A Roma fino al 7 aprile
Spina Etrusca, il grande porto del Mediterraneo, rivive al Museo di Villa Giulia
Hydria Ricci, particolare
Samantha De Martin
16/11/2023
Roma - Fino al 3 aprile del 1922, quando la più importante città etrusca dell'Adriatico fu scoperta nei pressi di Comacchio, Spina era poco più di una leggenda, inghiottita nel tempo nonostante diverse fonti letterarie ne avessero testimoniato la grandezza e la fama che la rese, tra la fine del VI e il principio del III secolo a.C., uno dei porti più influenti del Mediterraneo preromano. Grazie all’avvio dei lavori di bonifica della Valle Trebba e agli scavi di Valle Pega, nell’arco di pochi decenni Spina, con le sue oltre quattromila sepolture per lo più intatte e uno dei più importanti nuclei al mondo di ceramiche di importazione attica, rivide finalmente alla luce.
A cento anni da quella scoperta il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia accoglie la terza e ultima tappa delle celebrazioni per il Centenario della scoperta con la mostra Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo, visitabile fino al 7 aprile. Le celebrazioni a un secolo da questa straordinaria scoperta archeologica hanno preso avvio l’anno scorso presso il Museo del Delta Antico di Comacchio con la mostra Spina 100: dal mito alla scoperta. Sono poi andate avanti al Museo Archeologico Nazionale di Ferrara con l’esposizione Spina etrusca. Un grande porto nel Mediterraneo, per concludersi nel suggestivo contesto del Museo Nazionale Etrusco con un percorso espositivo multimediale, arricchito da opere provenienti da importanti istituzioni italiane ed estere.
Altorilievo di Pyrgi
Il percorso espositivo ripercorre l’eccezionale contributo scientifico che gli scavi di Spina hanno dato alla scoperta dell’archeologia e della storia del Mediterraneo riannodando i fili della conoscenza intorno agli Etruschi e alle loro relazioni culturali, commerciali e sociali, allargando lo sguardo alle città dell’Etruria tirrenica. Così Adriatico e Tirreno si uniscono attraverso Spina e Pyrgi (tratto di costa oggi corrispondente all'abitato di Santa Severa), porti strategici che intrecciano le loro vicende con le dibattute origini degli Etruschi. Mito e storia condivisa si intrecciano attraverso oltre 700 opere in mostra in dialogo con gli oggetti delle collezioni permanenti e dei depositi del Museo.
Raffinatissimo il frammento di tripode vulcente proveniente dall’Acropoli di Atene con l’apoteosi di Eracle, tra i prestiti inediti e per la prima volta in Italia, esposto accanto alla celeberrima Hydria Ricci. D’impatto anche l’inedito accostamento tra il monumentale cratere della tomba 579 di Valle Trebba e l'Altorilievo di Pyrgi, uno dei capolavori assoluti dell’arte antica, entrambi caratterizzati dal mito dei Sette contro Tebe che cominciò ad assumere, intorno alla prima metà del V secolo, un potente significato ideologico. Rppresentava infatti un monito contro l’inciviltà e la barbarie di lotte fratricide, nelle quali tutti sono inevitabilmente destinati a soccombere.
Degno di nota, in mostra, è il sistema di videoproiezioni emozionali e immersive attraverso il quale l’Altorilievo viene letteralmente reinserito nel suo originario contesto ambientale, storico e archeologico, mostrando a tutti il suo profondo e complesso significato. Il progetto, che trascina il visitatore in un viaggio di grande interesse storico e artistico, è frutto della collaborazione con la ditta Katatexilux.
Colpisce, nella sala del piano nobile dedicata ai celebri gioielli Castellani, una teca che accoglie preziose oreficerie e ambre di Spina, confrontate idealmente con quelle rinvenute nel resto d’Etruria e poi magistralmente imitate dai Castellani.
Kantharos gianiforme attico
Il percorso, coordinato dal direttore del Museo Valentino Nizzo, intreccia la parabola dei tre secoli in cui visse Spina nel quadro più ampio della storia etrusca e della dialettica che ha scandito i rapporti economici, culturali, politici delle città e dei popoli che convergevano sul Tirreno e sull’Adriatico. Greci, Fenici, Latini, Celti si intrecciano agli altri popoli Italici che, come le tessere di un grande mosaico, componevano il quadro etnico della penisola prima dell’avvento di Roma.
Ma la vera poesia della mostra è forse racchiusa nell’hydria con il mito della metamorfosi dei pirati tirreni in delfini, che ritrae quello che, per tutta la loro storia, gli Etruschi hanno rappresentato nell’immaginario dei Greci. A svelare le capacità commerciali degli Etruschi è una inedita selezione di anfore da trasporto dai depositi del Museo di Villa Giulia, a confronto con quelle importate a Spina. La conflittualità che segnò questi rapporti potrebbe essere invece idealmente evocata dalle navi da guerra che solcano il “mare colore del vino” all’interno dell’orlo del dinos realizzato da Exekias all’epoca della terribile battaglia navale di Alalìa che decise le sorti del Mediterraneo nei decenni seguenti.
Se la nascita di Spina viene rievocata attraverso un cippo in pietra con l’iscrizione etrusca “mi tular” = “io sono il confine” che ne evoca idealmente l’atto fondativo, la sala 3 introduce nel vivo delle attività economiche del porto del Delta, tra le sue banchine, ricolme di merci e di beni di ogni tipo. Qui la testa di kouros in marmo di Paros del 500 a.C., rinvenuta a Marzabotto, dialoga con ceppi di ancore in marmo da Spina, con una selezione di materiali dalle necropoli di Adria e con il ricchissimo corredo della tomba 4 C di Valle Pega che mostra la ricchezza e la varietà delle importazioni che continuavano a caratterizzare la vita di Spina ancora alla fine del IV secolo a.C.
Hydria Ricci, particolare
Chiude il percorso una terracotta votiva da Veio di fine V secolo con l’immagine di Enea e Anchise in fuga da Troia. È il primo oggetto restituito dalle sabbie di Spina nel 1668 e oggi conservato a Bologna. Questo reperto chiude idealmente il racconto nel segno di Roma, la cui espansione a nord della penisola, culminata nel 268 a.C. con la fondazione di Rimini, ha determinato la lenta fine della ricca cittadina. Come ricordava Strabone, Spina, l’antica perla dell’Adriatico, già al tempo dell’imperatore Augusto, si era ridotta a un “piccolo villaggio”, distante oltre 15 chilometri da quel mare che per quasi tre secoli aveva garantito la sua gloria.
A cento anni da quella scoperta il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia accoglie la terza e ultima tappa delle celebrazioni per il Centenario della scoperta con la mostra Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo, visitabile fino al 7 aprile. Le celebrazioni a un secolo da questa straordinaria scoperta archeologica hanno preso avvio l’anno scorso presso il Museo del Delta Antico di Comacchio con la mostra Spina 100: dal mito alla scoperta. Sono poi andate avanti al Museo Archeologico Nazionale di Ferrara con l’esposizione Spina etrusca. Un grande porto nel Mediterraneo, per concludersi nel suggestivo contesto del Museo Nazionale Etrusco con un percorso espositivo multimediale, arricchito da opere provenienti da importanti istituzioni italiane ed estere.
Altorilievo di Pyrgi
Il percorso espositivo ripercorre l’eccezionale contributo scientifico che gli scavi di Spina hanno dato alla scoperta dell’archeologia e della storia del Mediterraneo riannodando i fili della conoscenza intorno agli Etruschi e alle loro relazioni culturali, commerciali e sociali, allargando lo sguardo alle città dell’Etruria tirrenica. Così Adriatico e Tirreno si uniscono attraverso Spina e Pyrgi (tratto di costa oggi corrispondente all'abitato di Santa Severa), porti strategici che intrecciano le loro vicende con le dibattute origini degli Etruschi. Mito e storia condivisa si intrecciano attraverso oltre 700 opere in mostra in dialogo con gli oggetti delle collezioni permanenti e dei depositi del Museo.
Raffinatissimo il frammento di tripode vulcente proveniente dall’Acropoli di Atene con l’apoteosi di Eracle, tra i prestiti inediti e per la prima volta in Italia, esposto accanto alla celeberrima Hydria Ricci. D’impatto anche l’inedito accostamento tra il monumentale cratere della tomba 579 di Valle Trebba e l'Altorilievo di Pyrgi, uno dei capolavori assoluti dell’arte antica, entrambi caratterizzati dal mito dei Sette contro Tebe che cominciò ad assumere, intorno alla prima metà del V secolo, un potente significato ideologico. Rppresentava infatti un monito contro l’inciviltà e la barbarie di lotte fratricide, nelle quali tutti sono inevitabilmente destinati a soccombere.
Degno di nota, in mostra, è il sistema di videoproiezioni emozionali e immersive attraverso il quale l’Altorilievo viene letteralmente reinserito nel suo originario contesto ambientale, storico e archeologico, mostrando a tutti il suo profondo e complesso significato. Il progetto, che trascina il visitatore in un viaggio di grande interesse storico e artistico, è frutto della collaborazione con la ditta Katatexilux.
Colpisce, nella sala del piano nobile dedicata ai celebri gioielli Castellani, una teca che accoglie preziose oreficerie e ambre di Spina, confrontate idealmente con quelle rinvenute nel resto d’Etruria e poi magistralmente imitate dai Castellani.
Kantharos gianiforme attico
Il percorso, coordinato dal direttore del Museo Valentino Nizzo, intreccia la parabola dei tre secoli in cui visse Spina nel quadro più ampio della storia etrusca e della dialettica che ha scandito i rapporti economici, culturali, politici delle città e dei popoli che convergevano sul Tirreno e sull’Adriatico. Greci, Fenici, Latini, Celti si intrecciano agli altri popoli Italici che, come le tessere di un grande mosaico, componevano il quadro etnico della penisola prima dell’avvento di Roma.
Ma la vera poesia della mostra è forse racchiusa nell’hydria con il mito della metamorfosi dei pirati tirreni in delfini, che ritrae quello che, per tutta la loro storia, gli Etruschi hanno rappresentato nell’immaginario dei Greci. A svelare le capacità commerciali degli Etruschi è una inedita selezione di anfore da trasporto dai depositi del Museo di Villa Giulia, a confronto con quelle importate a Spina. La conflittualità che segnò questi rapporti potrebbe essere invece idealmente evocata dalle navi da guerra che solcano il “mare colore del vino” all’interno dell’orlo del dinos realizzato da Exekias all’epoca della terribile battaglia navale di Alalìa che decise le sorti del Mediterraneo nei decenni seguenti.
Se la nascita di Spina viene rievocata attraverso un cippo in pietra con l’iscrizione etrusca “mi tular” = “io sono il confine” che ne evoca idealmente l’atto fondativo, la sala 3 introduce nel vivo delle attività economiche del porto del Delta, tra le sue banchine, ricolme di merci e di beni di ogni tipo. Qui la testa di kouros in marmo di Paros del 500 a.C., rinvenuta a Marzabotto, dialoga con ceppi di ancore in marmo da Spina, con una selezione di materiali dalle necropoli di Adria e con il ricchissimo corredo della tomba 4 C di Valle Pega che mostra la ricchezza e la varietà delle importazioni che continuavano a caratterizzare la vita di Spina ancora alla fine del IV secolo a.C.
Hydria Ricci, particolare
Chiude il percorso una terracotta votiva da Veio di fine V secolo con l’immagine di Enea e Anchise in fuga da Troia. È il primo oggetto restituito dalle sabbie di Spina nel 1668 e oggi conservato a Bologna. Questo reperto chiude idealmente il racconto nel segno di Roma, la cui espansione a nord della penisola, culminata nel 268 a.C. con la fondazione di Rimini, ha determinato la lenta fine della ricca cittadina. Come ricordava Strabone, Spina, l’antica perla dell’Adriatico, già al tempo dell’imperatore Augusto, si era ridotta a un “piccolo villaggio”, distante oltre 15 chilometri da quel mare che per quasi tre secoli aveva garantito la sua gloria.
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