Uneternal City
![](http://www.arte.it/foto/600x450/61/6808-1884932_archibiennale101.jpg)
Uneternal City.
21/07/2008
Uneternal City è una particolare sezione dedicata alla città di Roma. A trent’anni da Roma interrotta, Aaron Betsky ha chiesto a dodici studi di progettazione italiani ed internazionali di immaginare nuovamente la città di Roma.
La mostra intende dunque verificare nuovi strumenti per la trasformazione della città contemporanea; alla ricerca di una urbanistica differente che non parta da una astratta pianificazione a tavolino; ma sia in grado di crescere e si svilupparsi come un virus benevole, deformando ciò che già esiste, in modo imprevedibile; una urbanistica capace di nutrirsi della vita e della energia presente nella stessa urbanità.
I progetti interrogheranno la realtà della città di Roma; non saranno necessariamente progetti reali. Lavoreranno prevalentemente in aree periferiche, nello spazio territoriale dai contorni non ben definiti tra città e paesaggio; lontano dal centro storico, cosiddetto eterno. Territori senza forma, terre di mezzo: luoghi dove quartieri abusivi si alternano a vuoti urbani; residui di paesaggio naturale interrompono densi tessuti fisici e umani: lì dove le relazioni sociali e spaziali sono insolite, indefinibili o semplicemente difficili da inquadrare.
I progetti coglieranno il carattere confuso e vitale di queste aree non per negarlo, ma per cercare di renderlo esplicito e consapevole. In questo senso Uneternal City si pone in alterità rispetto al suo antecedente storico: se i progetti redatti nel 1978 in occasione della mostra Roma interrotta si concentravano sul problema del disegno della città storica proponendo visioni urbane utopiche ed elitarie a partire dalla forma della città settecentesca, Uneternal City, partendo dagli stessi presupposti, propone una interpretazione affatto diversa; non più legata alla fissità della città costruita, ma profondamente interessata alla trasformazione della città contemporanea e al suo rapporto con la storia e la memoria.
All’interno di questo scenario ogni studio di progettazione ha scelto un’area o un tema da affrontare; nessun progetto propone visioni globali o totalizzanti, piuttosto operazioni progettuali contagiose e dilaganti, che percorrano strade non ancora battute, che sfruttino e rappresentino nuovi spazi e tessuti urbani. L’immagine che vuole emergere è quella di una Roma del futuro, dove gli architetti aprono nuovi punti di osservazione sul paesaggio, modificando la realtà con la propria idea e la propria visione, spesso critica, a volte incantata.
La mostra intende dunque verificare nuovi strumenti per la trasformazione della città contemporanea; alla ricerca di una urbanistica differente che non parta da una astratta pianificazione a tavolino; ma sia in grado di crescere e si svilupparsi come un virus benevole, deformando ciò che già esiste, in modo imprevedibile; una urbanistica capace di nutrirsi della vita e della energia presente nella stessa urbanità.
I progetti interrogheranno la realtà della città di Roma; non saranno necessariamente progetti reali. Lavoreranno prevalentemente in aree periferiche, nello spazio territoriale dai contorni non ben definiti tra città e paesaggio; lontano dal centro storico, cosiddetto eterno. Territori senza forma, terre di mezzo: luoghi dove quartieri abusivi si alternano a vuoti urbani; residui di paesaggio naturale interrompono densi tessuti fisici e umani: lì dove le relazioni sociali e spaziali sono insolite, indefinibili o semplicemente difficili da inquadrare.
I progetti coglieranno il carattere confuso e vitale di queste aree non per negarlo, ma per cercare di renderlo esplicito e consapevole. In questo senso Uneternal City si pone in alterità rispetto al suo antecedente storico: se i progetti redatti nel 1978 in occasione della mostra Roma interrotta si concentravano sul problema del disegno della città storica proponendo visioni urbane utopiche ed elitarie a partire dalla forma della città settecentesca, Uneternal City, partendo dagli stessi presupposti, propone una interpretazione affatto diversa; non più legata alla fissità della città costruita, ma profondamente interessata alla trasformazione della città contemporanea e al suo rapporto con la storia e la memoria.
All’interno di questo scenario ogni studio di progettazione ha scelto un’area o un tema da affrontare; nessun progetto propone visioni globali o totalizzanti, piuttosto operazioni progettuali contagiose e dilaganti, che percorrano strade non ancora battute, che sfruttino e rappresentino nuovi spazi e tessuti urbani. L’immagine che vuole emergere è quella di una Roma del futuro, dove gli architetti aprono nuovi punti di osservazione sul paesaggio, modificando la realtà con la propria idea e la propria visione, spesso critica, a volte incantata.
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