Fino al 27 maggio a Palazzo Te
Scatti d’avanguardia: Rodchenko in mostra a Mantova
Collection of the Multimedia Art Museum, Moscow © A. Rodchenko – V. Stepanova Archive/ Multimedia Art Museum, Moscow |
Alexander Rodchenko, SCALA ANTINCENDIO (con un uomo), Dalla serie Casa in via Miasnitskaya, 1925
Francesca Grego
03/04/2018
Mantova - L’energia creativa di Alexander Rodchenko va in scena a Palazzo Te. “Il nostro dovere è sperimentare”, decise il grande maestro russo quando, nel 1924, scelse la fotografia come principale mezzo d’espressione, dopo aver praticato pittura e grafica, essersi avvicinato alla poesia, al teatro, al cinema e al design. E mantenne la promessa, senza tirarsi indietro nemmeno quando il regime staliniano dichiarò che la festa delle avanguardie era definitivamente terminata.
In uno spaesante cortocircuito temporale, le Fruttiere della Villa di Giulio Romano sono invase da circa 150 scatti da negativi originali degli anni Venti e Trenta, scelti da Olga Sviblova, curatrice della mostra e direttrice del Multimedia Art Museum di Mosca, dal quale provengono le opere esposte.
Un condensato delle pratiche e delle teorie rivoluzionarie di un artista d’eccezione: dal fotomontaggio al pensiero concettuale, dal costruttivismo alla composizione diagonale, alla prospettiva scorciata, ai dettagli ingranditi e agli insoliti punti di ripresa che passarono alla storia come “Metodo Rodchenko”, in cui è impossibile non riconoscere l’impronta lasciata nei linguaggi visivi contemporanei. Immagini scaturite da intuizioni ancora attuali, che quando furono realizzate dovettero apparire piuttosto insolite: da un’idea della fotografia come riflesso della realtà, Rodchenko passò a rappresentare costruzioni intellettuali dinamiche capaci di cogliere in modo inusitato le sensazioni degli uomini del suo tempo.
“Se si desidera insegnare all’occhio umano a vedere in una nuova maniera”, scriveva il maestro nel 1928, “è necessario mostrargli gli oggetti quotidiani e familiari da angolazioni totalmente inaspettate”: balconi, scale, muri, finestre diventano protagonisti di composizioni audaci ed efficacissime, mentre si esaltano la vitalità della città, la bellezza della tecnologia e dell’architettura moderna, il teatro, lo sport.
Nel percorso espositivo, introdotto dall’Autoritratto caricaturale del 1922, spiccano scatti iconici come La scalinata e Ragazza con una Leica, ma anche immagini di un paese in piena trasformazione e della sua capitale, tra centrali elettriche e fabbriche riprese con un’inventiva che sorprende, edifici simbolo di un’epoca e suggestive acrobazie circensi.
Si sente l’eco di Dziga Vertov ed Ejzenstein, ma anche di artisti occidentali come i dadaisti, partire da Man Ray, o come Moholy Nagy, e non viene nemmeno trascurata la vena romantica di un uomo forte e prestante, nata dietro le quinte del teatro in cui suo padre lavorava come scenografo, venuta a galla nelle lettere immaginarie scritte alla fidanzata Varvara Stepanova e poi confluita nell’utopia di una rigenerazione dell’umanità.
Tutto questo Rodchenko lo rivela in una nutrita rassegna di articoli e diari, unico corpus scritto rimasto a raccontare dall’interno l’avventura della fotografia russa della prima metà del XX secolo: documento prezioso della ricerca di un fotografo pensatore, testimone di un cataclisma storico che produsse in lui un conflitto drammatico tra la coscienza di cambiamenti irreversibili (lo stalinismo) e un’irriducibile pulsione a creare. “L’arte è al servizio della gente, ma la gente viene portata chissà dove. Voglio portare la gente all’arte, non usare l’arte per portarla in qualche luogo. Sono nato troppo presto o troppo tardi?”, scriveva nel 1943.
Alexander Rodchenko. Revolution in photography, a Palazzo Te fino al 27 maggio, è prodotta e organizzata dal Ministero della Cultura della Federazione Russa, dal Comune di Mantova, dal Centro Internazionale d’Arte e cultura di Palazzo Te, dal Museo Civico di Palazzo Te e dal Multimedia Art Museum di Mosca, con la collaborazione dell’Istituto Italiano di Cultura a Mosca, in sinergia con il festival “Stagioni Russe”, che quest’anno porta in Italia oltre 250 eventi distribuiti in tutta la Penisola.
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In uno spaesante cortocircuito temporale, le Fruttiere della Villa di Giulio Romano sono invase da circa 150 scatti da negativi originali degli anni Venti e Trenta, scelti da Olga Sviblova, curatrice della mostra e direttrice del Multimedia Art Museum di Mosca, dal quale provengono le opere esposte.
Un condensato delle pratiche e delle teorie rivoluzionarie di un artista d’eccezione: dal fotomontaggio al pensiero concettuale, dal costruttivismo alla composizione diagonale, alla prospettiva scorciata, ai dettagli ingranditi e agli insoliti punti di ripresa che passarono alla storia come “Metodo Rodchenko”, in cui è impossibile non riconoscere l’impronta lasciata nei linguaggi visivi contemporanei. Immagini scaturite da intuizioni ancora attuali, che quando furono realizzate dovettero apparire piuttosto insolite: da un’idea della fotografia come riflesso della realtà, Rodchenko passò a rappresentare costruzioni intellettuali dinamiche capaci di cogliere in modo inusitato le sensazioni degli uomini del suo tempo.
“Se si desidera insegnare all’occhio umano a vedere in una nuova maniera”, scriveva il maestro nel 1928, “è necessario mostrargli gli oggetti quotidiani e familiari da angolazioni totalmente inaspettate”: balconi, scale, muri, finestre diventano protagonisti di composizioni audaci ed efficacissime, mentre si esaltano la vitalità della città, la bellezza della tecnologia e dell’architettura moderna, il teatro, lo sport.
Nel percorso espositivo, introdotto dall’Autoritratto caricaturale del 1922, spiccano scatti iconici come La scalinata e Ragazza con una Leica, ma anche immagini di un paese in piena trasformazione e della sua capitale, tra centrali elettriche e fabbriche riprese con un’inventiva che sorprende, edifici simbolo di un’epoca e suggestive acrobazie circensi.
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Tutto questo Rodchenko lo rivela in una nutrita rassegna di articoli e diari, unico corpus scritto rimasto a raccontare dall’interno l’avventura della fotografia russa della prima metà del XX secolo: documento prezioso della ricerca di un fotografo pensatore, testimone di un cataclisma storico che produsse in lui un conflitto drammatico tra la coscienza di cambiamenti irreversibili (lo stalinismo) e un’irriducibile pulsione a creare. “L’arte è al servizio della gente, ma la gente viene portata chissà dove. Voglio portare la gente all’arte, non usare l’arte per portarla in qualche luogo. Sono nato troppo presto o troppo tardi?”, scriveva nel 1943.
Alexander Rodchenko. Revolution in photography, a Palazzo Te fino al 27 maggio, è prodotta e organizzata dal Ministero della Cultura della Federazione Russa, dal Comune di Mantova, dal Centro Internazionale d’Arte e cultura di Palazzo Te, dal Museo Civico di Palazzo Te e dal Multimedia Art Museum di Mosca, con la collaborazione dell’Istituto Italiano di Cultura a Mosca, in sinergia con il festival “Stagioni Russe”, che quest’anno porta in Italia oltre 250 eventi distribuiti in tutta la Penisola.
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