Tra il 1912 e il 1948, pittura, scultura e le arti erano discipline olimpiche
L'arte alle Olimpiadi: quando gli artisti correvano per una medaglia
Discobolo Lancellotti, Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo | Foto: After Myron via Wikipedia Creative Commons
Francesca Grego
26/03/2020
Mondo - Ve lo immaginate un dipinto futurista che corre per l’oro olimpico? E un progetto di Alvar Aalto? Incredibile ma vero, c’è stato un tempo in cui l’arte è scesa in pista tra gli atleti. E non è poi così lontano.
La storia ha inizio proprio con le Olimpiadi moderne. Siamo negli ultimi decenni dell’Ottocento. Vecchi sport tornano in auge e ne nascono di nuovi, mentre grandi scoperte archeologiche – da Troia a Micene – stimolano l’interesse per la civiltà greca. A Olimpia Ernst Curtius riporta alla luce l’Hermes di Prassitele e le testimonianze dei giochi in onore di Zeus. Un barone francese, Pierre de Coubertin, si lancia in un progetto visionario: resuscitare le gare più amate del mondo antico. Per farlo supererà ostacoli apparentemente impossibili, affronterà aspre battaglie e cocenti delusioni, come un vero atleta. Le nuove Olimpiadi vedranno la luce ad Atene nel 1896, con 285 partecipanti da 14 paesi del mondo. Appassionato di storia, rugby e pedagogia, il barone mira ancora più in alto. “Si tratta di unire di nuovo, con i legami di un legittimo matrimonio, due antichi divorziati: il Muscolo e la Mente”, annuncia in un congresso a Parigi nel 1906.
Presso i greci, in effetti, il connubio tra l’arte e lo sport non era strano per nulla. Basti pensare al Doriforo di Policleto, al Discobolo di Milone, all’Atleta di Lisippo: capolavori che mostrano come le attività ginniche e i corpi perfetti dei campioni fossero tra i soggetti favoriti dagli artisti. Per i greci il corpo è lo specchio dell’anima e l’uomo virtuoso non può che essere bello, cioè ben curato e allenato fin dall’infanzia. Perfino Platone si cimenta nella lotta e nel pugilato ai giochi di Delfi e di Corinto, ed Euripide trionfa negli stessi sport ad Atene come a Eleusi. Ma la mecca dei giochi è Olimpia, secondo una tradizione che il mito riporta allo stesso Ercole. Non è soltanto un evento sportivo: durante le competizioni i campioni dell’arte, della cultura e del pensiero si riuniscono nella città sacra del Peloponneso per far conoscere a tutti i greci i frutti del proprio genio. Ed è grazie alle Olimpiadi che nasce il più grande museo a cielo aperto dell’antichità, perché ogni vincitore ha diritto a farsi erigere una statua sul campo.
Insomma, l’idea di de Coubertin non è poi così balzana. E con la consueta determinazione il barone si mette all’opera per trasformarla in realtà. Iniziative artistiche e culturali fanno corona attorno ai giochi olimpici fino a quando, alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912, debutta il cosiddetto Pentathlon delle Muse: competizioni di pittura, scultura, architettura, letteratura e musica che andranno avanti fino al 1948, arricchendosi di sottocategorie come il disegno, le incisioni o gli acquerelli. Gli artisti sono invitati a presentare opere originali legate sui temi dello sport, declinando il modello greco in versione contemporanea. “L’arte esca dallo stadio di contemplazione della bellezza per esprimere la bellezza dell’energia”, scriverà Raniero Nicolai, vincitore della medaglia d’oro per la letteratura alle Olimpiadi di Anversa del 1920.
Walter Winans, An American Trotter, 1912 | La scultura si aggiudicò la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Stoccolma | Courtesy: Idrottmuseet, Malmö
L’esordio è in salita: non è facile far convergere strade divise già nell’antica Roma. Ma l’entusiasmo crescente per il fenomeno sportivo darà i suoi frutti e perfino l’Unione Sovietica, che non manda atleti alle Olimpiadi perché le considera un fenomeno borghese, decide di prender parte alle competizioni culturali. Talenti dell’arte italiana come Pietro Canonica e Vincenzo Gemito, Tato ed Enrico Prampolini, Emilio Greco, Marino Mazzacurati, Giovanni Stradone o Filippo Sgarlata scendono in campo armati di tele e scalpelli, mentre i dipinti di Carlo Carrà e le sculture di Francesco Messina spiccano nelle mostre a tema sportivo.
Anche un celebre storico dell’arte come Giulio Carlo Argan si metterà in gioco nella selezione dei campioni nazionali e nella giuria di Londra ’48. Ai giochi olimpici di Parigi del 1924, invece, ad assegnare le medaglie ai musicisti era stato il grande Igor Stravinskij. Mentre il fascismo incoraggia gli artisti italiani a celebrare lo sport e i suoi campioni, nel ’39 la regista tedesca Leni Riefensthal racconta le “Olimpiadi di Hitler” da un punto di vista interno ma artisticamente all’avanguardia: nel celebre documentario Olympia, riprende le folle oceaniche e l’iconica cerimonia della torcia, fino al disappunto del Fürher per la vittoria di Jesse Owens.
Leni Riefensthal, Olympia, 1936
Ma torniamo agli artisti in concorso e proviamo a tracciare un bilancio. Con due ori nella pittura a Parigi (1924) e ad Amsterdam (1928) il lussemburghese Jean Jacoby si aggiudica il record di artista olimpico di maggior successo di sempre, mentre il pittore britannico John Copley passa alla storia come il vincitore olimpico più anziano, con una medaglia d’argento conquistata a 73 anni (Londra 1948, Pittura mista, incisioni). Ma c’è anche chi ha raggiunto i vertici sia nell’arte che nello sport: lo scultore e tiratore a segno statunitense Walter W. Winans e il nuotatore e architetto ungherese Alfred Hajos. L’Italia si fa onore nel medagliere con il gioco di squadra. Con cinque ori, sette argenti e due bronzi è seconda solo alla Germania. Un piccolo grande saggio della creatività del Belpaese.
Farpi Vignoli, Il Guidatore di Sulky, 1936 | L'artista vinse la medaglia d'oro per questa scultura alle Olimpiadi del 1936 a Berlino
La storia ha inizio proprio con le Olimpiadi moderne. Siamo negli ultimi decenni dell’Ottocento. Vecchi sport tornano in auge e ne nascono di nuovi, mentre grandi scoperte archeologiche – da Troia a Micene – stimolano l’interesse per la civiltà greca. A Olimpia Ernst Curtius riporta alla luce l’Hermes di Prassitele e le testimonianze dei giochi in onore di Zeus. Un barone francese, Pierre de Coubertin, si lancia in un progetto visionario: resuscitare le gare più amate del mondo antico. Per farlo supererà ostacoli apparentemente impossibili, affronterà aspre battaglie e cocenti delusioni, come un vero atleta. Le nuove Olimpiadi vedranno la luce ad Atene nel 1896, con 285 partecipanti da 14 paesi del mondo. Appassionato di storia, rugby e pedagogia, il barone mira ancora più in alto. “Si tratta di unire di nuovo, con i legami di un legittimo matrimonio, due antichi divorziati: il Muscolo e la Mente”, annuncia in un congresso a Parigi nel 1906.
Presso i greci, in effetti, il connubio tra l’arte e lo sport non era strano per nulla. Basti pensare al Doriforo di Policleto, al Discobolo di Milone, all’Atleta di Lisippo: capolavori che mostrano come le attività ginniche e i corpi perfetti dei campioni fossero tra i soggetti favoriti dagli artisti. Per i greci il corpo è lo specchio dell’anima e l’uomo virtuoso non può che essere bello, cioè ben curato e allenato fin dall’infanzia. Perfino Platone si cimenta nella lotta e nel pugilato ai giochi di Delfi e di Corinto, ed Euripide trionfa negli stessi sport ad Atene come a Eleusi. Ma la mecca dei giochi è Olimpia, secondo una tradizione che il mito riporta allo stesso Ercole. Non è soltanto un evento sportivo: durante le competizioni i campioni dell’arte, della cultura e del pensiero si riuniscono nella città sacra del Peloponneso per far conoscere a tutti i greci i frutti del proprio genio. Ed è grazie alle Olimpiadi che nasce il più grande museo a cielo aperto dell’antichità, perché ogni vincitore ha diritto a farsi erigere una statua sul campo.
Insomma, l’idea di de Coubertin non è poi così balzana. E con la consueta determinazione il barone si mette all’opera per trasformarla in realtà. Iniziative artistiche e culturali fanno corona attorno ai giochi olimpici fino a quando, alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912, debutta il cosiddetto Pentathlon delle Muse: competizioni di pittura, scultura, architettura, letteratura e musica che andranno avanti fino al 1948, arricchendosi di sottocategorie come il disegno, le incisioni o gli acquerelli. Gli artisti sono invitati a presentare opere originali legate sui temi dello sport, declinando il modello greco in versione contemporanea. “L’arte esca dallo stadio di contemplazione della bellezza per esprimere la bellezza dell’energia”, scriverà Raniero Nicolai, vincitore della medaglia d’oro per la letteratura alle Olimpiadi di Anversa del 1920.
Walter Winans, An American Trotter, 1912 | La scultura si aggiudicò la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Stoccolma | Courtesy: Idrottmuseet, Malmö
L’esordio è in salita: non è facile far convergere strade divise già nell’antica Roma. Ma l’entusiasmo crescente per il fenomeno sportivo darà i suoi frutti e perfino l’Unione Sovietica, che non manda atleti alle Olimpiadi perché le considera un fenomeno borghese, decide di prender parte alle competizioni culturali. Talenti dell’arte italiana come Pietro Canonica e Vincenzo Gemito, Tato ed Enrico Prampolini, Emilio Greco, Marino Mazzacurati, Giovanni Stradone o Filippo Sgarlata scendono in campo armati di tele e scalpelli, mentre i dipinti di Carlo Carrà e le sculture di Francesco Messina spiccano nelle mostre a tema sportivo.
Anche un celebre storico dell’arte come Giulio Carlo Argan si metterà in gioco nella selezione dei campioni nazionali e nella giuria di Londra ’48. Ai giochi olimpici di Parigi del 1924, invece, ad assegnare le medaglie ai musicisti era stato il grande Igor Stravinskij. Mentre il fascismo incoraggia gli artisti italiani a celebrare lo sport e i suoi campioni, nel ’39 la regista tedesca Leni Riefensthal racconta le “Olimpiadi di Hitler” da un punto di vista interno ma artisticamente all’avanguardia: nel celebre documentario Olympia, riprende le folle oceaniche e l’iconica cerimonia della torcia, fino al disappunto del Fürher per la vittoria di Jesse Owens.
Leni Riefensthal, Olympia, 1936
Ma torniamo agli artisti in concorso e proviamo a tracciare un bilancio. Con due ori nella pittura a Parigi (1924) e ad Amsterdam (1928) il lussemburghese Jean Jacoby si aggiudica il record di artista olimpico di maggior successo di sempre, mentre il pittore britannico John Copley passa alla storia come il vincitore olimpico più anziano, con una medaglia d’argento conquistata a 73 anni (Londra 1948, Pittura mista, incisioni). Ma c’è anche chi ha raggiunto i vertici sia nell’arte che nello sport: lo scultore e tiratore a segno statunitense Walter W. Winans e il nuotatore e architetto ungherese Alfred Hajos. L’Italia si fa onore nel medagliere con il gioco di squadra. Con cinque ori, sette argenti e due bronzi è seconda solo alla Germania. Un piccolo grande saggio della creatività del Belpaese.
Farpi Vignoli, Il Guidatore di Sulky, 1936 | L'artista vinse la medaglia d'oro per questa scultura alle Olimpiadi del 1936 a Berlino
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