a partire dai suoi primi lavori, ricorre all'acqua come elemento trasformante, giocando con gli effetti generati dalla luce su frammenti di pianta, foglie, giardini, rintraccia diversi maestri fonte di ispirazione.
Che cosa rappresenta per lei il Museo del Prado?
"Visito il Prado sin da quando ero molto piccola. All’inizio era un gioco, mentre crescendo ho imparato a guardare, ad analizzare i lavori. Per me questo museo ha rappresentato la migliore scuola. La sensazione che percepisco tutte le volte che ne varco la soglia, è di essere circondata dalla storia dell’arte".
L’acqua, la natura, il vetro, la luce, i luoghi abbandonati che descrivono il trascorrere del tempo, sono elementi emblematici della sua fotografia. Con quali capolavori del museo del Prado identifica maggiormente la sua arte?
"Mi sono ispirata a diversi artisti, soprattutto in occasione della preparazione del progetto Doce Fotografos. Grande influenza hanno esercitato su di me la Natura morta di Zurbarán del 1650, conservata al Museo del Prado.
Anche se quella che mi emoziona di più è la Natura morta con tazza d’acqua, piatto d’argento e una rosa del 1630, sempre dell’artista spagnolo, conservata alla National Gallery di Londra.
Oltre a sorprendere i visitatori con la sua meravigliosa collezione di opere d’arte, il Museo del Prado ospita grandi mostre temporanee. Osservo anche queste, traendo ispirazione. Come è accaduto nel 2002 in occasione della mostra Flores españolas del Siglo de Oro, a cura di Francisco Calvo Serraller.
Oltre a Zurbarán, un altro artista che ha costituito fonte di ispirazione, soprattutto per quel che riguarda l’utilizzo della luce e la trasparenza, è il pittore madrileno Juan van der Hamen. Al museo del Prado è possibile ammirare il suo Piatto con prugne e ciliegie.
Tra i pittori fiamminghi e olandesi, mi sento molto affascinata da Pieter Claesz, in particolare dalla sua Natura morta con Römer, tazza d’argento e pane.".
Qual è l’opera del Prado che le sta maggiormente a cuore?
"La scelta non è semplice. Dipende dallo stato d’animo, dal tipo di progetto che sto portando avanti in un determinato momento. A volte mi capita di vedere un’opera osservata molte volte e di sorprendermi a scoprire dettagli che in altre occasioni non avevo mai avuto modo di apprezzare".
In occasione del Bicentenario del Museo del Prado, la Fondazione Fondazione Amici del Prado ha invitato dodici fotografi contemporanei a lavorare con alcune opere del Museo. Che tipo di lavori ha presentato?
"Nell’ambito del progetto a cura di Calvo Serraller, Dodici visioni diverse e personali ispirate alle opere custodite dal museo (svoltosi dal 21 settembre 2018 al 13 gennaio 2019 ndr) ho scelto di approfondire le nature morte, in particolare quelle della collezione del Museo, realizzate da artisti spagnoli e fiamminghi.
Ho voluto concentrarmi sulla luce, le trasparenze del vetro e gli elementi in vetro e l'acqua che contengono, i riflessi che producono, e come sono proiettati insieme ai fiori e ai frutti, sul metallo i piatti, i vassoi e gli altri utensili che compongono le opere".
Come considera questo dialogo tra i maestri di ieri e gli artisti di oggi, molto evidente al Prado?
"Penso sia molto interessante questo tipo di approccio che apre un dialogo tra noi artsiti di oggi - che apparteniamo anche a tre generazioni diverse e lavoriamo con un diverso mezzo di espressione come la fotografia - e i grandi maestri che, con i loro dipinti, hanno dato vita alla collezione del museo.
Nel corso della mostra è stata un’emozione unica vedere i miei lavori appesi alle pareti del Prado".
Il museo ospita straordinari capolavori. La fotografia è anche arte. Quali sono, secondo lei, le principali differenze e somiglianze tra fotografia e pittura?
"La singolarità della fotografia rispetto alle altre arti è dovuta al fatto che cattura simultaneamente tutti gli elementi dell'immagine. La pittura è un'arte di sintesi, una fotografia selettiva. La fotografia, invece, capta la luce su un materiale sensibile, e pertanto il fotografo deve essere consapevole della luce presente sulla scena e rispondere ai suoi stimoli".
Quali sono i suoi prossimi progetti?
"Continuo a lavorare con le nature morte. Questo progetto, iniziato nel 1993, è composto da diverse serie strettamente collegate tra loro. A volte una certa fotografia apre un nuovo percorso di ricerca dando vita ad una serie nuova. La partecipazione ad altri progetti mi consente di conoscere le opere di diversi autori aprendomi nuove strade. Com'è accaduto in occasione nella mostra di Don Quijote, realizzata nel 2005. Per l’occasione ho composto una serie di nature morte, cercando di trasmettere in bianco e nero l'atmosfera delle nature morte dell'età dell'oro".
Che cosa contraddistingue la fotografia delle nature morte?
"Per fotografare le nature morte è necessario un processo precedente in cui il soggetto e gli elementi che lo accompagnano vengono scelti, viene stabilito il rapporto tra loro e la loro distribuzione nello spazio. E poi è la luce naturale a determinare la scena".
In che modo lavora di solito?
"Mi piace lavorare in solitudine, in silenzio, analizzare la scena, modificare la cornice, cambiare la luce, dirigerla, setacciarla, evidenziare forme, trasparenze, relazioni. È affascinante per me vedere come la scena venga trasformata mentre modifico la luce. Credo che continuerò a lavorare con nature morte, mi diverto così tanto!".
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Nella grande corte delle meraviglie che custodisce secoli di storia dell’arte, l'artista che, a partire dai suoi primi lavori, ricorre all'acqua come elemento trasformante, giocando con gli effetti generati dalla luce su frammenti di pianta, foglie, giardini, rintraccia diversi maestri fonte di ispirazione.
Che cosa rappresenta per lei il Museo del Prado?
"Visito il Prado sin da quando ero molto piccola. All’inizio era un gioco, mentre crescendo ho imparato a guardare, ad analizzare i lavori. Per me questo museo ha rappresentato la migliore scuola. La sensazione che percepisco tutte le volte che ne varco la soglia, è di essere circondata dalla storia dell’arte".
L’acqua, la natura, il vetro, la luce, i luoghi abbandonati che descrivono il trascorrere del tempo, sono elementi emblematici della sua fotografia. Con quali capolavori del museo del Prado identifica maggiormente la sua arte?
"Mi sono ispirata a diversi artisti, soprattutto in occasione della preparazione del progetto Doce Fotografos. Grande influenza hanno esercitato su di me la Natura morta di Zurbarán del 1650, conservata al Museo del Prado.
Anche se quella che mi emoziona di più è la Natura morta con tazza d’acqua, piatto d’argento e una rosa del 1630, sempre dell’artista spagnolo, conservata alla National Gallery di Londra.
Oltre a sorprendere i visitatori con la sua meravigliosa collezione di opere d’arte, il Museo del Prado ospita grandi mostre temporanee. Osservo anche queste, traendo ispirazione. Come è accaduto nel 2002 in occasione della mostra Flores españolas del Siglo de Oro, a cura di Francisco Calvo Serraller.
Oltre a Zurbarán, un altro artista che ha costituito fonte di ispirazione, soprattutto per quel che riguarda l’utilizzo della luce e la trasparenza, è il pittore madrileno Juan van der Hamen. Al museo del Prado è possibile ammirare il suo Piatto con prugne e ciliegie.
Tra i pittori fiamminghi e olandesi, mi sento molto affascinata da Pieter Claesz, in particolare dalla sua Natura morta con Römer, tazza d’argento e pane.".
Qual è l’opera del Prado che le sta maggiormente a cuore?
"La scelta non è semplice. Dipende dallo stato d’animo, dal tipo di progetto che sto portando avanti in un determinato momento. A volte mi capita di vedere un’opera osservata molte volte e di sorprendermi a scoprire dettagli che in altre occasioni non avevo mai avuto modo di apprezzare".
In occasione del Bicentenario del Museo del Prado, la Fondazione Fondazione Amici del Prado ha invitato dodici fotografi contemporanei a lavorare con alcune opere del Museo. Che tipo di lavori ha presentato?
"Nell’ambito del progetto a cura di Calvo Serraller, Dodici visioni diverse e personali ispirate alle opere custodite dal museo (svoltosi dal 21 settembre 2018 al 13 gennaio 2019 ndr) ho scelto di approfondire le nature morte, in particolare quelle della collezione del Museo, realizzate da artisti spagnoli e fiamminghi.
Ho voluto concentrarmi sulla luce, le trasparenze del vetro e gli elementi in vetro e l'acqua che contengono, i riflessi che producono, e come sono proiettati insieme ai fiori e ai frutti, sul metallo i piatti, i vassoi e gli altri utensili che compongono le opere".
Come considera questo dialogo tra i maestri di ieri e gli artisti di oggi, molto evidente al Prado?
"Penso sia molto interessante questo tipo di approccio che apre un dialogo tra noi artsiti di oggi - che apparteniamo anche a tre generazioni diverse e lavoriamo con un diverso mezzo di espressione come la fotografia - e i grandi maestri che, con i loro dipinti, hanno dato vita alla collezione del museo.
Nel corso della mostra è stata un’emozione unica vedere i miei lavori appesi alle pareti del Prado".
Il museo ospita straordinari capolavori. La fotografia è anche arte. Quali sono, secondo lei, le principali differenze e somiglianze tra fotografia e pittura?
"La singolarità della fotografia rispetto alle altre arti è dovuta al fatto che cattura simultaneamente tutti gli elementi dell'immagine. La pittura è un'arte di sintesi, una fotografia selettiva. La fotografia, invece, capta la luce su un materiale sensibile, e pertanto il fotografo deve essere consapevole della luce presente sulla scena e rispondere ai suoi stimoli".
Quali sono i suoi prossimi progetti?
"Continuo a lavorare con le nature morte. Questo progetto, iniziato nel 1993, è composto da diverse serie strettamente collegate tra loro. A volte una certa fotografia apre un nuovo percorso di ricerca dando vita ad una serie nuova. La partecipazione ad altri progetti mi consente di conoscere le opere di diversi autori aprendomi nuove strade. Com'è accaduto in occasione nella mostra di Don Quijote, realizzata nel 2005. Per l’occasione ho composto una serie di nature morte, cercando di trasmettere in bianco e nero l'atmosfera delle nature morte dell'età dell'oro".
Che cosa contraddistingue la fotografia delle nature morte?
"Per fotografare le nature morte è necessario un processo precedente in cui il soggetto e gli elementi che lo accompagnano vengono scelti, viene stabilito il rapporto tra loro e la loro distribuzione nello spazio. E poi è la luce naturale a determinare la scena".
In che modo lavora di solito?
"Mi piace lavorare in solitudine, in silenzio, analizzare la scena, modificare la cornice, cambiare la luce, dirigerla, setacciarla, evidenziare forme, trasparenze, relazioni. È affascinante per me vedere come la scena venga trasformata mentre modifico la luce. Credo che continuerò a lavorare con nature morte, mi diverto così tanto!".
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