Alla scoperta di un’icona della Collezione Peggy Guggenheim
L’Impero della Luce, un ossimoro firmato Magritte

René Magritte, Empire of Light, 1953-1954, Venezia, Collezione Peggy Guggenheim | © Courtesy Peggy Guggenheim Collection
Francesca Grego
01/04/2020
Venezia - Il mistero si acquatta nella più assoluta normalità. All’arte il compito di renderlo percepibile. A sostenerlo è René Magritte, tra gli artisti più originali e più amati di tutto il Novecento. A distanza di decenni, le sue iconiche pipe, gli eleganti signori in bombetta, i cieli azzurri percorsi da soffici nuvolette sono ancora efficienti messaggeri della logica segreta del reale. Ma c’è un’opera che traduce l’idea di Magritte in una straordinaria atmosfera: è L’Impero della Luce (titolo originale, L’Empire des Lumières): un ossimoro visivo che mette insieme il giorno e la notte per turbarci con la sua ambiguità.
Che cosa rappresenta il capolavoro di Magritte?
Apparentemente è un paesaggio come tanti. Sotto un cielo trapunto di nuvole leggere, vediamo una casa affacciata su un lago, circondata dagli alberi e illuminata da un lampione. Ma qualcosa non quadra. Nella parte superiore del dipinto l’azzurro luminoso sembra alludere ad una bella giornata, mentre in basso l’oscurità avvolge la casa e lo spazio circostante. Una scena amena si trasforma in qualcosa di inquietante: la luce del cielo diventa sinistra e rende il buio ancora più impenetrabile.
Come funziona il meccanismo messo in piedi da Magritte?
È la coesistenza degli opposti ad intrigarci. Il realismo quasi fotografico con cui è descritta la scena rende ancora più evidente l’assurdo accostamento tra il giorno e la notte. Attraverso la giustapposizione di elementi incongrui, Magritte smonta gli automatismi con cui guardiamo il mondo e ci rivela le potenzialità nascoste negli interstizi. Secondo un’idea cara ai surrealisti, nell’arte come nei sogni, il principio di non contraddizione non ha alcun valore: neutralizzando le logiche consuete, avremo una visuale più completa - e affascinante - sulla realtà.“In L’Empire des Lumières - scrive Magritte - il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza per sorprendere e incantare. Chiamo questa forza poesia.
Dove si trova dipinto?
Magritte dipinse lo stesso tema in almeno tre tele. La prima versione risale al 1949 ed è passata tra le mani di collezionisti prestigiosi come Nelson Rockefeller. L’ultimo trasferimento risale al novembre 2017, quando è stata venduta all’asta da Christie’s per 20 milioni di dollari. Altre due versioni si trovano rispettivamente presso il Museo Magritte di Bruxelles e la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Secondo lo storico dell’arte Federico Zeri, per questo paesaggio Magritte prese spunto dai notturni di John Atkinson Grimshaw, innovatore nell’Inghilterra vittoriana.
Che cosa significa il titolo L’Impero della Luce?
Spesso il titolo di un’opera aiuta a chiarire le intenzioni dell’artista. Questo accade raramente con Magritte, che non esita ad aggiungere enigmi verbali a quelli visivi. In un saggio pubblicato su La révolution surréaliste, l’artista spiega: “un oggetto non possiede il suo nome al punto che non si possa trovargliene un altro che gli si adatti meglio”. Che si tratti di immagini o di parole, insomma, “l’arte è ciò che evoca il mistero senza il quale il mondo non esisterebbe”.
Leggi anche:
• Nel regno del mistero: il Museo Magritte a Bruxelles
• Karole Vail: il fascino ambiguo dell’Impero della Luce, specchio dei nostri giorni
Che cosa rappresenta il capolavoro di Magritte?
Apparentemente è un paesaggio come tanti. Sotto un cielo trapunto di nuvole leggere, vediamo una casa affacciata su un lago, circondata dagli alberi e illuminata da un lampione. Ma qualcosa non quadra. Nella parte superiore del dipinto l’azzurro luminoso sembra alludere ad una bella giornata, mentre in basso l’oscurità avvolge la casa e lo spazio circostante. Una scena amena si trasforma in qualcosa di inquietante: la luce del cielo diventa sinistra e rende il buio ancora più impenetrabile.
Come funziona il meccanismo messo in piedi da Magritte?
È la coesistenza degli opposti ad intrigarci. Il realismo quasi fotografico con cui è descritta la scena rende ancora più evidente l’assurdo accostamento tra il giorno e la notte. Attraverso la giustapposizione di elementi incongrui, Magritte smonta gli automatismi con cui guardiamo il mondo e ci rivela le potenzialità nascoste negli interstizi. Secondo un’idea cara ai surrealisti, nell’arte come nei sogni, il principio di non contraddizione non ha alcun valore: neutralizzando le logiche consuete, avremo una visuale più completa - e affascinante - sulla realtà.“In L’Empire des Lumières - scrive Magritte - il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza per sorprendere e incantare. Chiamo questa forza poesia.
Dove si trova dipinto?
Magritte dipinse lo stesso tema in almeno tre tele. La prima versione risale al 1949 ed è passata tra le mani di collezionisti prestigiosi come Nelson Rockefeller. L’ultimo trasferimento risale al novembre 2017, quando è stata venduta all’asta da Christie’s per 20 milioni di dollari. Altre due versioni si trovano rispettivamente presso il Museo Magritte di Bruxelles e la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Secondo lo storico dell’arte Federico Zeri, per questo paesaggio Magritte prese spunto dai notturni di John Atkinson Grimshaw, innovatore nell’Inghilterra vittoriana.
Che cosa significa il titolo L’Impero della Luce?
Spesso il titolo di un’opera aiuta a chiarire le intenzioni dell’artista. Questo accade raramente con Magritte, che non esita ad aggiungere enigmi verbali a quelli visivi. In un saggio pubblicato su La révolution surréaliste, l’artista spiega: “un oggetto non possiede il suo nome al punto che non si possa trovargliene un altro che gli si adatti meglio”. Che si tratti di immagini o di parole, insomma, “l’arte è ciò che evoca il mistero senza il quale il mondo non esisterebbe”.
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