Dal 19 settembre al 7 gennaio a Firenze
A Palazzo Pitti i nipoti del re di Spagna ritratti da Anton Raphael Mengs
Anton Raphael Mengs, Doppio ritratto degli arciduchi Ferdinando e Maria Anna di Asburgo Lorena, 1770-1771, olio su tela. Firenze, Gallerie degli Uffizi, Galleria Palatina
Samantha De Martin
19/09/2017
Firenze - Un nuovo gioiello, frutto di una recente acquisizione, grandeggia nella Sala delle Nicchie di Palazzo Pitti. È il dipinto del brillante interprete del Neoclassicismo, Anton Raphael Mengs, che ha immortalato in una delle sue tele più felici Ferdinando e Maria Anna, due dei figli di Pietro Leopoldo di Lorena, arciduca d'Austria e di Toscana, e di Maria Luisa di Borbone.
I due pargoli, colti in un interno di Palazzo Pitti, sono vestiti in abiti dell'epoca.
Dal 19 settembre al 7 gennaio sarà possibile ammirare questo capolavoro - rimasto incompiuto e progettato a Palazzo Pitti, dove i principini vivevano accanto ai genitori, ed erano oggetto di attenzione costante da parte di governanti e istitutori - accanto ad altri lavori che mettono in luce l'ambito storico e artistico nel quale fu concepito.
La storia che ruota intorno ai ritratti in mostra racconta di un Mengs desideroso di recarsi a Roma per lavorare e studiare l'antichità e la grande pittura rinascimentale. L'artista di origine boema aveva chiesto licenza al re Carlo III di Spagna che gli aveva concesso di fare quel viaggio a patto che gli inviasse da Firenze il ritratto dei giovani nipoti nati dall'unione della figlia Maria Luisa di Borbone con Pietro Leopoldo di Lorena. Le tele, conservate presso il museo del Prado ed esposte in mostra, vennero dipinte tra l'aprile del 1770 e il gennaio 1771, durante il soggiorno dell'artista nel capoluogo toscano. Fu in quella stessa occasione che Mengs dovette eseguire anche il quadro recentemente acquistato dalle Gallerie degli Uffizi, ritraente i medesimi piccoli nipoti Ferdinando e Maria Anna, ma con un taglio e uno spirito completamente diversi. L'abbigliamento dei due bambini è infatti moderno. Il principe, che tiene nella mano destra un cappello piumato, da passeggio o da caccia, introduce nel dipinto un aspetto legato alla realtà quotidiana, molto lontano dalla rigida e cerimoniosa impostazione dei ritratti ufficiali madrileni.
Questa tela doveva piacere molto al gusto di Pietro Leopoldo, sovrano illuminista e riformatore, così come anche allo spettatore moderno che vi coglie la lezione pittorica di Velazquez, oltre a una pittura che fa presagire Goya, grande ammiratore di Mengs, e persino Manet.
Accanto ai ritratti dell'artista tedesco che condivise con Winckelmann il culto per le antichità romane, e che fu apprezzato per le sue composizioni nitide, di nobile semplicità dai colori chiari e brillanti, sarà in mostra anche l'opera di Johann Zoffany, ritrattista ufficiale della corte fiorentina, al servizio di Pietro Leopoldo. Sempre a Palazzo Pitti si potrà, infatti, ammirare il ritratto del primogenito Francesco, primo granduca di Toscana della stirpe lorenese, proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, dipinto dall'artista e spedito alla nonna paterna, l’imperatrice Maria Teresa.
La tela, che non ha più fatto ritorno a Firenze dopo essere stata inviata in Austria, vede ritratto un fanciullo, un po' malinconico, ma già consapevole del suo destino imperiale.
In apertura della mostra non mancano le immagini dei nonni e dei genitori, oltre al padre, la madre Maria Luisa di Borbone, i cuginetti napoletani e parmigiani e, infine, gli autoritratti dei due pittori dalle collezioni degli Uffizi. Quello eroico di Mengs, e quello sottilmente ironico di Zoffany con il suo piccolo cane, che, restaurato per l'occasione, si rivelerà per il pubblico una piacevole sorpresa.
«Compito di un museo vivo - ha ribadito Eike D. Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi - è tutelare le opere, preservare la memoria, trasmettere cultura attraverso mostre e ricerche, ma anche “far respirare” le collezioni con aggiunte mirate, intimamente connesse alle vicende della città, della raccolta stessa in cui si verranno a trovare. Questa mostra, e i saggi in catalogo che la corredano sono anche un’opportunità unica per curiosare nella vita privata di Pietro Leopoldo, sovrano illuminato che abolì la pena di morte, rafforzò la rete di commerci nella regione, diede stimolo alle ricerche scientifiche e aprì le Gallerie fiorentine al pubblico, intuendo per primo il ruolo fondamentale dell’arte per l’educazione e lo studio».
Leggi anche:
• Dai bozzetti di Luca Giordano e Taddeo Mazzi al Rinascimento giapponese. Il ricco autunno degli Uffizi
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Dal 19 settembre al 7 gennaio sarà possibile ammirare questo capolavoro - rimasto incompiuto e progettato a Palazzo Pitti, dove i principini vivevano accanto ai genitori, ed erano oggetto di attenzione costante da parte di governanti e istitutori - accanto ad altri lavori che mettono in luce l'ambito storico e artistico nel quale fu concepito.
La storia che ruota intorno ai ritratti in mostra racconta di un Mengs desideroso di recarsi a Roma per lavorare e studiare l'antichità e la grande pittura rinascimentale. L'artista di origine boema aveva chiesto licenza al re Carlo III di Spagna che gli aveva concesso di fare quel viaggio a patto che gli inviasse da Firenze il ritratto dei giovani nipoti nati dall'unione della figlia Maria Luisa di Borbone con Pietro Leopoldo di Lorena. Le tele, conservate presso il museo del Prado ed esposte in mostra, vennero dipinte tra l'aprile del 1770 e il gennaio 1771, durante il soggiorno dell'artista nel capoluogo toscano. Fu in quella stessa occasione che Mengs dovette eseguire anche il quadro recentemente acquistato dalle Gallerie degli Uffizi, ritraente i medesimi piccoli nipoti Ferdinando e Maria Anna, ma con un taglio e uno spirito completamente diversi. L'abbigliamento dei due bambini è infatti moderno. Il principe, che tiene nella mano destra un cappello piumato, da passeggio o da caccia, introduce nel dipinto un aspetto legato alla realtà quotidiana, molto lontano dalla rigida e cerimoniosa impostazione dei ritratti ufficiali madrileni.
Questa tela doveva piacere molto al gusto di Pietro Leopoldo, sovrano illuminista e riformatore, così come anche allo spettatore moderno che vi coglie la lezione pittorica di Velazquez, oltre a una pittura che fa presagire Goya, grande ammiratore di Mengs, e persino Manet.
Accanto ai ritratti dell'artista tedesco che condivise con Winckelmann il culto per le antichità romane, e che fu apprezzato per le sue composizioni nitide, di nobile semplicità dai colori chiari e brillanti, sarà in mostra anche l'opera di Johann Zoffany, ritrattista ufficiale della corte fiorentina, al servizio di Pietro Leopoldo. Sempre a Palazzo Pitti si potrà, infatti, ammirare il ritratto del primogenito Francesco, primo granduca di Toscana della stirpe lorenese, proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, dipinto dall'artista e spedito alla nonna paterna, l’imperatrice Maria Teresa.
La tela, che non ha più fatto ritorno a Firenze dopo essere stata inviata in Austria, vede ritratto un fanciullo, un po' malinconico, ma già consapevole del suo destino imperiale.
In apertura della mostra non mancano le immagini dei nonni e dei genitori, oltre al padre, la madre Maria Luisa di Borbone, i cuginetti napoletani e parmigiani e, infine, gli autoritratti dei due pittori dalle collezioni degli Uffizi. Quello eroico di Mengs, e quello sottilmente ironico di Zoffany con il suo piccolo cane, che, restaurato per l'occasione, si rivelerà per il pubblico una piacevole sorpresa.
«Compito di un museo vivo - ha ribadito Eike D. Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi - è tutelare le opere, preservare la memoria, trasmettere cultura attraverso mostre e ricerche, ma anche “far respirare” le collezioni con aggiunte mirate, intimamente connesse alle vicende della città, della raccolta stessa in cui si verranno a trovare. Questa mostra, e i saggi in catalogo che la corredano sono anche un’opportunità unica per curiosare nella vita privata di Pietro Leopoldo, sovrano illuminato che abolì la pena di morte, rafforzò la rete di commerci nella regione, diede stimolo alle ricerche scientifiche e aprì le Gallerie fiorentine al pubblico, intuendo per primo il ruolo fondamentale dell’arte per l’educazione e lo studio».
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