Il 5 e 6 febbraio al Teatro di Documenti di Roma Dialoghi sulla Merda d’artista
Piero Manzoni debutta a teatro: la scatoletta più "scandalosa" dell'arte alla conquista del palcoscenico
Piero Manzoni, Merda d'artista n.78 | Courtesy Fondazione Piero Manzoni
Samantha De Martin
01/02/2022
Roma - Sul palcoscenico del Teatro di Documenti, tra tappeti sonori, una scenografia essenziale scandita da “apparizioni” manzoniane e una musica che avanza al ritmo di respiri e battiti cardiaci, un parlamentare e il suo assistente, rappresentanti dell’ordine costituito nella Roma degli anni Settanta, dichiarano guerra alla Merda d’artista di Piero Manzoni.
L’enfant terrible della neoavanguardia europea è già morto da otto anni quando una retrospettiva alla Galleria Nazionale di Roma desta scandalo, portando metaforicamente in parlamento quella che sarebbe diventata una delle opere più celebri (e scandalose) della storia dell’arte.
Ma il caso (e la pruderie) alimentano la fama e le mitiche scatolette in latta con il titolo stampato in quattro lingue - 30 grammi di Merda d’artista, Künstlerscheisse, Merde d’artiste, Artist’s Shit, per chi non lo avesse capito - al prezzo fissato all’equivalente del peso di 30 grammi d’oro, ma dal contenuto assolutamente non verificabile, si trasformano in una sorta di “reliquiario” che assurge a garanzia del contenuto.
“Vuolsì così colà dove si puote”, per dirla con Dante, sembra raccomandare Manzoni al suo pubblico, trasformando la scatoletta in una sorta di oggetto magico proprio perché consacrato dal tocco dell’artista.
Il fruitore, in poche parole, deve fidarsi.
Piero Manzoni e la Merda d'artista | Courtesy Fondazione Piero Manzoni
A 61 anni dalla prima apparizione della “merda” più celebre (e costosa) al mondo, a 59 dalla morte del suo geniale artefice, che si spegneva, la notte tra il 5 e il 6 febbraio 1963, appena ventinovenne, l’opera più celebre di Piero Manzoni debutta a teatro.
Al momento le uniche date previste sono al Teatro di Documenti di Roma, il 5 e 6 febbraio, ma si sta già pensando ai prossimi appuntamenti in Italia.
A commissionare e produrre lo spettacolo teatrale dal titolo Dialoghi sulla Merda d’artista, scritto e diretto da Filippo Soldi e con la partecipazione straordinaria del critico d’arte Flaminio Gualdoni, la Fondazione Piero Manzoni, che ha inserito l’appuntamento tra gli eventi dedicati al sessantesimo anniversario della scatoletta, celebrato lo scorso anno.
Accoglierà lo spettacolo il teatro di Testaccio, “uno spazio che è esso stesso opera d’arte”, come sottolinea il regista, progettato e “plasmato” all’interno di grotte seicentesche dall’artista Luciano Damiani, tra i guru della scenografia del Novecento formatosi con Giorgio Morandi. Arte nell’arte, insomma.
D’altra parte la Merda d’artista di strada ne ha fatta, e la profezia del suo autore si è più che avverata visto che, nel 2016, l’esemplare n. 69 ha superato all'asta i 275mila euro.
Piero Manzoni, Merda d'artista, maggio 1961, scatoletta di latta, carta stampata | Foto: © Bruno Bani | Courtesy Fondazione Manzoni
Ma torniamo al palco. In questo spazio denso di storia e di significati, prima di accedere alla sala dove avrà luogo la performance, il pubblico, in un ambiente sonoro preparato per l’occasione da Giacomo Ancillotto, troverà ad attenderlo immagini di opere e documenti di Piero Manzoni. Questo piccolo intermezzo visivo accompagnerà gli spettatori al cospetto di una scatoletta vera, una Base magica - un piedistallo che eleva al ruolo di opera d'arte ogni persona disposta a salirci sopra - i Corpi d’aria, i famosi palloni riempiti di fiato d’artista, accanto a una serie di documenti.
Filo conduttore dei tre dialoghi che vedranno protagonisti due attori - Pierluigi Cicchetti e Riccardo Livermore - saranno temi e suggestioni legati alla Merda d’artista e alle molteplici letture della critica.
A cucire i tre i episodi saranno invece gli interventi critici di Flaminio Gualdoni che vestirà i panni, come dice lui stesso, di “sintetico narratore”.
“Lo spettacolo - spiega Gualdoni - sceglie tre momenti topici che ci restituiscono il clima di quell’epoca. L’interrogazione parlamentare fu realmente fatta nel 1971, anzi fu proprio quella ad innescare lo scandalo. Per la prima volta gli apparati pubblici si resero conto che l’opera d’arte non era più quella che fino a quel momento era stata immaginata. Il problema del magistrato era che la Merda d’artista non fosse affatto vicina a ciò che la gente era abituata a considerare un’opera d’arte”.
Piero Manzoni, Achrome, 1962, tela, carta in pacco di giornale, 45 x 45 cm
Il secondo dialogo è un confronto tra San Francesco ed Elia da Cortona, uno dei suoi primi seguaci, intorno al 1224. “Francesco - spiega Gualdoni - è il santo al quale, per antonomasia, è legato il culto delle reliquie. Manzoni ha colto con lucidità assoluta il nesso storico e antropologico che esisteva tra il culto medievale delle reliquie e la nascita del nuovo collezionismo artistico. Questa equivalenza si dichiara non solo nella Merda d’artista, ma anche nelle Linee, un cilindro che contiene la linea dichiarata da Manzoni, o ancora nel Fiato d’artista. Il fruitore deve fidarsi. La scatoletta è il reliquiario dell’oggetto che ha in sé un potere magico consacrato dal tocco dell’artista. In questo secondo dialogo è evidente come Manzoni abbia colto anche la sacralità che la nostra cultura attribuisce all’artista e ai suoi poteri”.
Infine, Filippo Soldi condurrà il pubblico nel bel mezzo di un pranzo di lavoro tra il rettore di un’università e il direttore del dipartimento di Economia, protagonisti del terzo dialogo nato da una sollecitazione dello stesso Manzoni che pone in relazione l'economia e l’arte.
“Il terzo aspetto messo in luce dallo spettacolo - anticipa Gualdoni - è quello della parità aurea del prezzo. Manzoni fissa un prezzo per cui 30 grammi di escrementi valgono 30 grammi di oro zecchino. Questo aspetto coglie un dato del tempo. Davvero c’è stata una lunga epoca nella quale il dollaro si basava sulla parità aurea. Ad ogni dollaro corrispondeva una certa quantità di oro. Solo in seguito si comprese che non era più necessaria l’esistenza dell’oro a garantire il valore economico. Capiamo come l’arte abbia restituito parità aurea alla cosa più esecrabile e meno nobile che esista, generando così un paradosso”.
Dialoghi sulla Merda d'artista, prove in corso | Courtesy Fondazione Manzoni
L’idea dei Dialoghi sulla Merda d'artista nasce in pieno lockdown.
“Quando Rosalia Pasqualino di Marineo, direttrice della Fondazione Manzoni, mi propose un’idea per celebrare i 60 anni della Merda d’artista - spiega Filippo Soldi - non si parlava tanto di teatro, ma di dialoghi. La mia iniziale perplessità nasceva dal fatto che non si trattasse di fare una cosa sulla vita di un autore, ma su una singola opera d’arte. Serviva un dialogo con una tenuta teatrale. Dopo un iniziale periodo di smarrimento, ho letto tantissimo su Manzoni e, nello specifico, su quest’opera.
Mi ha molto colpito l'interrogazione parlamentare presentata nel 1971 e ho voluto immaginare un deputato e il suo assistente alle prese con la stesura. L’arte non si fa solo guardare, ma provoca, suscita altri momenti creativi".
Ci tuffiamo a teatro con in tasca l’ultima domanda per Gualdoni, dedicata all’attualità e alla rivoluzione compiuta da Manzoni. “Manzoni aveva un grande vantaggio - conclude lo storico dell'arte - non aveva studiato all’Accademia, non aveva nessuno dei vezzi che un artista ha rispetto al suo mestiere. Era laico e libero, andava direttamente al punto senza passare per tutti quei “bla bla” che tante volte caratterizzano il nostro mestiere. Per lo spettatore conta l’oggetto, la cosa che vede. Proprio questo an-intellettualismo del mestiere d’artista è importante. Manzoni parte da zero reinventando il mondo dell’arte e lo spettatore sa di potere instaurare con le sue opere un rapporto diretto. Da questo punto di vista la Merda d’artista è un capolavoro: basta il titolo e sai già tutto”.
Ingresso libero con prenotazione obbligatoria (tessera 3 €)
Prenotazioni: Fondazione Piero Manzoni 02.49437786 (lun-ven 10-19) - merdadartistaoffcial@gmail.com
Piero Manzoni, Merde d'artista | Courtesy Fondazione Piero Manzoni
L’enfant terrible della neoavanguardia europea è già morto da otto anni quando una retrospettiva alla Galleria Nazionale di Roma desta scandalo, portando metaforicamente in parlamento quella che sarebbe diventata una delle opere più celebri (e scandalose) della storia dell’arte.
Ma il caso (e la pruderie) alimentano la fama e le mitiche scatolette in latta con il titolo stampato in quattro lingue - 30 grammi di Merda d’artista, Künstlerscheisse, Merde d’artiste, Artist’s Shit, per chi non lo avesse capito - al prezzo fissato all’equivalente del peso di 30 grammi d’oro, ma dal contenuto assolutamente non verificabile, si trasformano in una sorta di “reliquiario” che assurge a garanzia del contenuto.
“Vuolsì così colà dove si puote”, per dirla con Dante, sembra raccomandare Manzoni al suo pubblico, trasformando la scatoletta in una sorta di oggetto magico proprio perché consacrato dal tocco dell’artista.
Il fruitore, in poche parole, deve fidarsi.
Piero Manzoni e la Merda d'artista | Courtesy Fondazione Piero Manzoni
A 61 anni dalla prima apparizione della “merda” più celebre (e costosa) al mondo, a 59 dalla morte del suo geniale artefice, che si spegneva, la notte tra il 5 e il 6 febbraio 1963, appena ventinovenne, l’opera più celebre di Piero Manzoni debutta a teatro.
Al momento le uniche date previste sono al Teatro di Documenti di Roma, il 5 e 6 febbraio, ma si sta già pensando ai prossimi appuntamenti in Italia.
A commissionare e produrre lo spettacolo teatrale dal titolo Dialoghi sulla Merda d’artista, scritto e diretto da Filippo Soldi e con la partecipazione straordinaria del critico d’arte Flaminio Gualdoni, la Fondazione Piero Manzoni, che ha inserito l’appuntamento tra gli eventi dedicati al sessantesimo anniversario della scatoletta, celebrato lo scorso anno.
Accoglierà lo spettacolo il teatro di Testaccio, “uno spazio che è esso stesso opera d’arte”, come sottolinea il regista, progettato e “plasmato” all’interno di grotte seicentesche dall’artista Luciano Damiani, tra i guru della scenografia del Novecento formatosi con Giorgio Morandi. Arte nell’arte, insomma.
D’altra parte la Merda d’artista di strada ne ha fatta, e la profezia del suo autore si è più che avverata visto che, nel 2016, l’esemplare n. 69 ha superato all'asta i 275mila euro.
Piero Manzoni, Merda d'artista, maggio 1961, scatoletta di latta, carta stampata | Foto: © Bruno Bani | Courtesy Fondazione Manzoni
Ma torniamo al palco. In questo spazio denso di storia e di significati, prima di accedere alla sala dove avrà luogo la performance, il pubblico, in un ambiente sonoro preparato per l’occasione da Giacomo Ancillotto, troverà ad attenderlo immagini di opere e documenti di Piero Manzoni. Questo piccolo intermezzo visivo accompagnerà gli spettatori al cospetto di una scatoletta vera, una Base magica - un piedistallo che eleva al ruolo di opera d'arte ogni persona disposta a salirci sopra - i Corpi d’aria, i famosi palloni riempiti di fiato d’artista, accanto a una serie di documenti.
Filo conduttore dei tre dialoghi che vedranno protagonisti due attori - Pierluigi Cicchetti e Riccardo Livermore - saranno temi e suggestioni legati alla Merda d’artista e alle molteplici letture della critica.
A cucire i tre i episodi saranno invece gli interventi critici di Flaminio Gualdoni che vestirà i panni, come dice lui stesso, di “sintetico narratore”.
“Lo spettacolo - spiega Gualdoni - sceglie tre momenti topici che ci restituiscono il clima di quell’epoca. L’interrogazione parlamentare fu realmente fatta nel 1971, anzi fu proprio quella ad innescare lo scandalo. Per la prima volta gli apparati pubblici si resero conto che l’opera d’arte non era più quella che fino a quel momento era stata immaginata. Il problema del magistrato era che la Merda d’artista non fosse affatto vicina a ciò che la gente era abituata a considerare un’opera d’arte”.
Piero Manzoni, Achrome, 1962, tela, carta in pacco di giornale, 45 x 45 cm
Il secondo dialogo è un confronto tra San Francesco ed Elia da Cortona, uno dei suoi primi seguaci, intorno al 1224. “Francesco - spiega Gualdoni - è il santo al quale, per antonomasia, è legato il culto delle reliquie. Manzoni ha colto con lucidità assoluta il nesso storico e antropologico che esisteva tra il culto medievale delle reliquie e la nascita del nuovo collezionismo artistico. Questa equivalenza si dichiara non solo nella Merda d’artista, ma anche nelle Linee, un cilindro che contiene la linea dichiarata da Manzoni, o ancora nel Fiato d’artista. Il fruitore deve fidarsi. La scatoletta è il reliquiario dell’oggetto che ha in sé un potere magico consacrato dal tocco dell’artista. In questo secondo dialogo è evidente come Manzoni abbia colto anche la sacralità che la nostra cultura attribuisce all’artista e ai suoi poteri”.
Infine, Filippo Soldi condurrà il pubblico nel bel mezzo di un pranzo di lavoro tra il rettore di un’università e il direttore del dipartimento di Economia, protagonisti del terzo dialogo nato da una sollecitazione dello stesso Manzoni che pone in relazione l'economia e l’arte.
“Il terzo aspetto messo in luce dallo spettacolo - anticipa Gualdoni - è quello della parità aurea del prezzo. Manzoni fissa un prezzo per cui 30 grammi di escrementi valgono 30 grammi di oro zecchino. Questo aspetto coglie un dato del tempo. Davvero c’è stata una lunga epoca nella quale il dollaro si basava sulla parità aurea. Ad ogni dollaro corrispondeva una certa quantità di oro. Solo in seguito si comprese che non era più necessaria l’esistenza dell’oro a garantire il valore economico. Capiamo come l’arte abbia restituito parità aurea alla cosa più esecrabile e meno nobile che esista, generando così un paradosso”.
Dialoghi sulla Merda d'artista, prove in corso | Courtesy Fondazione Manzoni
L’idea dei Dialoghi sulla Merda d'artista nasce in pieno lockdown.
“Quando Rosalia Pasqualino di Marineo, direttrice della Fondazione Manzoni, mi propose un’idea per celebrare i 60 anni della Merda d’artista - spiega Filippo Soldi - non si parlava tanto di teatro, ma di dialoghi. La mia iniziale perplessità nasceva dal fatto che non si trattasse di fare una cosa sulla vita di un autore, ma su una singola opera d’arte. Serviva un dialogo con una tenuta teatrale. Dopo un iniziale periodo di smarrimento, ho letto tantissimo su Manzoni e, nello specifico, su quest’opera.
Mi ha molto colpito l'interrogazione parlamentare presentata nel 1971 e ho voluto immaginare un deputato e il suo assistente alle prese con la stesura. L’arte non si fa solo guardare, ma provoca, suscita altri momenti creativi".
Ci tuffiamo a teatro con in tasca l’ultima domanda per Gualdoni, dedicata all’attualità e alla rivoluzione compiuta da Manzoni. “Manzoni aveva un grande vantaggio - conclude lo storico dell'arte - non aveva studiato all’Accademia, non aveva nessuno dei vezzi che un artista ha rispetto al suo mestiere. Era laico e libero, andava direttamente al punto senza passare per tutti quei “bla bla” che tante volte caratterizzano il nostro mestiere. Per lo spettatore conta l’oggetto, la cosa che vede. Proprio questo an-intellettualismo del mestiere d’artista è importante. Manzoni parte da zero reinventando il mondo dell’arte e lo spettatore sa di potere instaurare con le sue opere un rapporto diretto. Da questo punto di vista la Merda d’artista è un capolavoro: basta il titolo e sai già tutto”.
Ingresso libero con prenotazione obbligatoria (tessera 3 €)
Prenotazioni: Fondazione Piero Manzoni 02.49437786 (lun-ven 10-19) - merdadartistaoffcial@gmail.com
Piero Manzoni, Merde d'artista | Courtesy Fondazione Piero Manzoni
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