Bagni pubblici e pubbliche virtù
Toilet
28/11/2003
Sale da bagno, luoghi privati, residenze intime, dove praticare ritiri spirituali. Sono tutto questo le toilet. Forti di questa convinzione i più prestigiosi hotel del mondo, i più lussuosi ristoranti, i musei e i teatri migliori hanno incaricato il gotha degli architetti e dei designer per trasformarle in opere d’arte. Ecco, allora, un’allegoria di mosaici, cristalli, lampadari, candelabri in oro zecchino, sculture avveniristiche e materiali hi-tech. Insomma, i tanto vituperati gabinetti sono diventati luoghi di culto. L’idea è venuta a The Bathroom Diaries, un portale nato con l’intento di offrire un servizio a chi avesse bisogno di reperire bagni pubblici in giro per il mondo, e poi trasformatosi in un sito per chi volesse vivere esperienze a metà strada tra l’artistico e il tecnologico: si va dalle toilet avveniristiche come astronavi (qualcuna ha addirittura la tecnologia wireless) a quelle che vantano famose visite. E dato il successo si è pensato bene di dare vita a un premiazione con tanto di Oscar. I vincitori? Per i navigatori, lo Shoji Tabuchi Theathre, nel Missouri. Per la giuria del sito, invece, lo Smith College Museum of Art di Northampton, in Massachusetts.
E che dire della stampa? Ecco la Ginori, che ha da poco pubblicato un catalogo ritraente numerose immagini del sanitario oggetto del nostro servizio.
In fondo già dieci anni fa l’irriverente Stampa Alternativa ci aveva deliziato con le curiose Parole in ritirata, le scritte che compaiono nei bagni pubblici.
Ma anche il cinema, settima arte, omaggia e cita il sacro ritiro. Come dimenticare la scena di Trainspotting in cui Ewan McGregor, tossico impenitente, con la testa riversa in un gabinetto putrido di lerciume alla ricerca spasmodica di una supposta. E che poco a poco lo risucchia in un vortice psichedelico? Le citazioni sarebbero infinite. Ma più di tutte merita un accenno il film del regista orientale Fruit Chan, Public Toilet presentato al Festival di Venezia 2002 nella sezione Controcorrente. Si tratta di un viaggio intorno al mondo attraverso malattie ed escrementi. Luoghi designati ad accogliere le vicende bagni pubblici luridi, maleodoranti, posti in cui si può nascere e morire. Il protagonista vede la luce proprio in uno di questi, abbandonato lì dalla madre. Sopravvive nutrendosi di rifiuti organici. Si imbatterà in personaggi che hanno tutti a che fare con questi luoghi non proprio ameni. Sono storie di amori e malattie terminali, di speranze disattese. Non c’è molta differenza tra il mondo di fuori e quello lì dentro. Non c’è uscita. Assolutamente nichilista. Forse un po’ troppo. In realtà racconta uno stile di vita, lontano da quello occidentale, in cui il momento di condivisione del bisogno è fondamentale. Un modello di vita lontano dal nostro, dove la condivisione di atti, rumori e odori crea salotto, complicità. Ma, allora, dove finisce quella seduta di riflessione solitaria, personale, quel ritiro ascetico che solo l’intimità del bagno può dare?
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