La fragilità del tempo, inevitabile speranza tra sogno e memoria.
Viaggio nel tempo con la famiglia Poirier
Lo sguardo verso il futuro: (da destra verso sinistra) Anne & Patrick Poirier, Annamaria Maggi della Galleria Fumagalli e i due curatori Lorand Hegyi e Angela Madesani. Foto PMJ for © 2017 ARTE.it
Piero Muscarà
22/09/2017
Milano - E poi ci sono gli incontri. Quelli involontari, casuali, che capitano anche a un flaneur smaliziato che per caso si trovasse in un qualche pomeriggio solitario a camminare per Milano dalle parti di Via Bonaventura Cavalieri. E' lì al numero 6, dietro un grande portone di uno di quei signorili palazzi meneghini che affollano il centro cittadino che si trova la Galleria Fumagalli, dove da venerdì 22 settembre e fino al 20 dicembre è ospitata la mostra DYSTOPIA del duo artistico francese Anne & Patrick Poirier.
Incontrare i Poirier è una piccola rivelazione. Coppia di vita e coppia di artisti. Diversi ma uguali, con uno sguardo, un modo di osservare che li accomuna. Occhi di un azzurro d'oltralpe che rivelano e introducono una ricerca artistica che non ha una sola forma di rappresentazione e che usa il materiale (la scultura, materia al nero) e l'immateriale (la fotografia, proiezione di luce) per raccontare una storia che si ricompone di mille e più frammenti e che solo in parte si intuisce perchè è il tempo in fondo, il tema che emerge sotterraneo da questa mostra.
Il titolo dell'esposizione è in vero un po' fuorviante. Si chiama Dystopia appunto - e viene dalle due torri che campeggiano in fondo alla sala principale dove si sviluppa la mostra, due opere (Dystopia I e II) realizzate del 2017. Sono torri che fanno un po' paura, visioni guerresche che mettono in scena una rappresentazione immaginaria di un futuro abortito, nero, opaco, incapace di riflettere la luce su cui invece si proietta nell'altra sala al contrario, una parete infinita a dominanza color ocra fatta di appunti di viaggio, un racconto immaginario alla ricerca di una città che non c'è: Ouranopolis (1995), ma potrebbe chiamarsi Utopia. E quindi in questo senso l'antinomia tra sogno e incubo, tra memoria e futuro, si specchia in un lavoro che usa una molteplicità di supporti per raccontare una sola, semplice storia.
Il tempo dicevamo. La memoria e l'oblio. Uno sguardo che osserva dall'alto l'universo fragile dell'esistere umano. Come la città in rovina dell'opera Hatra (2015/2016), che in questo caso prende la forma di un tappeto, anch'esso nero, dove si intuiscono i contorni di una civiltà perduta, la regione irachena della Jazira. Un lavoro che trova le proprie radici in una ricerca che i Poirier hanno portato avanti per anni intorno alle antiche città del passato e che abbiamo visto raccolte nella bella monografia pubblicata dall'editore francese Flammarion. Un libro che che offre una disamina completa della loro storia di "piccolo collettivo di artisti" e permette di intuire quel senso di continuità che prende le origini in opere anteriori come Roma Memoria Mundi (1988), Palmyre (1992) o Villes Mortes, Syrie (1992) e che qui a Milano ritroviamo evocate, ma non in mostra.
E poi c'è il dolore. Uno strappo violento che irrompe con le opere fotografiche. E quindi parliamo della luce. Quelle della serie di fotografie Archives (2013), cibachrome di grande formato, dove i due artisti impressionano la pellicola di giganteschi particolari, foglie, petali, vetri, bucce, foto strappate. Frammenti macroscopici, universi in miniatura che ancora parlano della vanità delle cose, della fragilità dell'esistere al mondo. Solo che qui il rosso è il colore dominante e non il nero. Come a rappresentare certo il dolore - un dolore privato, intimo, inenarrabile. Ma ugualmente a rappresentare la vita. Che continua in questa incessante, inevitabile ricerca di una speranza altra. Una memoria di un futuro che si ritrova nello sguardo di questi due viaggiatori, che osservano e non dimenticano per non essere dimenticati.
Incontrare i Poirier, dunque vale la pena. E in fondo non è nemmeno troppo difficile.
Questi artisti che dell'ubiquità pare abbiano fatto per 50 anni uno stile di vita sono in mostra in tre luoghi contemporaneamente, infatti. Qui a Milano abbiamo detto, alla Galleria Fumagalli per una mostra curata da Lorand Hegyi e Angela Madesani e visitabile dal martedì al sabato fino al 20 dicembre 2017. Ma specularmente anche a Parigi alla Gallerie Mitterand, che ospita una personale di Anne & Patrick Poirier fino al 31 ottobre 2017. Le due gallerie, quella italiana e quella francese, offrono la possibilità di avvicinarsi a questi due artisti ai collezionisti che desiderassero portare a casa qualcuno dei loro trofei del tempo che passa. Che sono anche belli, va detto, oltre che interessanti. E non è uno svantaggio per chi abbia da investire tra i 5.000 e i 50.000 €, questo il range, intorno a cui si muovono le quotazioni per queste opere in esposizione di Anne & Patrick Poirier - a partire dalle opere più piccole, naturalmente.
Ma mercato a parte, per chi volesse approfondire la conoscenza con questo duo che in Italia e a Roma in particolare ha vissuto a lungo a cavallo tra gli anni '60 e '70 (Villa Medici, ma non solo), vi è anche la possibilità di visitare fino al 29 ottobre 2017 una importante mostra, sempre a Parigi, ospitata dalla Maison Europèenne de la Photographie, oltre 200 le immagini selezionate, per ripercorrere una parte importante del viaggio di questi due amabili sognatori.
Incontrare i Poirier è una piccola rivelazione. Coppia di vita e coppia di artisti. Diversi ma uguali, con uno sguardo, un modo di osservare che li accomuna. Occhi di un azzurro d'oltralpe che rivelano e introducono una ricerca artistica che non ha una sola forma di rappresentazione e che usa il materiale (la scultura, materia al nero) e l'immateriale (la fotografia, proiezione di luce) per raccontare una storia che si ricompone di mille e più frammenti e che solo in parte si intuisce perchè è il tempo in fondo, il tema che emerge sotterraneo da questa mostra.
Il titolo dell'esposizione è in vero un po' fuorviante. Si chiama Dystopia appunto - e viene dalle due torri che campeggiano in fondo alla sala principale dove si sviluppa la mostra, due opere (Dystopia I e II) realizzate del 2017. Sono torri che fanno un po' paura, visioni guerresche che mettono in scena una rappresentazione immaginaria di un futuro abortito, nero, opaco, incapace di riflettere la luce su cui invece si proietta nell'altra sala al contrario, una parete infinita a dominanza color ocra fatta di appunti di viaggio, un racconto immaginario alla ricerca di una città che non c'è: Ouranopolis (1995), ma potrebbe chiamarsi Utopia. E quindi in questo senso l'antinomia tra sogno e incubo, tra memoria e futuro, si specchia in un lavoro che usa una molteplicità di supporti per raccontare una sola, semplice storia.
Il tempo dicevamo. La memoria e l'oblio. Uno sguardo che osserva dall'alto l'universo fragile dell'esistere umano. Come la città in rovina dell'opera Hatra (2015/2016), che in questo caso prende la forma di un tappeto, anch'esso nero, dove si intuiscono i contorni di una civiltà perduta, la regione irachena della Jazira. Un lavoro che trova le proprie radici in una ricerca che i Poirier hanno portato avanti per anni intorno alle antiche città del passato e che abbiamo visto raccolte nella bella monografia pubblicata dall'editore francese Flammarion. Un libro che che offre una disamina completa della loro storia di "piccolo collettivo di artisti" e permette di intuire quel senso di continuità che prende le origini in opere anteriori come Roma Memoria Mundi (1988), Palmyre (1992) o Villes Mortes, Syrie (1992) e che qui a Milano ritroviamo evocate, ma non in mostra.
E poi c'è il dolore. Uno strappo violento che irrompe con le opere fotografiche. E quindi parliamo della luce. Quelle della serie di fotografie Archives (2013), cibachrome di grande formato, dove i due artisti impressionano la pellicola di giganteschi particolari, foglie, petali, vetri, bucce, foto strappate. Frammenti macroscopici, universi in miniatura che ancora parlano della vanità delle cose, della fragilità dell'esistere al mondo. Solo che qui il rosso è il colore dominante e non il nero. Come a rappresentare certo il dolore - un dolore privato, intimo, inenarrabile. Ma ugualmente a rappresentare la vita. Che continua in questa incessante, inevitabile ricerca di una speranza altra. Una memoria di un futuro che si ritrova nello sguardo di questi due viaggiatori, che osservano e non dimenticano per non essere dimenticati.
Incontrare i Poirier, dunque vale la pena. E in fondo non è nemmeno troppo difficile.
Questi artisti che dell'ubiquità pare abbiano fatto per 50 anni uno stile di vita sono in mostra in tre luoghi contemporaneamente, infatti. Qui a Milano abbiamo detto, alla Galleria Fumagalli per una mostra curata da Lorand Hegyi e Angela Madesani e visitabile dal martedì al sabato fino al 20 dicembre 2017. Ma specularmente anche a Parigi alla Gallerie Mitterand, che ospita una personale di Anne & Patrick Poirier fino al 31 ottobre 2017. Le due gallerie, quella italiana e quella francese, offrono la possibilità di avvicinarsi a questi due artisti ai collezionisti che desiderassero portare a casa qualcuno dei loro trofei del tempo che passa. Che sono anche belli, va detto, oltre che interessanti. E non è uno svantaggio per chi abbia da investire tra i 5.000 e i 50.000 €, questo il range, intorno a cui si muovono le quotazioni per queste opere in esposizione di Anne & Patrick Poirier - a partire dalle opere più piccole, naturalmente.
Ma mercato a parte, per chi volesse approfondire la conoscenza con questo duo che in Italia e a Roma in particolare ha vissuto a lungo a cavallo tra gli anni '60 e '70 (Villa Medici, ma non solo), vi è anche la possibilità di visitare fino al 29 ottobre 2017 una importante mostra, sempre a Parigi, ospitata dalla Maison Europèenne de la Photographie, oltre 200 le immagini selezionate, per ripercorrere una parte importante del viaggio di questi due amabili sognatori.
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