L’ATELIER DI SCHIFANO
Schifano
07/12/2001
Tutti coloro che intervengono alla conferenza di presentazione della mostra, non possono fare a meno di parlare del loro primo ingresso nell’atelier di Mario Schifano. E’ così per le curatrici Monica De Bei Schifano, moglie dell’artista, e Barbara Tosi, per Alberto Boatto, per Enrico Ghezzi.
Il luogo, nei pressi di via delle Mantellate, a Roma, doveva presentarsi come qualcosa di veramente unico, letteralmente dominato dai colori, di cui le vesti di Schifano erano spesso intrise, ma, se questo è carattere comune a molti atelier di pittori, diverso è il caso degli schermi televisivi. Si può parlare di una sorta di ossessione televisiva che portò Mario Schifano a disseminare il suo atelier di schermi tenuti accesi su canali diversi ma con l’audio spento, in modo che l’ambiente fosse continuamente invaso da un flusso di immagini. Non a caso Ghezzi anni fa gli “ha commissionato” un intervento per la sigla della maratona televisiva, intitolata appunto “Magnifica ossessione”.
Alberto Boatto, nel parlare del gran numero di televisori presenti nell’atelier dell’artista, fa riferimento ad un’ideale ricerca dell’Aleph, punto dell’universo in cui tutto si condensa, “un punto dello spazio che contiene tutti i punti”, “il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli” (J.L. Borges). Evidente, però, il sentimento di insoddisfazione conseguente a questo affannoso tentativo totalizzante, eliminabile dal momento in cui l’inabbracciabilità del tutto resta una chimera.
Boatto non stenta a paragonare l’esperienza di Schifano chiuso nel suo atelier con la clausura monastica medievale. Per circa dieci anni l’artista è rimasto in questo ambiente, rispettando anche il silentium della clausura. Interessante un’ultima notazione con cui Alberto Boatto chiude il suo intervento differenziando l’approccio di Schifano verso il mondo con quello dei suoi predecessori: questi ultimi facevano parte dell’ultima generazione di avventurieri, che andavano incontro al mondo per conoscerlo; con Schifano è il mondo che arriva a casa, estrema sintesi di quello che la televisione rappresentava per l’artista.
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