Fino al 10 giugno a Roma, Palazzo Barberini
Illusioni barocche: gli inganni di Niceron e la magia dell’anamorfosi
Jean François Niceron, Anamorfosi (Ritratto di Luigi XIII davanti al crocifisso), Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma
Francesca Grego
12/03/2018
Roma - Due uomini riccamente abbigliati posano davanti a un tavolino a due piani: astrolabi, globi, bussole, strumenti musicali rinviano alla scienza cinquecentesca, alle arti del quadrivio e alle scoperte geografiche che in pochi hanno rivoluzionato la percezione del mondo. In basso, un figura non immediatamente identificabile attrae l’attenzione. Se spostiamo il nostro occhio verso basso, guardando da destra verso sinistra, ecco apparire la chiara immagine di un teschio, simbolo del trionfo finale della morte su tutte le attività umane. Il quadro, che avrete sicuramente riconosciuto, è Gli ambasciatori, capolavoro di Hans Holbein nonché il più famoso esempio di anamorfosi della storia dell’arte.
Agli inganni della “prospettiva curiosa” che, oltre a Holbein, intrigò un gran numero di artisti e collezionisti, è dedicata una piccola, preziosa mostra a Palazzo Barberini curata da Maurizia Cicconi e Michele Di Monte. L’anamorfosi è un effetto ottico studiato nel Rinascimento da Leonardo e da Erhard Schön, allievo di Dürer, che sfrutta le possibilità della prospettiva per creare immagini riconoscibili solo se guardate da una posizione precisa o riflesse su superfici curve, permettendo di inserire nell’opera figure e significati reconditi.
Ma è nel Seicento, il secolo dell’ottica e dell’illusione, che l’anamorfosi diventa regina dell’arte.
Protagoniste dell’allestimento alla Galleria Nazionale d’Arte Antica sono dunque le creazioni di Jean-François Niceron, matematico, pittore e teologo francese del XVII secolo che a Roma lasciò una cospicua eredità. Dipinti a prima vista enigmatici svelano il proprio significato specchiandosi sulla superficie di un cilindro lucido. Ci sono le effigi di Re Luigi XIII, di San Francesco di Paola e l’autoritratto dell’artista, ma anche una licenziosa Coppia di amanti, esempio di una tradizione in cui l’inganno prospettico è usato spesso per dissimulare scene erotiche.
In generale il gioco dell’anamorfosi si sposa con il gusto del Barocco per l’illusione, per l’ossimoro, per il paradosso e il contrasto, in un’arte che si fa sempre più teatrale. Dietro i dipinti “magici” si nasconde un segreto, non importa se teologico o mondano. Per accedervi è necessario deviare momentaneamente dalla verità dell’osservazione: le anamorfosi su cilindro, scrivono i curatori, “non sono solo immagini riflesse, ma anche immagini che dovrebbero far riflettere”. Ancora all’inizio del Settecento, Leibniz scriverà che lo stesso universo è un’anamorfosi per l’occhio divino, dal cui punto di vista “le apparenti deformità dei nostri piccoli mondi si raccolgono in bellezze nel grande e non hanno in sé nulla che si opponga all’unità di un principio universale”.
Tra disvelamenti sacri e profani, a Palazzo Barberini è possibile scoprire le opere a stampa originali di Niceron, corredate da illuminanti illustrazioni e consultabili integralmente in versione digitale, ma soprattutto provare lo speciale “cannocchiale anamorfico” dell’artista, attraverso il quale le teste di 12 sovrani turchi si dissolvono per ricomporsi nel ritratto del Granduca di Toscana Ferdinando de’ Medici, così come 14 busti di pontefici e padri della Chiesa danno vita all’effigie di Urbano VIII Barberini.
In calendario alla Galleria d’Arte Antica di Palazzo Barberini fino al 10 giugno, Curiose riflessioni. Jean-François Niceron, le anamorfosi e la magia delle immagini fa parte del programma che nel 2018 il museo dedica alle relazioni tra arte, geometria e matematica; sarà accompagnato da workshop e attività collaterali per tutte le età, comprese visite tematiche per le scuole e ludoteca creativa gratuita.
In giro per Roma, alla scoperta di opere anamorfiche
Se il gioco barocco di Niceron vi affascina, la Città Eterna è ricca di luoghi da esplorare in un itinerario all’insegna delle illusioni ottiche. Le pareti del Convento dei Minimi di Trinità dei Monti, per esempio, sono una strabiliante testimonianza della competizione anamorfica che Niceron ingaggiò con il padre superiore Emmanuel Maignan, uno specialista nell’arte di rappresentare la sfera celeste. Capolavoro del primo è l’affresco di San Giovanni a Patmos, non a caso definito dall’autore “l’apocalisse dell’ottica” (in greco apocalisse significa “rivelazione”). Qui non sono necessari strumenti speciali: se percorrendo i 20 metri del corridoio si scorgono paesaggi singolari popolati da minuscole figure, ponendosi alla sua estremità e osservando la parete in scorcio l’immagine si sdoppia, lasciando apparire la figura del santo.
Altre meraviglie dell’anamorfosi seicentesca da ammirare nel centro di Roma sono la Cupola della Chiesa di Sant’Ignazio e le Stanze di Sant’Ignazio di Loyola nella casa Professa del Gesù, tutte affrescate da Andrea Pozzo, mentre la Colonnata illusionistica di Palazzo Spada Capodiferro creata da Francesco Borromini e la Scala Regia di Gian Lorenzo Bernini al Vaticano mostrano gli esiti scenografici della prospettiva anamorfica in architettura.
Agli inganni della “prospettiva curiosa” che, oltre a Holbein, intrigò un gran numero di artisti e collezionisti, è dedicata una piccola, preziosa mostra a Palazzo Barberini curata da Maurizia Cicconi e Michele Di Monte. L’anamorfosi è un effetto ottico studiato nel Rinascimento da Leonardo e da Erhard Schön, allievo di Dürer, che sfrutta le possibilità della prospettiva per creare immagini riconoscibili solo se guardate da una posizione precisa o riflesse su superfici curve, permettendo di inserire nell’opera figure e significati reconditi.
Ma è nel Seicento, il secolo dell’ottica e dell’illusione, che l’anamorfosi diventa regina dell’arte.
Protagoniste dell’allestimento alla Galleria Nazionale d’Arte Antica sono dunque le creazioni di Jean-François Niceron, matematico, pittore e teologo francese del XVII secolo che a Roma lasciò una cospicua eredità. Dipinti a prima vista enigmatici svelano il proprio significato specchiandosi sulla superficie di un cilindro lucido. Ci sono le effigi di Re Luigi XIII, di San Francesco di Paola e l’autoritratto dell’artista, ma anche una licenziosa Coppia di amanti, esempio di una tradizione in cui l’inganno prospettico è usato spesso per dissimulare scene erotiche.
In generale il gioco dell’anamorfosi si sposa con il gusto del Barocco per l’illusione, per l’ossimoro, per il paradosso e il contrasto, in un’arte che si fa sempre più teatrale. Dietro i dipinti “magici” si nasconde un segreto, non importa se teologico o mondano. Per accedervi è necessario deviare momentaneamente dalla verità dell’osservazione: le anamorfosi su cilindro, scrivono i curatori, “non sono solo immagini riflesse, ma anche immagini che dovrebbero far riflettere”. Ancora all’inizio del Settecento, Leibniz scriverà che lo stesso universo è un’anamorfosi per l’occhio divino, dal cui punto di vista “le apparenti deformità dei nostri piccoli mondi si raccolgono in bellezze nel grande e non hanno in sé nulla che si opponga all’unità di un principio universale”.
Tra disvelamenti sacri e profani, a Palazzo Barberini è possibile scoprire le opere a stampa originali di Niceron, corredate da illuminanti illustrazioni e consultabili integralmente in versione digitale, ma soprattutto provare lo speciale “cannocchiale anamorfico” dell’artista, attraverso il quale le teste di 12 sovrani turchi si dissolvono per ricomporsi nel ritratto del Granduca di Toscana Ferdinando de’ Medici, così come 14 busti di pontefici e padri della Chiesa danno vita all’effigie di Urbano VIII Barberini.
In calendario alla Galleria d’Arte Antica di Palazzo Barberini fino al 10 giugno, Curiose riflessioni. Jean-François Niceron, le anamorfosi e la magia delle immagini fa parte del programma che nel 2018 il museo dedica alle relazioni tra arte, geometria e matematica; sarà accompagnato da workshop e attività collaterali per tutte le età, comprese visite tematiche per le scuole e ludoteca creativa gratuita.
In giro per Roma, alla scoperta di opere anamorfiche
Se il gioco barocco di Niceron vi affascina, la Città Eterna è ricca di luoghi da esplorare in un itinerario all’insegna delle illusioni ottiche. Le pareti del Convento dei Minimi di Trinità dei Monti, per esempio, sono una strabiliante testimonianza della competizione anamorfica che Niceron ingaggiò con il padre superiore Emmanuel Maignan, uno specialista nell’arte di rappresentare la sfera celeste. Capolavoro del primo è l’affresco di San Giovanni a Patmos, non a caso definito dall’autore “l’apocalisse dell’ottica” (in greco apocalisse significa “rivelazione”). Qui non sono necessari strumenti speciali: se percorrendo i 20 metri del corridoio si scorgono paesaggi singolari popolati da minuscole figure, ponendosi alla sua estremità e osservando la parete in scorcio l’immagine si sdoppia, lasciando apparire la figura del santo.
Altre meraviglie dell’anamorfosi seicentesca da ammirare nel centro di Roma sono la Cupola della Chiesa di Sant’Ignazio e le Stanze di Sant’Ignazio di Loyola nella casa Professa del Gesù, tutte affrescate da Andrea Pozzo, mentre la Colonnata illusionistica di Palazzo Spada Capodiferro creata da Francesco Borromini e la Scala Regia di Gian Lorenzo Bernini al Vaticano mostrano gli esiti scenografici della prospettiva anamorfica in architettura.
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