Celato sotto un paesaggio, il dipinto è venuto alla luce durante un restauro
Parigi 1911: scoperto un De Chirico inedito
Giorgio De Chirico, Parigi 1911. Courtesy The Boga Foundation
Francesca Grego
03/07/2018
Mondo - Sopra, un comune paesaggio con mulini; sotto, una delle prime nature morte di Giorgio De Chirico, momento seminale della Pittura Metafisica. È quello che è apparso alla restauratrice Chiara Colombo, chiamata dagli eredi di un collezionista svizzero a effettuare un semplice intervento di ripulitura su una tela acquistata ad Antibes negli anni Ottanta.
A stimolare la sua curiosità è stato un vuoto, un piccolo spazio privo di colore su una tela dalla trama singolare, rada e sottile: qualcos’altro doveva celarsi al di sotto di quel tramonto in stile franco- fiammingo apparentemente di fattura ottocentesca.
Un timbro e una scritta sul retro della tela portano a Parigi, in un noto negozio di articoli per pittori attivo sul finire del secolo, mentre la lesione inizia a rivelare le note musicali sottostanti, la cui presenza è presto confermata da una spettrometria ai raggi X.
I risultati delle indagini condotte dal professor Luigi Soldoni parlano di un dipinto paradossalmente più moderno di quello che lo copre: una natura morta con violino, spartiti musicali e una statuetta della della Venere di Milo.
Il nome di Giorgio De Chirico si profila già all’orizzonte: tra il 1911 e il 1915 l’artista si trovava effettivamente a Parigi, la sua attrazione per la statuaria antica è cosa nota e lo stretto legame con il fratello musicista – Alberto Savinio – lo spinge a cercare connessioni tra pittura e musica.
Ce n’è abbastanza per decidere di andare a fondo cancellando, se necessario, il delizioso quadro d’arredo firmato “Coral”. Et voilà, Parigi 1911 riappare finalmente nella sua interezza.
“La storia della scoperta del quadro è veramente unica e suggestiva”, ha spiegato il professor Claudio Strinati, consigliere scientifico della Fondazione Isa e Giorgio De Chirico, durante la presentazione nella cittadina svizzera di Balerna: “Quante volte abbiamo sentito parlare di un quadro antico che in passaggi successivi di proprietà viene ridipinto e l'originale scompare alla vista? È un caso non frequentissimo, ma abbastanza tipico. Ma qui si tratta di una situazione apparentemente simile e invece completamente diversa, inattesa, entusiasmante. Una situazione da considerarsi più unica che rara”.
Il dipinto, racconta il professore, è il prezioso documento dell’inizio di una luminosa carriera artistica. Tra eleganti pennellate nei toni del grigio e dell’ocra si annidano quelli che saranno i tratti distintivi della pittura di De Chirico, frutto di un peculiare intreccio tra la cultura di un’epoca e le vicende biografiche dell’autore.
Per esempio possiamo rintracciarvi il richiamo alle frequentazioni musicali del giovane Giorgio a Monaco di Baviera, dove accompagnava il fratello Alberto alle lezioni di un grande maestro come Max Reger per fargli da interprete.
E naturalmente non mancano le suggestioni della Grecia, culla dell’arte classica e luogo della giovinezza dei De Chirico, che interpretavano la casualità della nascita a Volo, in Tessaglia, come un segno del destino.
La presenza nel quadro di un simbolo della classicità come la Venere di Milo rappresenta perciò un ritorno alle origini, ma anche l’indizio di un desiderio assolutamente in linea con lo spirito di un tempo che, attraverso la filosofia di Friedrich Nietzsche, vide nel recupero dell’antico la via maestra per la nascita di un Uomo Nuovo libero dalle catene mortificanti del Cristianesimo.
La vita di De Chirico, italiano nato in Grecia e formatosi a Monaco di Baviera, afferma ancora Strinati, è lo specchio del transito della classicità verso la sua dimensione moderna, in cui filosofi, storici e scrittori tedeschi giocano un ruolo cruciale.
Sulla scorta di Così parlò Zarathustra, tra i più influenti best seller dell’epoca, De Chirico fa dunque piazza pulita di ogni motivo ultramondano e fonda la sua Pittura Metafisica, un luogo onirico dove si incontrano oggetti, attività e desideri prettamente umani.
Parigi 1911 “è in fondo un quadro semplice, come l’Uomo Nuovo nietzschiano che è un fanciullo”, spiega il professore: “I quadri di De Chirico sono pieni di oggetti infantili e sogni ricorrenti. Un’antichità remotissima torna a noi attraverso visioni fanciullesche. Ma non c’è più grande sapienza di quella dell’infante che non sapendo nulla sa tutto. L’Uomo Nuovo non è Hitler o il duce come spesso è stato detto, ma un bambino da tenere sempre vivo in noi. E se nella storia queste idee non hanno prodotto grandi risultati, nell’arte hanno dato vita a esiti importanti.
La spinta al rinnovamento dell’umanità premeva sotto il dipinto dei mulini. Al confine tra cultura e ignoranza, esso esprime la massima ‘Conosci te stesso’ che accoglieva i pellegrini giunti a Delfi per consultare l’immensa sapienza dell’oracolo di Apollo”.
Leggi anche:
• Scoperta la prima opera di Leonardo
• Il Mantegna ritrovato: dai depositi dell’Accademia Carrara spunta un capolavoro del maestro veneto
• Roma: De Chirico in grisaglia. Figure spazi suggestioni
• Domodossola: De Chirico De Pisis. La mente altrove
A stimolare la sua curiosità è stato un vuoto, un piccolo spazio privo di colore su una tela dalla trama singolare, rada e sottile: qualcos’altro doveva celarsi al di sotto di quel tramonto in stile franco- fiammingo apparentemente di fattura ottocentesca.
Un timbro e una scritta sul retro della tela portano a Parigi, in un noto negozio di articoli per pittori attivo sul finire del secolo, mentre la lesione inizia a rivelare le note musicali sottostanti, la cui presenza è presto confermata da una spettrometria ai raggi X.
I risultati delle indagini condotte dal professor Luigi Soldoni parlano di un dipinto paradossalmente più moderno di quello che lo copre: una natura morta con violino, spartiti musicali e una statuetta della della Venere di Milo.
Il nome di Giorgio De Chirico si profila già all’orizzonte: tra il 1911 e il 1915 l’artista si trovava effettivamente a Parigi, la sua attrazione per la statuaria antica è cosa nota e lo stretto legame con il fratello musicista – Alberto Savinio – lo spinge a cercare connessioni tra pittura e musica.
Ce n’è abbastanza per decidere di andare a fondo cancellando, se necessario, il delizioso quadro d’arredo firmato “Coral”. Et voilà, Parigi 1911 riappare finalmente nella sua interezza.
“La storia della scoperta del quadro è veramente unica e suggestiva”, ha spiegato il professor Claudio Strinati, consigliere scientifico della Fondazione Isa e Giorgio De Chirico, durante la presentazione nella cittadina svizzera di Balerna: “Quante volte abbiamo sentito parlare di un quadro antico che in passaggi successivi di proprietà viene ridipinto e l'originale scompare alla vista? È un caso non frequentissimo, ma abbastanza tipico. Ma qui si tratta di una situazione apparentemente simile e invece completamente diversa, inattesa, entusiasmante. Una situazione da considerarsi più unica che rara”.
Il dipinto, racconta il professore, è il prezioso documento dell’inizio di una luminosa carriera artistica. Tra eleganti pennellate nei toni del grigio e dell’ocra si annidano quelli che saranno i tratti distintivi della pittura di De Chirico, frutto di un peculiare intreccio tra la cultura di un’epoca e le vicende biografiche dell’autore.
Per esempio possiamo rintracciarvi il richiamo alle frequentazioni musicali del giovane Giorgio a Monaco di Baviera, dove accompagnava il fratello Alberto alle lezioni di un grande maestro come Max Reger per fargli da interprete.
E naturalmente non mancano le suggestioni della Grecia, culla dell’arte classica e luogo della giovinezza dei De Chirico, che interpretavano la casualità della nascita a Volo, in Tessaglia, come un segno del destino.
La presenza nel quadro di un simbolo della classicità come la Venere di Milo rappresenta perciò un ritorno alle origini, ma anche l’indizio di un desiderio assolutamente in linea con lo spirito di un tempo che, attraverso la filosofia di Friedrich Nietzsche, vide nel recupero dell’antico la via maestra per la nascita di un Uomo Nuovo libero dalle catene mortificanti del Cristianesimo.
La vita di De Chirico, italiano nato in Grecia e formatosi a Monaco di Baviera, afferma ancora Strinati, è lo specchio del transito della classicità verso la sua dimensione moderna, in cui filosofi, storici e scrittori tedeschi giocano un ruolo cruciale.
Sulla scorta di Così parlò Zarathustra, tra i più influenti best seller dell’epoca, De Chirico fa dunque piazza pulita di ogni motivo ultramondano e fonda la sua Pittura Metafisica, un luogo onirico dove si incontrano oggetti, attività e desideri prettamente umani.
Parigi 1911 “è in fondo un quadro semplice, come l’Uomo Nuovo nietzschiano che è un fanciullo”, spiega il professore: “I quadri di De Chirico sono pieni di oggetti infantili e sogni ricorrenti. Un’antichità remotissima torna a noi attraverso visioni fanciullesche. Ma non c’è più grande sapienza di quella dell’infante che non sapendo nulla sa tutto. L’Uomo Nuovo non è Hitler o il duce come spesso è stato detto, ma un bambino da tenere sempre vivo in noi. E se nella storia queste idee non hanno prodotto grandi risultati, nell’arte hanno dato vita a esiti importanti.
La spinta al rinnovamento dell’umanità premeva sotto il dipinto dei mulini. Al confine tra cultura e ignoranza, esso esprime la massima ‘Conosci te stesso’ che accoglieva i pellegrini giunti a Delfi per consultare l’immensa sapienza dell’oracolo di Apollo”.
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