La fontana di Perugia
La Fontana Maggiore di Perugia
03/06/2002
13 febbraio 1278. La città di Perugia è riunita nella Piazza Grande, il fulcro attorno al quale ruota la vita del borgo umbro, dove affacciavano il duomo, il vescovado, il palazzo dei Consoli, quello del Podestà e quello del Capitano del Popolo. L'occasione è da non perdere: si celebrano la conclusione dei lavori dell'acquedotto che porta l'acqua in città e della fontana, splendida, che ne mostra le acque.
Il popolo perugino, da decenni, era costretto a pagare un onere molto alto per potersi assicurare il fabbisogno di acqua. La morfologia di Perugia, città appollaiata su un doppio colle, favoriva la difesa militare ma rappresentava un ostacolo per l'approvvigionamento idrico. Come fare arrivare nell'abitato le acque sorgive scoperte nel vicino Monte Paciano?
Fra Plenerio, Bonomo di Filippo da Orte, Fra Leonardo da Spoleto, frate Alberico francescano, maestro Guido di Città di Castello, maestro Coppo di Firenze, don Ristoro di Santa Giuliana e maestro idraulico Boninsegna veneziano si erano succeduti alla guida dell'impresa fino all'arrivo, nel 1277, di Frate Bevignate dell'ordine dei Silvestrini.
Uomo capace, energico e risoluto, che le cronache vogliono morto ultracentenario, Bevignate riuscì a portare a compimento, in pochi mesi, i lavori dell'acquedotto e della fontana. Il successo fu tale da garantire al frate silvestrino la cittadinanza di Perugia e la guida di tutte le imprese che si compiranno in città nei decenni immediatamente successivi.
Che fosse ingegnere, architetto o scultore o queste tre cose insieme non è chiaro, ne è chiaro se debba essere ricondotto a lui o ai due più famosi scultori, Nicola e Giovanni Pisano, il progetto d'insieme della fontana. Resta anche da chiarire, ma la questione probabilmente non avrà mai soluzione definitiva, a chi debbano essere ascritte le singole opere d'arte che ancora fanno mostra di sé sulle vasche della fontana: l'esecuzione dell'intera opera fu talmente rapida che dovette parteciparvi una nutrita bottega.
Eppure, nonostante i tempi ridotti, nelle due vasche poligonali di dimensioni differenti, e nella conca pensile in bronzo che sta loro al di sopra, si compie un passaggio epocale della cultura figurativa. La struttura della fontana, di cui non mancano citazioni più o meno semplificate in altre cittadine del centro Italia, gli 85 volti umani e i 61 animali su di essa scolpiti sono espressione di un vocabolario nuovo, in parte nato oltralpe e poi disceso nella penisola, in grado di tradurre la nascente sensibilità protoumanistica. Nelle formelle e nelle statuine di Perugia, ancora prima che nel pennello di Giotto, appare la terza dimensione, la conquista dello spazio. Nei bassorilievi della vasca inferiore i piani arretrano, dando corpo e solidità alle figure, mentre i santi e le figure allegoriche della vasca superiore, dietro i panneggi, sembrano spinte dal soffio della vita. È il segno evidente della presenza di Nicola Pisano e di suo figlio Giovanni, due giganti della scultura italiana duecentesca che, in proporzioni diverse, hanno legato la lezione dell'antico con i dettami dello stile gotico.
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