Dal 26 settembre al 16 febbraio a Palazzo Pallavicini
Vita, arte, rivoluzione. Tina Modotti in cento scatti in arrivo a Bologna

Tina Modotti, Le donne di Tehuantepec, 1929
Samantha De Martin
05/06/2024
Fotografare sinceramente, direttamente, senza trucchi. Era questo secondo Tina Modotti il contributo che lei stessa, una delle più grandi professioniste dell’obiettivo dell'inizio del XX secolo, avrebbe potuto apportare per rendere il mondo migliore.
Alla fotografa di Udine, esponente di spicco dell'attivismo politico della prima metà del Novecento, Palazzo Pallavicini, a Bologna, dedica una mostra in programma dal 26 settembre al 16 febbraio.
Organizzata da Chiara Campagnoli, Deborah Petroni e Rubens Fogacci della Pallavicini s.r.l., assieme al Comitato Tina Modotti, l'esposizione, curata da Francesca Bogliolo, ripercorrerà attraverso una selezione di un centinaio di opere e di preziosi documenti la vicenda umana di una donna coraggiosa e anticonformista che si è fatta interprete del sentimento del proprio tempo, elaborando una poetica della verità.
In dialogo continuo con artisti e intellettuali durante l'evolversi dei suoi periodi espressivi, Modotti ha sviluppato un linguaggio fotografico dal tono intimistico, capace di indagare le contraddizioni della realtà per penetrarne la lirica segreta. La totalità degli scatti esposti in mostra svelerà un nuovo modo di osservare la realtà con i suoi istanti fugaci.
Gli scatti di Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti sveleranno al pubblico un nuovo modo di osservare la realtà, invitando gli ospiti di Palazzo Pallavicini al dialogo con la concezione del tempo di Modotti, talvolta immobile, talvolta fugace e inafferrabile.
Tina Modotti, Donna con bandiera, Messico, 1928 ca.
Dalle sei sezioni del percorso - che avrà l’obiettivo di mostrare le infinite sfaccettature di una fotografa abile nel tralasciare l'estetica per dedicarsi all'etica, sviluppando un personale codice visivo - il pubblico conoscerà una Tina felice e libera, come si definisce lei stessa quando si rivolge al grande fotografo Edward Weston nell'aprile del 1925.
Sarà proprio il continuo dialogo con le fotografie di Weston, riverbero di un fitto scambio epistolare intercorso tra i due artisti, a raccontare l'ossessione di Tina per la qualità fotografica e la sua volontà di registrare con obiettività la vita in tutti i suoi aspetti. Lo stesso fotografo e suo mentore Ed Weston, gli artisti Diego Rivera e Frida Kahlo, l'attrice Dolores del Rio, il giornalista rivoluzionario Julio Antonio Mella, il politico Vittorio Vidali sono alcuni dei protagonisti di scatti biografici, intrisi di potenza narrativa. La fotografa che ha utilizzato il mezzo fotografico come estensione del proprio occhio, strumento di indagine e denuncia sociale, ci restituisce anche i visi e le mani del popolo messicano, al centro di un'intera sezione, testimoni di una volontà di cambiamento e di una necessaria presa di coscienza, che nella sua visione assurgono a icone di possibilità di riscatto sociale.

Tina Modotti, San Francisco, 1919 ca.
Vita, arte e rivoluzione sono le parole chiave che guidano gli scatti simbolo della lotta di classe, dove trovano voce i lavoratori, le donne del popolo. Ci sono le intense istantanee delle donne di Tehuantepec che raccontano la volontà di Tina di ricercare in una società antica una nuova verità, e ci sono gli sguardi dei bambini che sembrano penetrare l'obiettivo nel tentativo di carpire l'anima di chi scatta. Una selezione di ritratti di Tina, tra i quali quelli realizzati da Edward Weston, da lei definiti immortali, chiuderà la mostra. Ai visitatori che li osservano sembrerà quasi di udire udirsi l'eco delle parole di Federico Marin, che descrisse la fotografa come “una bellezza misteriosa, priva di volgarità […], ma non allegra, bensì austera, terribilmente austera. Non malinconica, né tragica”. Ancora oggi una tra i più grandi interpreti della realtà della condizione umana, colta nelle sue infinite sfaccettature, esercita sul pubblico un fascino raro. La natura immersiva dei suoi scatti, scaturita da un'innata empatia verso i soggetti è ancora oggi in grado di trasmettere a chi guarda l'infinita varietà del mondo e, contemporaneamente, la sua universalità.
Alla fotografa di Udine, esponente di spicco dell'attivismo politico della prima metà del Novecento, Palazzo Pallavicini, a Bologna, dedica una mostra in programma dal 26 settembre al 16 febbraio.
Organizzata da Chiara Campagnoli, Deborah Petroni e Rubens Fogacci della Pallavicini s.r.l., assieme al Comitato Tina Modotti, l'esposizione, curata da Francesca Bogliolo, ripercorrerà attraverso una selezione di un centinaio di opere e di preziosi documenti la vicenda umana di una donna coraggiosa e anticonformista che si è fatta interprete del sentimento del proprio tempo, elaborando una poetica della verità.
In dialogo continuo con artisti e intellettuali durante l'evolversi dei suoi periodi espressivi, Modotti ha sviluppato un linguaggio fotografico dal tono intimistico, capace di indagare le contraddizioni della realtà per penetrarne la lirica segreta. La totalità degli scatti esposti in mostra svelerà un nuovo modo di osservare la realtà con i suoi istanti fugaci.
Gli scatti di Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti sveleranno al pubblico un nuovo modo di osservare la realtà, invitando gli ospiti di Palazzo Pallavicini al dialogo con la concezione del tempo di Modotti, talvolta immobile, talvolta fugace e inafferrabile.

Tina Modotti, Donna con bandiera, Messico, 1928 ca.
Dalle sei sezioni del percorso - che avrà l’obiettivo di mostrare le infinite sfaccettature di una fotografa abile nel tralasciare l'estetica per dedicarsi all'etica, sviluppando un personale codice visivo - il pubblico conoscerà una Tina felice e libera, come si definisce lei stessa quando si rivolge al grande fotografo Edward Weston nell'aprile del 1925.
Sarà proprio il continuo dialogo con le fotografie di Weston, riverbero di un fitto scambio epistolare intercorso tra i due artisti, a raccontare l'ossessione di Tina per la qualità fotografica e la sua volontà di registrare con obiettività la vita in tutti i suoi aspetti. Lo stesso fotografo e suo mentore Ed Weston, gli artisti Diego Rivera e Frida Kahlo, l'attrice Dolores del Rio, il giornalista rivoluzionario Julio Antonio Mella, il politico Vittorio Vidali sono alcuni dei protagonisti di scatti biografici, intrisi di potenza narrativa. La fotografa che ha utilizzato il mezzo fotografico come estensione del proprio occhio, strumento di indagine e denuncia sociale, ci restituisce anche i visi e le mani del popolo messicano, al centro di un'intera sezione, testimoni di una volontà di cambiamento e di una necessaria presa di coscienza, che nella sua visione assurgono a icone di possibilità di riscatto sociale.

Tina Modotti, San Francisco, 1919 ca.
Vita, arte e rivoluzione sono le parole chiave che guidano gli scatti simbolo della lotta di classe, dove trovano voce i lavoratori, le donne del popolo. Ci sono le intense istantanee delle donne di Tehuantepec che raccontano la volontà di Tina di ricercare in una società antica una nuova verità, e ci sono gli sguardi dei bambini che sembrano penetrare l'obiettivo nel tentativo di carpire l'anima di chi scatta. Una selezione di ritratti di Tina, tra i quali quelli realizzati da Edward Weston, da lei definiti immortali, chiuderà la mostra. Ai visitatori che li osservano sembrerà quasi di udire udirsi l'eco delle parole di Federico Marin, che descrisse la fotografa come “una bellezza misteriosa, priva di volgarità […], ma non allegra, bensì austera, terribilmente austera. Non malinconica, né tragica”. Ancora oggi una tra i più grandi interpreti della realtà della condizione umana, colta nelle sue infinite sfaccettature, esercita sul pubblico un fascino raro. La natura immersiva dei suoi scatti, scaturita da un'innata empatia verso i soggetti è ancora oggi in grado di trasmettere a chi guarda l'infinita varietà del mondo e, contemporaneamente, la sua universalità.
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