Porta del Paradiso
Firenze, Piazza del Duomo, 9, 50122 Firenze
- Artista: Lorenzo Ghiberti
- Dove: Firenze, Piazza del Duomo, 9, 50122 Firenze
- Indirizzo: Piazza del duomo, 9, 50122 Firenze
DESCRIZIONE:
La terza "porta del Battistero" venne commissionata al Ghiberti il 2 Gennaio 1425, a distanza quasi di un anno dal completamento della seconda. Il programma delle storie da narrare era stato affidato, dall'arte di Calimala, a Leonardo Bruni, il quale avrebbe dato uno schema delle storie comprendente ventotto formelle ed anche alcune indicazioni generali molto importanti e significative (questo progetto del Bruni, tuttavia, sarebbe stato sottoposto ad un radicale rinnovamento, che portò ad una riduzione del numero di riquadri, e ad una maggiore ampiezza, dunque, degli stessi). Dopo il contratto del 1425, sembra sia seguito un periodo di stasi nell'esecuzione dell'opera, probabilmente per i numerosi impegni che occuparono l'artista, almeno fino alla metà del 1429. Il primo documento relativo alla porta risale infatti all'autunno di quell'anno, e sembra che allora fosse stato cominciato solo il telaio. L'artista deve aver poi lavorato alla porta dal gennaio 1430 al gennaio 1431, se il 26 di questo mese dichiarava al catasto un credito dell'Arte di Calimala equivalente a circa un anno e mezzo di lavoro. Dal 1431 al 1437, tuttavia, non si trovano notizie documentarie, salvo che nel luglio 1435 il Ghiberti vantava un piccolo credito dell'Arte di Calimala. Da un documento del 4 aprile di un anno imprecisato, ma che R. Krautheimer (1956) trascriveva come 1437, sappiamo che il Ghiberti, insieme ad un figlio ed a Michelozzo, aveva da cominciare a nettare le fusioni delle dieci storie e di ventiquattro pezzi dei fregi : sulla base di quel documento, dunque, si sarebbe concordemente ritenuto che tutte le storie fossero state finite entro tale data. Tuttavia, M. G. Ciardi Dupré (1978-79) avrebbe avanzato perplessità in proposito, ed ipotizzato che i rilievi della porta potessero essere stati modellati, fusi e quindi rifiniti non già tutti insieme entro il 1437, bensì in un arco di tempo più esteso: così lascia supporre anche un successivo documento, datato 24 giugno 1443, dove si trova che restavano da farsi ancora quattro storie delle dieci previste (collaboravano allora col Ghiberti entrambi i figli Tommaso e Vittore). Sempre dai documenti, sappiamo che nel 1442 Michelozzo lavorava a cesellare le fusioni: gli succedeva, il 24 giugno 1444, Benozzo Gozzoli il quale sarebbe rimasto nella bottega ghibertiana per tre anni, con una paga piuttosto alta. Vicende personali dell'artista fecero sì che le storie fossero dichiarate finite solo il 7 agosto 1447, e che anche gli altri lavori per la porta subissero un rallentamento. Nel 1445, era stato ordinato in Fiandra altro metallo, molto probabilmente per la fusione dei fregi degli stipiti e dell'architrave, che tuttavia si iniziavano a modellare solo tra anni più tardi e che ancora nel 1450 non erano finiti. In quest'ultima fase dell'opera, troviamo fra i collaboratori, l'orafo Bartolomeo Cennini. Inoltre, i numerosi pagamenti fatti agli scalpellini ed agli assistenti di bottega testimoniano che il lavoro, fra il 1448 ed il 1449 stava avanzando. Il 2 aprile 1452, la porta era completata, ed entrambi Lorenzo e Vittore erano incaricati della sua doratura, che veniva ultimata nel giugno; il 13 luglio, i consoli di Calimala decidevano di collocare questa porta "in faccia alla cattedrale, a causa della sua bellezza", la tradizione vuole poi che essa sia famosa come la "Porta del Paradiso", in seguito al giudizio di Michelangelo, riportato dal Vasari. Già lo stesso Ghiberti sembrerà esser consapevole che le porte del Battistero ebbero importanza centrale per la sua attività tanto da poter affermare, nei suoi "Commentari", che la porta "è la più singolare opera che io abbia prodotta: e con ogni arte e misura et ingegno è stata finita". Simile valutazione dell'importanza del lavoro, legato all'eccellenza del mestiere, e poi lo stesso rilievo dato dall'artista alla scelta dei soggetti, sarebbero stati alla base della fama riportata dal Ghiberti presso i contemporanei, ed anche degli elogi che gli furon tributati in tempi successivi, come quello dello stesso Vasari. Considerata come l'opera più pregevole e significativa dell'artista presso gli eruditi del Sei e del Settecento, sulla scia di giudizi fissati nel Cinquecento, questa porta fu al centro di una accesa polemica cittadina, nel 1732, allorché si discusse l'opportunità di una sua pulitura, dietro alla segnalazione di Raphael Mengs, che in quell'anno era stato autorizzato a farne eseguire dei calchi in gesso: in seguito a questo dibattito uscì a Firenze, nel 1774, il "Libro della seconda e terza porta di bronzo della chiesa di S.Giovanni Battista", curato da T. Patch, con le incisioni di F. Gregori, e col testo a fronte in inglese. Nella polemica settecentesca sul primato tra pittura e scultura, verrà quindi a inserirsi l'apprezzamento di J. B. Seroux d'Agincourt (1779-1789), il quale esaltava la padronanza e la superiorità di questi rilievi ghibertiani, pur lamentandone, ad un tempo, la mancanza di unità d'azione.
La terza "porta del Battistero" venne commissionata al Ghiberti il 2 Gennaio 1425, a distanza quasi di un anno dal completamento della seconda. Il programma delle storie da narrare era stato affidato, dall'arte di Calimala, a Leonardo Bruni, il quale avrebbe dato uno schema delle storie comprendente ventotto formelle ed anche alcune indicazioni generali molto importanti e significative (questo progetto del Bruni, tuttavia, sarebbe stato sottoposto ad un radicale rinnovamento, che portò ad una riduzione del numero di riquadri, e ad una maggiore ampiezza, dunque, degli stessi). Dopo il contratto del 1425, sembra sia seguito un periodo di stasi nell'esecuzione dell'opera, probabilmente per i numerosi impegni che occuparono l'artista, almeno fino alla metà del 1429. Il primo documento relativo alla porta risale infatti all'autunno di quell'anno, e sembra che allora fosse stato cominciato solo il telaio. L'artista deve aver poi lavorato alla porta dal gennaio 1430 al gennaio 1431, se il 26 di questo mese dichiarava al catasto un credito dell'Arte di Calimala equivalente a circa un anno e mezzo di lavoro. Dal 1431 al 1437, tuttavia, non si trovano notizie documentarie, salvo che nel luglio 1435 il Ghiberti vantava un piccolo credito dell'Arte di Calimala. Da un documento del 4 aprile di un anno imprecisato, ma che R. Krautheimer (1956) trascriveva come 1437, sappiamo che il Ghiberti, insieme ad un figlio ed a Michelozzo, aveva da cominciare a nettare le fusioni delle dieci storie e di ventiquattro pezzi dei fregi : sulla base di quel documento, dunque, si sarebbe concordemente ritenuto che tutte le storie fossero state finite entro tale data. Tuttavia, M. G. Ciardi Dupré (1978-79) avrebbe avanzato perplessità in proposito, ed ipotizzato che i rilievi della porta potessero essere stati modellati, fusi e quindi rifiniti non già tutti insieme entro il 1437, bensì in un arco di tempo più esteso: così lascia supporre anche un successivo documento, datato 24 giugno 1443, dove si trova che restavano da farsi ancora quattro storie delle dieci previste (collaboravano allora col Ghiberti entrambi i figli Tommaso e Vittore). Sempre dai documenti, sappiamo che nel 1442 Michelozzo lavorava a cesellare le fusioni: gli succedeva, il 24 giugno 1444, Benozzo Gozzoli il quale sarebbe rimasto nella bottega ghibertiana per tre anni, con una paga piuttosto alta. Vicende personali dell'artista fecero sì che le storie fossero dichiarate finite solo il 7 agosto 1447, e che anche gli altri lavori per la porta subissero un rallentamento. Nel 1445, era stato ordinato in Fiandra altro metallo, molto probabilmente per la fusione dei fregi degli stipiti e dell'architrave, che tuttavia si iniziavano a modellare solo tra anni più tardi e che ancora nel 1450 non erano finiti. In quest'ultima fase dell'opera, troviamo fra i collaboratori, l'orafo Bartolomeo Cennini. Inoltre, i numerosi pagamenti fatti agli scalpellini ed agli assistenti di bottega testimoniano che il lavoro, fra il 1448 ed il 1449 stava avanzando. Il 2 aprile 1452, la porta era completata, ed entrambi Lorenzo e Vittore erano incaricati della sua doratura, che veniva ultimata nel giugno; il 13 luglio, i consoli di Calimala decidevano di collocare questa porta "in faccia alla cattedrale, a causa della sua bellezza", la tradizione vuole poi che essa sia famosa come la "Porta del Paradiso", in seguito al giudizio di Michelangelo, riportato dal Vasari. Già lo stesso Ghiberti sembrerà esser consapevole che le porte del Battistero ebbero importanza centrale per la sua attività tanto da poter affermare, nei suoi "Commentari", che la porta "è la più singolare opera che io abbia prodotta: e con ogni arte e misura et ingegno è stata finita". Simile valutazione dell'importanza del lavoro, legato all'eccellenza del mestiere, e poi lo stesso rilievo dato dall'artista alla scelta dei soggetti, sarebbero stati alla base della fama riportata dal Ghiberti presso i contemporanei, ed anche degli elogi che gli furon tributati in tempi successivi, come quello dello stesso Vasari. Considerata come l'opera più pregevole e significativa dell'artista presso gli eruditi del Sei e del Settecento, sulla scia di giudizi fissati nel Cinquecento, questa porta fu al centro di una accesa polemica cittadina, nel 1732, allorché si discusse l'opportunità di una sua pulitura, dietro alla segnalazione di Raphael Mengs, che in quell'anno era stato autorizzato a farne eseguire dei calchi in gesso: in seguito a questo dibattito uscì a Firenze, nel 1774, il "Libro della seconda e terza porta di bronzo della chiesa di S.Giovanni Battista", curato da T. Patch, con le incisioni di F. Gregori, e col testo a fronte in inglese. Nella polemica settecentesca sul primato tra pittura e scultura, verrà quindi a inserirsi l'apprezzamento di J. B. Seroux d'Agincourt (1779-1789), il quale esaltava la padronanza e la superiorità di questi rilievi ghibertiani, pur lamentandone, ad un tempo, la mancanza di unità d'azione.
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