Dal 15 giugno in una grande mostra itinerante
Donne sulla Via della Seta: 150 tesori di Roma antica sbarcano in Cina
She walks in Beauty. Statua di Claudia Justa come Fortuna, Età traianea. Musei Capitolini, Centrale Montemartini
Francesca Grego
14/06/2024
Mondo - Due grandi imperi del mondo antico si incontrano a 700 anni dalla scomparsa di Marco Polo, il grande viaggiatore noto per aver gettato un ponte tra Oriente e Occidente. Protagoniste dell’inedito dialogo sono le donne, per molto tempo escluse dalla storia ufficiale, ma spesso motori invisibili delle sue vicende. Succede a Changsha, metropoli di 7 milioni di abitanti nella provincia dello Hunan, nel Sud della Cina.
Da domani, sabato 15 giugno, fino al prossimo 7 ottobre, 150 opere provenienti dalle collezioni dei Musei Civici di Roma Capitale saranno esposte presso il Museo di Changsha, per raccontare la storia di Roma dal punto di vista delle donne. Ad accoglierle saranno oltre 100 testimonianze della vita femminile emerse esattamente 50 anni fa dalle tombe di Mawangdui e risalenti alla dinastia Han, che regnò in Cina nello stesso periodo. Organizzata in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia e con l’Istituto Italiano di Cultura a Pechino, la mostra celebra l’anniversario di una delle più significative scoperte del panorama archeologico cinese, che negli anni Settanta portò alla luce oltre tremila importanti reperti proprio vicino alla città di Changsha. Dopo la prima tappa in un museo che conta in media 15 mila visitatori giornalieri, l’esposizione girerà la Cina nelle città di Chengdu, Shenzhen e Shenyang.
She walks in Beauty, visual I Courtesy Zetema
“She walks in Beauty. Donne della dinastia Han e dell’Impero romano si inserisce in un più ampio quadro di iniziative di promozione internazionale del patrimonio storico-artistico di Roma, pensate per attrarre nuovi visitatori e consolidarne il ruolo di capitale culturale globale”, ha spiegato l’assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotor: “Il progetto ha il pregio di mettere in luce il ruolo cruciale delle donne nelle due grandi civiltà, quella romana e quella cinese, attraverso un dialogo tra reperti archeologici e altre testimonianze artistiche. La collaborazione in ambito culturale è uno degli strumenti più fecondi per la comprensione reciproca tra popoli con tradizioni diverse“.
A dare il benvenuto ai visitatori è la statua di una matrona romana velata di epoca imperiale proveniente dal Museo della Centrale Montemartini, che introduce i temi del matrimonio, dello spazio domestico, dell’ideale femminile, della sfera funeraria e devozionale. Roma e Han dialogano, come i due imperi non fecero mai direttamente, attraverso reperti come il Sarcofago delle Amazzoni (140-150 d.C.) dei Musei Capitolini, con la scena di battaglia tra i Greci e le mitiche donne guerriere, o il grande stendardo funerario a T di seta, posto sul coperchio del sarcofago più interno di Mawangdui, raffigurante il viaggio nell’aldilà.
Steli funerarie e busti di donne romane, giovani e anziane, con diverse acconciature ed espressioni arricchiscono il racconto. Un’imponente statua di Livia, moglie di Augusto, è l’occasione per ricordare la storia di una delle donne più importanti di Roma, la cui vita fu così simile e allo stesso tempo diversa da quella delle consorti degli imperatori cinesi.
She walks in Beauty. Sarcofago con scena di battaglia tra Amazzoni e Greci. Musei Capitolini
“La storia per lo più la scrivono gli uomini”, osserva il soprintendente capitolino Claudio Parisi Presicce: “Nell’antichità è agli uomini che viene attribuito di solito il ruolo di protagonisti delle vicende che, concatenate tra loro, determinarono la nascita, lo sviluppo, la conquista e la distruzione delle comunità politiche. Fin dai poemi omerici, tuttavia, le figure femminili sono state il motore originario di molte delle vicende narrate: Elena, Ecuba, Andromeda, Briseide, Penelope, Calipso, Circe, Nausicaa, Euriclea. La debolezza e la rarità delle informazioni storiografiche concrete e circostanziate sulle donne contrastano, però, con la sovrabbondanza delle immagini. Le donne sono rappresentate prima di essere descritte o raccontate, e attraverso un’attenta analisi qualcosa è possibile afferrare della loro vita”.
Tra i reperti delle tombe di Mawangdui spiccano lacche e sete perfettamente conservate e listelli di bambù con iscritti testi di medicina tradizionale, filosofia e astrologia, ma soprattutto il corpo mummificato di una donna, ritrovato immerso in un liquido di conservazione che ne ha conservato i tessuti per oltre duemila anni: la Marchesa Dai, vissuta nel II secolo a.C..
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Da domani, sabato 15 giugno, fino al prossimo 7 ottobre, 150 opere provenienti dalle collezioni dei Musei Civici di Roma Capitale saranno esposte presso il Museo di Changsha, per raccontare la storia di Roma dal punto di vista delle donne. Ad accoglierle saranno oltre 100 testimonianze della vita femminile emerse esattamente 50 anni fa dalle tombe di Mawangdui e risalenti alla dinastia Han, che regnò in Cina nello stesso periodo. Organizzata in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia e con l’Istituto Italiano di Cultura a Pechino, la mostra celebra l’anniversario di una delle più significative scoperte del panorama archeologico cinese, che negli anni Settanta portò alla luce oltre tremila importanti reperti proprio vicino alla città di Changsha. Dopo la prima tappa in un museo che conta in media 15 mila visitatori giornalieri, l’esposizione girerà la Cina nelle città di Chengdu, Shenzhen e Shenyang.
She walks in Beauty, visual I Courtesy Zetema
“She walks in Beauty. Donne della dinastia Han e dell’Impero romano si inserisce in un più ampio quadro di iniziative di promozione internazionale del patrimonio storico-artistico di Roma, pensate per attrarre nuovi visitatori e consolidarne il ruolo di capitale culturale globale”, ha spiegato l’assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotor: “Il progetto ha il pregio di mettere in luce il ruolo cruciale delle donne nelle due grandi civiltà, quella romana e quella cinese, attraverso un dialogo tra reperti archeologici e altre testimonianze artistiche. La collaborazione in ambito culturale è uno degli strumenti più fecondi per la comprensione reciproca tra popoli con tradizioni diverse“.
A dare il benvenuto ai visitatori è la statua di una matrona romana velata di epoca imperiale proveniente dal Museo della Centrale Montemartini, che introduce i temi del matrimonio, dello spazio domestico, dell’ideale femminile, della sfera funeraria e devozionale. Roma e Han dialogano, come i due imperi non fecero mai direttamente, attraverso reperti come il Sarcofago delle Amazzoni (140-150 d.C.) dei Musei Capitolini, con la scena di battaglia tra i Greci e le mitiche donne guerriere, o il grande stendardo funerario a T di seta, posto sul coperchio del sarcofago più interno di Mawangdui, raffigurante il viaggio nell’aldilà.
Steli funerarie e busti di donne romane, giovani e anziane, con diverse acconciature ed espressioni arricchiscono il racconto. Un’imponente statua di Livia, moglie di Augusto, è l’occasione per ricordare la storia di una delle donne più importanti di Roma, la cui vita fu così simile e allo stesso tempo diversa da quella delle consorti degli imperatori cinesi.
She walks in Beauty. Sarcofago con scena di battaglia tra Amazzoni e Greci. Musei Capitolini
“La storia per lo più la scrivono gli uomini”, osserva il soprintendente capitolino Claudio Parisi Presicce: “Nell’antichità è agli uomini che viene attribuito di solito il ruolo di protagonisti delle vicende che, concatenate tra loro, determinarono la nascita, lo sviluppo, la conquista e la distruzione delle comunità politiche. Fin dai poemi omerici, tuttavia, le figure femminili sono state il motore originario di molte delle vicende narrate: Elena, Ecuba, Andromeda, Briseide, Penelope, Calipso, Circe, Nausicaa, Euriclea. La debolezza e la rarità delle informazioni storiografiche concrete e circostanziate sulle donne contrastano, però, con la sovrabbondanza delle immagini. Le donne sono rappresentate prima di essere descritte o raccontate, e attraverso un’attenta analisi qualcosa è possibile afferrare della loro vita”.
Tra i reperti delle tombe di Mawangdui spiccano lacche e sete perfettamente conservate e listelli di bambù con iscritti testi di medicina tradizionale, filosofia e astrologia, ma soprattutto il corpo mummificato di una donna, ritrovato immerso in un liquido di conservazione che ne ha conservato i tessuti per oltre duemila anni: la Marchesa Dai, vissuta nel II secolo a.C..
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