Giallo cromo

Mario Schifano

 
DESCRIZIONE:
I monocromi di Mario Schifano rappresentano una declinazione del tutto personale di quella tendenza all’“azzeramento” del linguaggio pittorico che caratterizza molte ricerche internazionali negli stessi anni (varie e differenti nelle poetiche e nei mezzi: da Fontana a Castellani, da Manzoni a Klein sino a Reinhardt).

In “Giallo Cromo”, presentato per la prima volta nell’importante antologica di palazzo della Pilotta a Parma nel 1974, la pittura a smalto è stesa sulla carta attraverso ampie stesure irregolari, con sgocciolature grondanti nella parte inferiore, lasciata volutamente scoperta, secondo una struttura tipica di molti monocromi di questo periodo.

La scelta del colore è spiegata dall’artista, che ne sottolinea il carattere del tutto casuale: “Pensavo che dipingere significasse partire da qualcosa di assolutamente primario… Dipingevo quadri così: col blu, col rosso, col giallo.

Dicevo questi sono ‘segni d’energia’ o ‘segni di propaganda’ […]. I primi quadri soltanto gialli con dentro niente, immagini vuote, non volevano dir nulla. Andavano di là, o di qua, di qualsiasi intenzione culturale. Volevano essere loro stessi… Fare un quadro giallo era fare un quadro giallo e basta” (“Lui ama Nancy la fotografa”, intervista a cura di E. Siciliano, in “Il Mondo”, 16 novembre 1972).

Il bordo della superficie, delineato da un sottile tratto nero dagli angoli smussati, evoca la struttura di uno schermo cinematografico o televisivo, o di un telaio di diapositiva: uno spazio “vuoto”, una “tabula rasa” pronta ad accogliere, nel periodo immediatamente successivo, lettere, numeri, immagini, frammenti di scritte pubblicitarie, in un ulteriore riavvicinamento della pittura ai segni della vita moderna.
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