I capolavori in mostra a Genova
Viaggio in Italia
27/04/2001
Difficile orientarsi in un’esposizione che abbraccia quattro secoli di storia e che raccoglie capolavori di diverse arti nello stesso luogo, ma proprio grazie a questa combinazione di fattori il visitatore resta ancora più colpito. Nel piccolo microcosmo costituito dalle sale di Palazzo Ducale, si può riscontrare quello che i numerosi viaggiatori, menzionati nel percorso espositivo, dovevano avvertire quando giungevano in Italia per la prima volta o che i contemporanei dovevano provare di fronte alle opere appena realizzate dagli artisti.
Come non pensare con quali occhi siano stati guardati il “Ritratto del cardinal Pietro Bembo” e il “Ritratto di Baldassarre Castiglione” di Tiziano Vecellio (oggi visibili in mostra) dagli stessi effigiati, degni rappresentanti del clima culturale respirato nelle signorie italiane, così come i loro capolavori letterari, quelle “Prose della volgar lingua” e “Il Cortegiano”, fondamentali nella storia della lingua italiana e per la descrizione del modus vivendi del perfetto uomo di corte.
La realtà cinquecentesca si fa ancora più chiara quando nella stessa sezione espositiva, al fianco dei dipinti già citati, troviamo manoscritti di Machiavelli (“L’arte della guerra”) e di Guicciardini (“Storia d’Italia”). Attira l’attenzione anche un capolavoro del Manierismo: il “Ritratto di giovane” di Pontormo, identificato con quello citato dal Vasari di Amerigo Antinori, esponente della fazione antimedicea e amico di Pontormo, realizzato nel 1531, poco prima del ritorno dei Medici con conseguente esilio dell’Antinori.
Ci si imbatte, quindi, in importanti personaggi studiati sui libri di storia e incredibilmente presenti in gran numero tutti insieme. Sul finire del ‘500 Michel de Montaigne giunge in Italia e prima di approdare a Roma, alla corte di Gregorio XIII Boncompagni, soggiorna nella Firenze del Granduca Francesco I de’ Medici, il quale commissiona a Buontalenti, per la sua seconda moglie Bianca Cappello, lo splendido parco di Pratolino (distrutto agli inizi dell’Ottocento). A Palazzo Ducale si possono ammirare una lunetta di Giusto Utens rappresentante la villa di Pratolino ma soprattutto il ritratto di Bianca Cappello opera di Bronzino, massimo ritrattista della corte fiorentina.
Nelle successive sale ci si trova di fronte al celebre “Ragazzo morsicato dal ramarro” di Caravaggio e all’altrettanto famoso dipinto con “La macelleria” opera di Annibale Carracci: in un passo le nuove tendenze pittoriche a cavallo tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo che mettono fine al Manierismo precedente. Dello stesso periodo il manoscritto autografo di “La Gerusalemme liberata” di Torquato Tasso, altro caposaldo della letteratura italiana di sempre.
La pittura classica del ‘600 ci appare in tutto il suo splendore con le tele di Guido Reni rappresentanti il “San Sebastiano” e la “Maddalena”, o “La Sibilla” di Domenichino.
Il nostro excursus prosegue con una grande statua d’Apollo del II secolo d.C., testimone del grande interesse avuto per le antichità da Winckelmann, di cui si possono vedere alcune lettere autografe, al fianco della partitura originale dell’operetta di W.A. Mozart “Così fan tutte”.
L’età napoleonica è testimoniata dall’arrivo in Italia del grande pittore spagnolo Francisco Goya, di cui è esposto il dipinto con “Annibale che passa le Alpi”.
Altro grande ospite del Bel Paese tra il XVIII ed il XIX è il letterato tedesco Goethe, di cui possiamo ammirare da vicino una delle prime edizioni de “I dolori del giovane Werther” ma anche il manoscritto autografo della “Quinta elegia romana”. La pittura di quest’epoca è quella di Angelica Kaufmann (“Ganimede e l’aquila”) e di Sir Joshua Reynolds (“Ritratto di Sir William Hamilton”), tra i massimi esponenti degli inglesi che parteciparono al grand tour.
Non può mancare un accenno ad Antonio Canova con “La Citadera”, “La danzatrice con le mani sui fianchi” e il bozzetto in terracotta di “Le tre Grazie”.
E’ l’Italia raccontata da Chateubriand, ma soprattutto da Stendhal.
Seguono le esperienze liguri di Shelley, Byron, Dickens e Flaubert, tutti amanti di Genova.
Gli inglesi Henry James e Robert Browning restano impressionati dalla pittura rinascimentale a Firenze di cui fanno parte gli stupendi “Madonna col Bambino e San Giovannino” della scuola di Botticelli, e il “Tobiolo e l’Angelo” di Andrea del Sarto. Lo stesso avverrà per Marcel Proust a Venezia. Della grande arte della città lagunare è presente la “Visitazione” di Vittorre Carpaccio.
Una particolare menzione meritano i numerosi dipinti di vedute italiane esposti: si va dalla cinquecentesca “Festa in Piazza Santa Croce a Firenze”, non propriamente una veduta paesistica ma ancora una ricostruzione cronachistica di un avvenimento cittadino, per passare al quadro di Bellotto raffigurante “L’antico ponte sul Po visto da Nord-Est”, una splendida “Piazza del Popolo a Roma” di Gaspard Van Wittel, vedute siciliane di Hackert. Sono testimoniate anche le tendenze pittoriche più moderne del campo paesistico come la “Veduta della passeggiata dell’Acquasola a Genova” di Corot, e ben nove paesaggi italiani dell’inglese Turner. Il contributo alle vedute si chiude con quelle dedicate a Venezia di Moreau, Sargent (“San Giuseppe di Castello”) e Boldini.
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