Fino al 1 luglio alla Galleria Gruppo Credito Valtellinese
Tutta la carriera di Elia Festa, fotografo e milanese doc
Elia Festa, Printemps, 2016
Eleonora Zamparutti
17/05/2017
Milano - “Ho cominciato a lavorare a 14 anni. A quel tempo frequentavo l’Istituto Europeo dove insegnavano Ugo Mulas, che presto però è mancato, Aldo Ballo e altri” afferma Elia Festa, il fotografo milanese formatosi nella Milano degli anni Settanta e avviato a una brillante carriera nel campo della pubblicità durante gli anni del boom, quando imperversava la Milano da bere.
Oggi la Galleria Gruppo Credito Valtellinese – Refettorio delle Stelline dedica a Festa la grande personale “Nato Soprattutto a Milano” fino al 1 luglio in corso Magenta, frutto di una meticolosa raccolta e selezione di immagini dai primi scatti scolastici agli ultimi lavori che testimoniano la brusca virata verso l’arte astratta.
Un percorso, a cura di Fortunato D'Amico, che narra la storia di un uomo, di un’epoca, ma anche della città che lo ha visto nascere. Erano tempi diversi quelli in cui Elia Festa si è formato: di giorno a scuola e poi ore e ore nella camera obscura dello studio Daylight che apparteneva allo zio fotografo.
Degli esordi ci sono alcuni scatti di esercizio che al di là della tecnica di esecuzione, ci riportano nella Milano dei tram con bigliettaio a bordo e del profumo del pane con le michette pronte a essere infornate. Poi sono arrivati gli anni dell’apprendistato all’agenzia Young&Rubicam dove Elia Festa, collaborava con vari art director eseguendo le mansioni più semplici.
Un bel giorno gli chiesero di fare le foto del backstage durante le riprese della pubblicità del Dash. Ma due anni dopo quel ragazzo di bottega era già indipendente, freelance, lavorava direttamente con le aziende.
Insomma un inizio che è stato a tutti gli effetti gavetta e tanta esperienza sul campo, con la voglia di capire bene a fondo come funzionassero le tecniche di stampa e di riproduzione che sono state la base della fotografia per oltre 150 anni. Non a caso l’allestimento nella prima sala del percorso ricrea la camera obscura, da dove ha avuto inizio la carriera di Elia Festa.
Del decennio anni Ottanta ci sono le belle immagini come “Il Gran Ballo” uno scatto fatto in piazza Duomo per testare il primo apparecchio Canon eos, che immortala decine di piccioni in volo, i ritratti di Mario Giacomelli, di Mimmo Rotella, di Ibrahim Kodra, e poi la gente più o meno nota dei quartieri milanesi come “Scossa”, il principe delle periferie, e la “Rita” di Brera, una gran donna che gli uomini li conosceva bene.
Poi arrivano gli anni Novanta ed Elia Festa inizia a collaborare con la Galleria Photology di Milano. Una bella sezione della mostra è dedicata proprio a quel periodo, alle persone che frequentavano quel micro mondo che era diventato il fulcro della fotografia internazionale. Tra il 1989 e il 1998 Elia Festa esegue numerosi lavori col negativo, abbracciando una strada che va verso l’astratto. Si tratta di esperimenti in cui viene evocato Man Ray.
I tempi corrono e arrivano gli apparecchi digitali. Elia Festa decide di abbracciare i nuovi mezzi solo nel 2003 per realizzare una pubblicità. “Il digitale non è più fotografia” afferma il fotografo “ma immagine pura”. Da qui il passo all’arte visiva è breve. Un’ampia area della mostra è dedicata alle grandi opere e sculture astratte nelle quali l’utilizzo del bianco e neo esalta la precisione dei tagli e delle inquadrature. E infine la sezione più moderna con lavori di grandi dimensioni dove si alterna il colore dal forte impatto emotivo al bianco e nero.
Un’esposizione ricca di documenti e lavori che è un viaggio nella fotografia e nella sua possibile evoluzione.
Oggi la Galleria Gruppo Credito Valtellinese – Refettorio delle Stelline dedica a Festa la grande personale “Nato Soprattutto a Milano” fino al 1 luglio in corso Magenta, frutto di una meticolosa raccolta e selezione di immagini dai primi scatti scolastici agli ultimi lavori che testimoniano la brusca virata verso l’arte astratta.
Un percorso, a cura di Fortunato D'Amico, che narra la storia di un uomo, di un’epoca, ma anche della città che lo ha visto nascere. Erano tempi diversi quelli in cui Elia Festa si è formato: di giorno a scuola e poi ore e ore nella camera obscura dello studio Daylight che apparteneva allo zio fotografo.
Degli esordi ci sono alcuni scatti di esercizio che al di là della tecnica di esecuzione, ci riportano nella Milano dei tram con bigliettaio a bordo e del profumo del pane con le michette pronte a essere infornate. Poi sono arrivati gli anni dell’apprendistato all’agenzia Young&Rubicam dove Elia Festa, collaborava con vari art director eseguendo le mansioni più semplici.
Un bel giorno gli chiesero di fare le foto del backstage durante le riprese della pubblicità del Dash. Ma due anni dopo quel ragazzo di bottega era già indipendente, freelance, lavorava direttamente con le aziende.
Insomma un inizio che è stato a tutti gli effetti gavetta e tanta esperienza sul campo, con la voglia di capire bene a fondo come funzionassero le tecniche di stampa e di riproduzione che sono state la base della fotografia per oltre 150 anni. Non a caso l’allestimento nella prima sala del percorso ricrea la camera obscura, da dove ha avuto inizio la carriera di Elia Festa.
Del decennio anni Ottanta ci sono le belle immagini come “Il Gran Ballo” uno scatto fatto in piazza Duomo per testare il primo apparecchio Canon eos, che immortala decine di piccioni in volo, i ritratti di Mario Giacomelli, di Mimmo Rotella, di Ibrahim Kodra, e poi la gente più o meno nota dei quartieri milanesi come “Scossa”, il principe delle periferie, e la “Rita” di Brera, una gran donna che gli uomini li conosceva bene.
Poi arrivano gli anni Novanta ed Elia Festa inizia a collaborare con la Galleria Photology di Milano. Una bella sezione della mostra è dedicata proprio a quel periodo, alle persone che frequentavano quel micro mondo che era diventato il fulcro della fotografia internazionale. Tra il 1989 e il 1998 Elia Festa esegue numerosi lavori col negativo, abbracciando una strada che va verso l’astratto. Si tratta di esperimenti in cui viene evocato Man Ray.
I tempi corrono e arrivano gli apparecchi digitali. Elia Festa decide di abbracciare i nuovi mezzi solo nel 2003 per realizzare una pubblicità. “Il digitale non è più fotografia” afferma il fotografo “ma immagine pura”. Da qui il passo all’arte visiva è breve. Un’ampia area della mostra è dedicata alle grandi opere e sculture astratte nelle quali l’utilizzo del bianco e neo esalta la precisione dei tagli e delle inquadrature. E infine la sezione più moderna con lavori di grandi dimensioni dove si alterna il colore dal forte impatto emotivo al bianco e nero.
Un’esposizione ricca di documenti e lavori che è un viaggio nella fotografia e nella sua possibile evoluzione.
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